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Lo sport e il Covid: a due anni dallo scoppio della pandemia

Il 9 marzo 2020 viene emanato un DPCM che modifica in modo sostanziale la vita quotidiana di tutti gli italiani per i tre mesi successivi. Si instaura infatti una condizione di lockdown totale e l’Italia diventa un’unica zona rossa. Il provvedimento colpisce in modo massiccio ogni settore produttivo, compreso quello dello sport, cioè palestre, piscine e scuole di danza. I centri sportivi sono poi fra gli ultimi – dopo di loro solo cinema e teatri – a ricevere il permesso di riaprire al pubblico, il 25 maggio.

Nonostante la possibilità di riprendere le attività regolari, la crisi delle palestre non si arresta. Il periodo coincide infatti quasi integralmente con le vacanze estive, in cui è più raro che la popolazione si dedichi a corsi e attività fisica. Invece proprio nella stagione in cui solitamente si registra un picco di iscrizioni – l’autunno – la seconda ondata colpisce il nostro Paese e il mondo intero in maniera ancora più estesa rispetto alla primavera. Il 25 ottobre 2020 Giuseppe Conte pubblica un nuovo decreto di chiusura per tutti gli impianti sportivi. La situazione rimane la medesima fino al 24 maggio 2021 (solo le piscine all’aperto possono ricominciare già il 15).

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Autore: Ettore Ferrari Ringraziamenti: ANSA Copyright: ANSA

Le conseguenze economiche

Abbiamo ripercorso questi eventi, che si sono svolti ormai due anni fa, allo scopo di analizzare gli effetti gravissimi sull’economia delle imprese sportive in quasi dieci mesi di blocco delle attività. Un’indagine dal titolo Exercise is a medicine condotta dall’IFO – International Fitness Observatory – ha rilevato che in Italia 200 mila persone non hanno più un posto di lavoro e la perdita complessiva dovrebbe ammontare a 2 miliardi di euro.

Nel 2019 la situazione era molto differente. Il fitness era infatti un settore in costante crescita, con circa 65 milioni di iscritti e un ricavo totale stimato a 29 miliardi di euro. Bisogna sottolineare che su questo declino hanno influito anche le nuove abitudini nate con il Covid. Molti, ad esempio, hanno scelto di continuare con l’attività all’aperto cominciata durante il lockdown, a scapito quindi di quella al chiuso in palestra.

Il disagio sociale e psicologico

Il danno economico non è però l’unico fattore degno di nota in questo contesto; la limitazione delle attività sportive ha costituito infatti anche un problema importante dal punto di vista psicologico e sociale, specialmente fra i più giovani. Per molti lo sport era un’occasione di svago e allargamento delle proprie amicizie, occasione a cui hanno dovuto rinunciare per un anno.

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Copyright: via Onefootball

Anche in questo ambito un sondaggio ci fornisce dati indicativi; lo studio di Ipsos L’impatto del Covid sull’attività sportiva dei giovani ha misurato sia la quantità di ragazzi che hanno deciso di abbandonare l’attività sportiva che si frequentava prima della pandemia, sia l’impatto emotivo delle restrizioni. Il campione è stato suddiviso in tre fasce d’età, ovvero bambini tra 6 e 13 anni, ragazzi tra 14 e 19 e adulti. Nell’epoca pre-Covid il 73% dei primi praticava uno sport, dei secondi il 59% e fra i più grandi il 20%. Dal 2020, tuttavia, il tasso di abbandoni nelle tre categorie ha raggiunto rispettivamente il 48%, il 30% e il 26%.

Allo stesso tempo gli intervistati hanno anche dichiarato di provare molte emozioni negative per le conseguenze della pandemia, delle quali soprattutto la tristezza e l’ansia raggiungono percentuali elevatissime (fra gli adolescenti il 69% e il 55%).

A riguardo il delegato provinciale del CONI di Siena, Paolo Ridolfi, ha affermato in un’intervista per la Gazzetta di Siena che “I bambini sono tra le vittime principali della pandemia. Sono stati chiusi in casa per tanto tempo, è complicato adesso farli uscire. E sono troppi i timori dei genitori a far riprendere l’attività motoria.” É chiaro infatti che nonostante l’innegabile miglioramento della situazione dei contagi grazie ai vaccini, la preoccupazione fra la gente comune sia ancora diffusa. Si stenta a riabbracciare una completa normalità. Inoltre anche la crisi economica che si è abbattuta su molte famiglie in certi casi si è dovuta tradurre in un sacrificio dei passatempi – inclusi appunto quelli sportivi – a fronte dei bisogni essenziali.

L’impegno a favore dello sport in ambito pubblico

Dal punto di vista pubblico, proprio in merito alle ricadute del Covid su tutto il sistema dello sport italiano, si è svolto lo scorso 1° giugno 2021 un evento – chiamato Pronti, ripartenza…Sport! – all’esterno della Sala delle Armi del Foro Italico. Durante la manifestazione si è discusso dei risultati dell’indagine Ipsos già citata e anche della tipologia di aiuti economici più efficace per il settore fitness; intervento piuttosto significativo è stato in particolare quello del Sottosegretario allo Sport, Valentina Vezzali, la quale si è concentrata sull’insegnamento universale che l’attività fisica può offrire, pure in rapporto alla ripresa dal periodo pandemico: “Il Covid ha travolto tutto il mondo sportivo, ma proprio lo sport ci insegna che non bisogna mollare mai e non bisogna mai arrendersi, soprattutto oggi che c’è da ricostruire e ripartire.”

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Il presidente del CONI Giovanni Malagò e il Sottosegretario allo Sport Valentina Vezzali Crediti: Cecilia Fabiano La Presse/via Onefootball

La speranza è dunque di assistere ad un impegno generale da parte delle istituzioni per facilitare a tutti gli ambienti e le figure legate allo Sport una rinascita concreta dopo l’esperienza del Covid. Più in generale appare necessario un supporto ampio – anche dal punto di vista psicologico – a tutta la popolazione. In questo modo la normalità può davvero tornare a essere percepita come tale.

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