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L’isola di Arturo

 

di Simone Lo Giudice

 

Quello di Elsa Morante era un giovane campano (Arturo Gerace) dal destino in alto mare. Quello di Antonio Conte è un guerriero cileno (Arturo Vidal), tutto lacrime e sangue. Torino è diventata la sua Procida, un isola felice in cui inseguire il sogno più grande. La sua doppietta alla Roma ha spalancato le porte all’ennesimo trionfo casalingo di questa Bella Signora. Nella notte dello Juventus Stadium c’è Conte a indicare la rotta: “terza stella a destra, questo è il cammino!”.

 

Vidal, Vidal, Pirlo, Marchisio: la Juve cala il poker e lo fa con “la meglio gioventù” dei suoi centrocampisti. Non è un caso che siano loro a obliterare il tabellino della 19esima vittoria in questo campionato. Sono i polmoni a gettare questa Juve oltre l’avversario di turno. La Roma è l’ultima preda illustre della caccia bianconera, che su 33 battute stagionali non ne ha persa neanche una. Non c’è stata partita tra Conte e Luis Enrique: troppo diversi per giocarsela alla pari. Assennato e meticoloso il primo, evanescente e disincantato il secondo. Il parziale equilibrio è durato appena 4 minuti, il tempo che Vidal insaponasse la difesa della Roma per aprire il rubinetto della doccia fredda. La scelta di riconfermare De Rossi come stopper si è rivelata a dir poco sciagurata, come la gestione della fase difensiva di questa Rometta. La partita di Luis Enrique finisce prima di iniziare, mentre quella di Conte è appena cominciata. I punti di vantaggio sul Milan sono realmente 4 (perchè la Juve sarebbe davanti per gli scontri diretti in caso di arrivo in parità), quando mancano 5 giornate alla fine. La Juventus affronterà nell’ordine: Cesena, Novara, Lecce, Cagliari, Atalanta. A parte la sfida casalinga contro la squadra di Serse Cosmi (che sta dando l’anima per realizzare l’ennesimo capolavoro in provincia), le altre partite si riveleranno quattro formalità. Non serve fare gli scongiuri: “terza stella a destra, questo è il cammino!”.

 

Il campionato volge all’epilogo: non sarà un film, ma ci assomiglia molto. “Chiedimi se sono felice” sembra sceneggiato da Conte, “Così è la vita” è girato da Allegri. Max da Livorno adesso rischia la discussione, al termine di una stagione che chiuderà (probabilmente) a mani vuote. I trascinatori dello scorso anno sono fermi ai box (Thiago Silvia, Boateng e Pato su tutti), ma gli infortuni non devono diventare un alibi. Perchè il Milan non ha un gioco, a parte l’Ibraismo. Anche ieri lo svedese ci ha messo la solita pezzona, insabbiando tutte le lacune di questa squadra. Il rientro di Cassano è stato tardivo, sintomo che anche gli eventi non hanno remato in direzione Milanello quest’anno. Con il barese Ibra si trova molto, con Pato il feeling non esiste. Altra parentesi spinosa: Allegri voleva cedere il Papero per prendersi Tevez (che in Premier League sta dando più di una mano a Mancini nella rincorsa a Ferguson), ma la famiglia Berlusconi disse no. Se la festa Scudetto sarà a Piazza San Carlo a Torino il prossimo 13 maggio, è cosa buona e giusta che in Piazza Duomo a Milano ci si interroghi. Dopo l’eliminazione dalla Champions League a opera di un Barcellona tutt’altro che irresistibile (Mourinho lo ha schiaffeggiato al Camp Nou proprio questo sabato), il Milan ha staccato la spina. Contro Bologna e Fiorentina è arrivato un solo punto. Ibrahimovic si è sfilato rabbiosamente la maglia a fine partita, i rivali sono pronti a scucirgli più di qualcosa dal petto. La Juve merita di vincere questo Scudetto.

 

Conte ipoteca il primo posto, mentre la rincorsa alla terza piazza (con l’accesso ai preliminari di UEFA Champions League) prosegue col solito andamento lento. Mentre la Roma naufraga, Lazio e Udinese e Inter pareggiano, solo il Napoli vince. Difficile dire chi possa spuntarla a metà maggio. Sarebbe importante che tagliasse il traguardo una squadra rodata con l’Europa che conta. Per Stramaccioni è durissima (sono 6 i punti di svantaggio), mentre per Mazzarri sarebbe indispensabile restare nel giro-Champions dopo i fasti di questa stagione. Reja e Guidolin allenano le squadre messe meglio in campo, ma peggio per quanto riguarda l’attivismo sul mercato (la Lazio va al risparmio e l’Udinese punta al far-crescere-per-vendere-meglio). La Roma è la concorrente che dispone delle prospettive economiche migliori, forte della sua caratura italo-americana. Per il bene del nostro calcio (sparito dai tabelloni di Champions ed Europa League prima che fossero sorteggiate le semifinali), sarebbe importante che a obliterare il biglietto-terzo-posto fosse una tra Napoli, Roma e Inter. E non se ne vogliano a male gli amici friulani e laziali.

 

Ci vorrebbe un amico per questo Genoa. Di sicuro meglio non cercare nelle frangie più accese dei suoi pseudo-tifosi. Quando il Siena va sul 4-0 al Marassi, i giocatori rossoblù devono sfilarsi le maglie che stanno infangando. La partita è sospesa per una buona mezz’ora, finirà 1-4 per il fenomenale Sannino. Le immagini del Marassi fanno male, ma sono la fotografia del nostro Paese. Niente a che vedere con quanto successo in Premier League quasi in contemporanea: davanti agli occhi di Roberto Mancini, è retrocesso il Wolverhampton, congedato dai suoi veri-tifosi con un lungo applauso finale. In Italia siamo ostaggio del nostro modo di essere, del veniamoci incontro e finiamola qua. Ogni occasione è buona per smezzarci tarallucci e vino, facendo finta di niente. Il Genoa e i suoi pseudo-tifosi (probabilmente) retrocederanno anche sul piano sportivo, perchè su quello etico lo hanno già fatto con cinque giornate di anticipo.

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