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Lettera di commiato ai pendolettori

Ebbene è giunta l’ora. Temevo questo momento ormai da tempo, il momento dei saluti, di quel “non è un addio, ma un arrivederci!” che poi purtroppo lo è davvero. Così devo trovare le parole giuste e terminare “col botto”.

Sappiate, cari amici pendolari, che non è affatto facile abbandonare un progetto al quale si è dedicato tempo, mente (per riflettere) e cuore (per appassionarsi). La “rubrica del pendolare” è nata informe e per caso, senza che fosse stabilita una struttura precisa, dai deliri e dall’entusiasmo di una pendolare appena entrata a far parte del “mondo di treni e binari”, come ormai ci siamo abituati a chiamarlo. È strano, vero? Ritrovarsi a parlare in prima persona plurale, con un “noi” che non è un semplice “io”, non ne ha la stessa funzione individualizzante e autocelebrativa. Tanto è vero che quando si scrive, in particolare un articolo, è severamente proibito l’uso della prima persona poiché rende il discorso troppo colloquiale e soggettivo, personale. E infatti ciò che questa rubrica ha sempre cercato di fare, nel bene e nel male, è stato provare a dialogare con i lettori (ecco il perché del “noi”) e farli sentire il più possibile presi in causa in tutte quelle questioni che si trovano loro stessi ad affrontare tutti i giorni. È vero, molti degli articoli scaturivano da esperienze o riflessioni personali, ma si è sempre cercato di renderle il più possibile generali e oggettive in modo da permettere l’identificazione.

Chiedo scusa (e qui la prima persona è d’obbligo), se qualche volta mi sono lasciata andare a sentimentalismi o a (pre)giudizi; se ho commesso errori, sia grammaticali, concettuali sia nel fornire informazioni magari inesatte o incomplete. Sono cose che possono capitare a chi si trova a dover comunicare con così tanta gente e così poca esperienza, ma si può sempre migliorare, sono certa che questo me lo concederete.

Spero di aver portato alla vostra attenzione fatti più o meno noti, ma quantomeno interessanti, e perché no, anche divertenti, di tanto in tanto (forse anche troppo a volte). Spero di averlo fatto in modo da non annoiarvi, in un senso o nell’altro, sia per un’eccessiva complessità sia per un’eccessiva semplicità. Mi auguro, di cuore, di aver suscitato in voi qualche riflessione in merito a temi di attualità di cui magari non si parla ai telegiornali, ma che toccano chiunque nella quotidianità alla quale spesso non ci si interessa tanto, perché considerata banale nel suo essere “quotidiana”. Ed è proprio questo che ho cercato di fare strenuamente nel curare questa rubrica come fosse una piantina in crescita (il che potrebbe essere poco promettente visto il mio scarso pollice verde): cercare di sottoporre la quotidianità, nella sua quotidianità, agli occhi di tutti e renderla qualcosa di speciale e di sorprendente; visto che riguarda ciascuno di NOI, perché non dovrebbe esserlo? Perché le avventure di un modesto e comune pendolare che ogni mattino si sveglia per prendere il treno e recarsi al lavoro o a scuola o all’Università dovrebbero essere meno importanti di quelle del politico “tal dei tali” che esce di casa, sale sull’auto blu e se ne va in Parlamento a discutere delle sorti del Paese?

Non fraintendete, non si possono mettere le due cose completamente sullo stesso piano, ma perché dar voce a una realtà e non all’altra? Più volte l’ho ripetuto in questa rubrica e non mi stancherò mai di ripeterlo ri-citandomi di continuo in un loop nauseante: i pendolari sono, anzi, noi pendolari siamo, una vera comunità, un popolo a tutti gli effetti. Siamo accomunati da una storia (prevalentemente fatta di viaggi infiniti in treno, corse e ore trascorse a vagare per le stazioni nei giorni di sciopero); una lingua (parliamo per sigle e numeri: S, R, RE, MXP, 1,2,3,4, 1 tronco, 10’, 30’, 1 h); obbiettivi (sicuramente quello di riuscire ad arrivare alla meta sani e salvi, pronti ad iniziare, o terminare, un’altra giornata). Le nostre giornate sono fatte di tanti piccoli momenti, belli o brutti, e i viaggi in treno ne rappresentano degnamente una buona fetta.

Noi pendolari condividiamo anche una cultura, quella che ci costruiamo man mano che passa il tempo e si vivono esperienze sempre nuove, si conoscono persone sempre nuove. Provate a pensare al giorno in cui avete messo piede sul treno per la prima volta come pendolari: quali sensazioni vi tornano in mente? Qualcuno rivivrà un momento di panico, qualcun altro di ribrezzo, qualcun altro ancora di emozione ed eccitazione. E provate ora a pensare, quanto siete cambiati da allora? Quante cose avete imparato anche solo trascorrendo qualche ora su un treno? Lascio che ognuno di voi risponda a parole proprie, del resto io le mie avventure ve le ho raccontate e ho condiviso con voi tutto ciò che ho scoperto, forse anche lasciandovi stupiti a volte e contrariati altre.

E’ giunto il momento di farmi da parte e lasciare a voi la parola, ricordandovi di tenere bene a mente che essere pendolari non deve per forza essere una “sfiga”; abbiamo visto insieme in questi mesi quanto prendere il treno possa essere anche vantaggioso per svariati motivi, dal poter raggiungere praticamente qualsiasi destinazione negli orari preferiti, al fare nuove amicizie e magari innamorarsi, allo scoprire nuovi paesaggi sui quali ammirare il Sole tramontare o sorgere, per i più mattinieri. Sul treno si scoprono segreti e problemi, di passeggeri e personale così come i loro disagi. In questa rubrica ho criticato comportamenti scorretti, da una parte e dall’altra, Trenord non me ne voglia, solo con il mero scopo di portare alla luce problematiche di cui non sempre ci si interessa e di cui invece ci si dovrebbe interessare in previsione di miglioramenti futuri. E se c’è una cosa di cui possiamo stare certi, cari amici pendolettori, è che si può sempre fare di meglio, ma non lo si può fare se non tutti insieme, perché alla fine al meglio si arriva se ognuno dà la parte migliore di sé.

Perciò, nel congedarmi da voi (sì, lo so, sarà dura senza questa rubrica, ma cercate di non piangere o farete piangere anche me), scusandomi per non aver rispettato canonicamente le regole del buon articolo in questo scritto che ha preso forma di una “lettera di commiato”, non posso che augurarvi la cosa più importante: conservate sempre il vostro spirito di pendolari, conservate sempre quella tenacia e quella instancabile intraprendenza che, anche se non sempre si nota (per via del sonno e della stanchezza, non per altro), vi contraddistinguono come categoria, ma soprattutto come persone. Non vorrei dover cadere nel cliché, ma per questa volta farò un’eccezione: questo non è un addio, ma un arrivederci. Magari ci rincontreremo su qualche treno! Buon viaggio a tutti!

Passo e chiudo.

ps: E fateglielo sto piacere a Trenord, ogni tanto comprate il biglietto!

 

Un’affezionata pendolare

Claudia Agrestino

Sono iscritta a Studi dell'Africa e dell'Asia all'Università di Pavia. Amo viaggiare e scrivere di Africa, Medioriente, musica. Il mio mantra: "Dove finiscono le storie che nessuno racconta?"

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