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Legalitante IV | Differenze fra evasione ed elusione fiscale in Italia

Quello che state per leggere è una rielaborazione di una ricerca commissionata da ADOC, un’associazione per la difesa del consumatore, e finanziata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. È stata svolta analizzando i dati ufficiali, intervistando le parti sociali che si occupano di questi temi quotidianamente e traendo le somme su un fenomeno che sempre di più si rivela essere radicato nel territorio: il caporalato. Ma non solo: in questa rubrica tenterò di affrontare il lavoro irregolare in generale. Il titolo stesso, “legalitante“, vuole dare l’idea di una legalità sfuggente, quasi latitante.


 

Strettamente connesso al caporalato di cui abbiamo finora parlato in questa rubrica, v’è tutto il mondo del cosiddetto lavoro sommerso, dell’evasione e dell’elusione fiscale. Vediamo con ordine di cosa si tratta. Com’è facile intuire, il lavoro sommerso è qualcosa di non visibile, che passa sotto i radar della fiscalità classica perché, banalmente, le attività lavorative svolte non vengono dichiarate. Questa categoria ricade nel lavoro irregolare ovvero quello che viene esercitato al di fuori delle normative dello Stato. Secondo l’ISTAT i lavoratori irregolari nel giro di 11 anni (2004-2015) sono aumentati dell’1,1%: dal 12,4% al 13,5% sul totale dei lavoratori (più di 1 su 10). I dati vanno ulteriormente scomposti tra sud, centro e nord che si aggiudicano rispettivamente il 19,3%, il 13,5% e il 10,3%. Traducendo le percentuali in numeri più comprensibili, secondo uno studio del sindacato svolto nel 2018, in Italia ci sarebbero 3,3 milioni di lavoratori irregolari, che sottraggono al fisco oltre 42 miliardi di euro l’anno, contribuendo così per il 40% all’evasione di imposta annua totale.

Vanno poi distinti l’evasione e l’elusione fiscale. Nonostante entrambe non siano altro che un modo per pagare meno, o non pagare completamente, le tasse, i due termini indicano comportamenti diversi. Semplificando al massimo si può definire l’evasione come quel modus operandi illecito che ha come fine quello di un minor esborso al fisco; parliamo dunque di: frode, occultamento dei redditi, simulazione, irregolarità contabili e così via. D’altro canto, l’elusione agisce sempre nell’illegalità ma sfruttando mezzi “leciti”; si adoperano stratagemmi come: l’uso di prestanome, paradisi fiscali, contratti fittizi e così via. Chi agisce eludendo cavalca le lacune e le ambiguità del diritto, o spingendo oltre il limite atti altrimenti leciti (spostare somme di denaro è un diritto di tutti; spostarle in luoghi con tassazione più favorevole per sfuggire al fisco italiano è un illecito civile).

Proprio questi sono due enormi limiti dell’economia italiana. Il dato preoccupante è che i numeri non sembrano essere in recessione, anzi. A maggio 2018 l’imponibile evaso ha segnato un +4,7% rispetto all’anno precedente, raggiungendo il 6,5% al nord. Si parla di cifre che si aggirano attorno ai 180 miliardi di euro all’anno, secondo le stime del Centro Studi e Ricerche Sociologiche “Antonella Di Benedetto” di Krls Network of Business Ethics. Preoccupanti i dati lombardi dove si registra un +6,3%. I principali evasori risultano essere gli industriali (33,2% sul totale), poi bancari e assicurativi (30,7%), commercianti (11,8%), artigiani (9,4%), professionisti (7,5%) e lavoratori dipendenti (7,4%).

Questo mancato gettito si traduce in disservizi poiché ovviamente al mancare dei fondi, lo Stato, che dovrebbe erogare, non ha modo di attingere a nessuna riserva miracolosa. Il sistema deve quindi affidarsi per l’ennesima volta ad un debito pubblico già enorme e che mette a rischio il Paese intero.

TUTTE LE PUNTATE DI LEGALITANTE

I – L’identikit del caporale

II – Caporalato, mafie e false cooperative

III – Il duro braccio della Legge

IV – Differenze fra elusione ed evasione fiscale

V – La parentesi morale

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