Eco del Nuovo

L’Eco del Nuovo – Giuseppe Catozzella racconta… parole di Amal (speranza) e racconti di Alì

Mercoledì 10 febbraio al “Collegio Nuovo – Fondazione Sandra e Enea Mattei”, con Anna Modena, docente di Letteratura italiana, e Massimo Zaccaria, docente di Storia e istituzioni dei paesi musulmani e studioso dell’Africa, Giuseppe Catozzella ha incontrato ragazzi e ragazze, giovani e meno giovani desiderosi di entrare nel suo mondo e in quello di Samia e di Alì/Amal protagonisti rispettivamente dei suoi 2 successi Non dirmi che hai paura (Feltrinelli – Premio Strega Giovani, 2014) e Il grande futuro (Feltrinelli, 2016). 2 libri che formano un dittico: un forte romanzo di emigrazione e di vita vissuta e il romanzo di formazione di un giovane ex fondamentalista islamico. Entrambe opere che partono e lavorano sulla realtà.

Giuseppe Catozzella spiega subito, con il tono pacato, ma appassionato che lo caratterizza fin dalle prime battute, quanto sia forte il debito che lo scrittore sente con la realtà, un impegno difficile da assolvere, ma dal quale la letteratura non può tirarsi indietro.

Quasi per caso Catozzella raccConferenza Catozzellaonta di essersi imbattuto nella storia di Samia – protagonista di “Non dirmi che hai paura” successo planetario recentemente edito anche in arabo – atleta del Mogadiscio che rincorrendo la libertà e il sogno di vincere le Olimpiadi decide da sola di intraprendere il Viaggio attraverso il Sahara per raggiungere l’Italia.

A questa storia, una volta tornato a casa, Catozella ha deciso di dare la precedenza perché la avvertiva come più “semplice” da raccontare, ce l’aveva dentro benché si trattasse di dar voce a una ragazzina.

Invece l’incontro con Alì, primo cronologicamente, è in realtà punto di partenza per l’ultimo romanzo del 2016. ‹‹Un ragazzo di cui non sapevo molto, se non che era stato un combattente del fondamentalismo islamico e ne era uscito per colpa/merito dell’amore. Sapevo questo, eppure mi è sembrato fenomenale››. Aveva a disposizione 3 settimane e non sapeva ancora che sarebbe partito da quella storia per raccontare “Il grande futuro”. Quello che aveva di fronte era un ragazzo con il viso coperto di cui erano visibili solo gli occhi, occhi dentro cui perdersi e occhi che racchiudevano qualcosa di non immediatamente comprensibile, un mistero.

Come evidenzia bene Anna Modena la dimensione di Alì/Amal è più “studiata” rispetto a quella di Samia, si tratta di un romanzo in cui grazie alla brevità dello stile paratattico e all’ambientazione quasi mitica e fiabesca il lettore si ritrova immerso in un’atmosfera sapienziale che matura di pari passo con la competenza islamica del protagonista, con l’educazione militare che lo fa guerriero e uomo. Amal porta al suo interno un ossimoro: la cicatrice sul petto premonitrice di guerra e un destino di felicità garantito dalla straordinaria bellezza che già nel Corano è vista come elemento di predestinazione alla libertà. E’ un “salvato” fin dall’inizio, ed è sempre un salvato per amore, dal trapianto di cuore che gli permette di sopravvivere a una mina fino alla giovane sposa assegnatali nel campo che infine riuscirà a strapparlo alla violenza.

‹‹Avevo di fronte il mio nemico e dentro quegli occhi ho trovato me stesso››.

Il grande futuro” è una storia difficile e l’autore ammette di aver sentito il bisogno di aspettare del tempo, 4 anni, per trovare le parole giuste da presentare al suo “nemico”. In un mondo che va sempre più veloce e dove i progressi tecnici permettono a tutti di viaggiare e raggiungere luoghi un tempo impensabili, Catozzella ha voluto far viaggiare il suo lettore dentro un’anima, sperando che questo viaggio a fianco di un bambino, che in modo impacciato, per tentativi ed errori, diventa uomo attraverso la guerra, possa spalancare un punto di vista nuovo.

Tenendo presente la grande differenza tra il nostro sistema lineare di raccontare e quello africano basato su una curva a spirale dove gli eventi tornano infinitamente su se stessi incuranti del principio di non contraddizione, l’autore riconosce che questi due romanzi sono evidentemente un atto di scrittura occidentale. Messo davanti all’ipotesi di rinunciare a raccontare oppure di provare a ricalcare gli eventi cosi come gli erano stati riferiti, Giuseppe Catozzella dice di aver scelto di “vivere il paradosso”: raccontare queste storie a suo modo, far rivivere la voce del personaggio, ma allo stesso tempo tradirla. Ricreare attraverso la letteratura una storia reale.

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