Attualità

Le conseguenze della riforma

di Maria Grazia Bozzo

Nelle ultime settimane del 2010 si è assistito ad una massiccia mobilitazione da parte degli studenti di tutte le facoltà. La parola chiave è “indisponibilità totale” nei confronti del DDL-Gelmini ed è proprio sulla base di questo che in tutta Italia ci sono stati cortei di protesta e si sono registrate occupazioni di facoltà e di punti nevralgici di molte città. Con l’obiettivo di lanciare un chiaro messaggio a chi governa. Ma soprattutto si è cercato di fare chiarezza su quanto concerne il DDL, per chiarire i suoi punti oscuri e per dare un’informazione più completa (e a questo si deve merito alle molteplici assemblee studentesche ma non solo).
Il DDL va a riguardare numerosi ambiti dell’istruzione: per esempio si vogliono riformare gli organi e l’articolazione interna universitaria, ampliando le funzioni del Rettore, che potrà avere rappresentanza legale e sarà facente funzioni di indirizzo, gestione e coordinamento delle attività didattiche e scientifiche; la sua durata in carica non potrà durare più di sei anni per un mandato unico non rinnovabile oppure per un massimo di otto anni nel caso di due mandati.
Si attribuirà al Senato accademico la facoltà di formulare proposte e pareri in materia di didattica e di ricerca, nonché di attivazione, modifica o soppressione di corsi, dipartimenti e strutture. Il Senato accademico si costituisce su base elettiva, in numero di membri proporzionato alla dimensione dell’ateneo; si introducono poi figure esterne al mondo universitario (privati che non fanno parte dell’ateneo) all’interno del Consiglio di ateneo e nel Nucleo di valutazione. Viene sostituita poi la figura del Direttore amministrativo con quella del Direttore generale .
La questione diventa poi ancora più accesa per quanto riguarda i finanziamenti statali alle università, che verranno distribuiti sulla base di valutazioni di merito degli atenei, fatte a opera del ministero e dell’Anvur (agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario) e che riguardano il raggiungimento o meno di determinati obiettivi dettati dal Ministero stesso. Ancora più ingenti saranno poi gli interventi per le borse di studio: viene istituito un “Fondo per il merito”, destinato ad erogare premi di studio, a formare buoni studio, che prevedano una quota (determinata in relazione ai risultati accademici conseguiti) da restituire a partire dal termine degli studi sulla base del reddito percepito. A tutto questo si accede mediante una prova nazionale standard a pagamento.
Sono poi previste modifiche sulla condizione di professori e ricercatori, che si devono attenere a nuove norme, tra cui quella di presentare una relazione triennale sul complesso delle attività didattiche svolte.
Questo ha dato origine a proteste studentesche in tutta Italia: a Pavia è stata occupata la facoltà di Lettere e Filosofia il 24 novembre scorso e in seguito il Consiglio di facoltà ha dichiarato la sospensione dalle lezioni per alcuni giorni. Ci sono stati numerosi cortei svoltisi con l’obiettivo di bloccare il decreto legge, culminati con l’occupazione dell’aula magna sotterranea e del ponte vecchio sul Ticino.
Il messaggio degli studenti è chiaro e ben preciso: indisponibilità a subire quella che viene ritenuta una riforma che andrà a ledere la maggior parte dei diritti.
E ci si chiede se l’effettiva realizzazione del diritto allo studio sia davvero tutto questo.

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