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La tv commerciale ha ucciso Bip Bip

16 settembre 1949, esordisce la raffigurazione animata del “mai una gioia”: Wile E. Coyote e Bip Bip.
I cartoni di Wile e Road Runner sono stati inventati da Chuck Jones, come una velata parodia di Tom & Jerry giacché entrambi rientrano nel genere di cartoni che descrive in maniera slapstick il rapporto tra sfortunato predatore e preda che riesce a farla sempre franca.
Questi due personaggi rappresentano l’infanzia di molti di noi. Passavamo interi pomeriggi a guardare Rai 2, Rai 3 o Italia 1. Ci appassionavamo alle storie dei cartoon, diventavamo allenatori di Pokemon, provavamo l’onda energetica, spendevamo i soldi dei nostri genitori per le carte di Yu-Gi-Oh.

Ma non c’erano solo cartoni animati, in tv trasmettevano anche programmi studiati pensati e creati per i bambini o ragazzini.
Solletico o Bim Bum Bam, l’Albero azzurro o la Melevisione. Programmi con attori professionisti con copioni, scenografie e registi che accompagnavano i pomeriggi di coloro che non segnavano i compiti sul diario. Si intervallavano vere e proprie scene teatrali a cartoni animati. C’erano i primi giochi interattivi con il telecomando e le prime lezioni di vita.

Importante era il rapporto umano che involontariamente si creava tra il bambino e l’attore in tv. Un dialogo molto semplice fatto di insegnamenti quali: il bene e il male, la giustizia, l’amicizia, l’importanza della famiglia che erano veicolati da giochi o scenette che così non solo intrattenevano, ma educavano anche.
La colla vinilica e le forbici dalla punta arrotondata rimangono un ricordo di tutta quella generazione che ha provato a replicare gli oggetti di Art attack.

La cosiddetta TV per i ragazzi è morta ormai. I programmi citati prima non avevano scopo di lucro, non avevano product placement, insomma non avevano finalità commerciali. Così la televisione di Stato li ha eliminati commettendo l’errore di non creare un intermediazione tra i bambini e ciò che gli viene mostrato.
Attualmente il bambino è bombardato di cartoni ma non ha la consapevolezza di ciò che è reale e ciò che è fantasia.

I vari attori di quelle trasmissioni spiegavano che alla fine un cartone non è altro che la lettura ironica iper reale del circostante.

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