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La sindrome dell’arto fantasma

Con “sindrome dell’arto fantasma” ci si riferisce alla situazione in cui un soggetto provi la sensazione di possedere ancora un arto, dopo che questo sia stato amputato o diventi insensibile. Generalmente, si accosta questa sindrome alla perdita di un braccio o di una gamba, ma in realtà può accadere anche dopo la rimozione chirurgica di denti, occhi, lingua, seno e pene (talvolta seguita da relativa erezione).

Le sensazioni provate dai pazienti sono molteplici e di natura differente: alcuni soggetti affermano di provare dolori persistenti, o fitte acute in punti precisi; altri sostengono di essere in grado di muovere la parte del corpo chirurgicamente rimossa, come se questa fosse ancora presente e rispondesse ai comandi inviati dal cervello.

La sindrome dell’arto fantasma è stata studiata sia dal punto di vista psichiatrico, sia da quello neurologico. Per quanto riguarda il primo ambito, si pensava che questo comportamento derivasse dalla non accettazione della perdita, ovvero dal contrasto tra un’immagine di sé integra, precedente all’amputazione, ed una “acquisita” e nuova, che il soggetto non era in grado di tollerare. Queste ipotesi, però, sono state in seguito quasi totalmente abbandonate. Per quanto riguarda l’ambito neurologico, le tesi esposte non sono ancora del tutto plausibili, ma sicuramente rispondono in maniera più concreta alla natura di questo fenomeno. Recenti esperimenti suggeriscono che queste sensazioni dipendano da una riorganizzazione dei tessuti della corteccia somatosensoriale e dei relativi nuclei talamici: le aree attive formano delle connessioni con l’area ormai priva di senso. In questo modo il soggetto percepisce delle sensazioni tattili riferite all’arto fantasma quando vengono stimolate aree topograficamente contigue nella rappresentazione corticale: ad esempio, nel caso di una mano amputata, la sensazione di presenza può presentarsi quando viene toccato il viso.

Nonostante gli ultimi piccoli progressi, che sono stati in grado di spiegare parte della genesi di questo fenomeno, non sono ancora chiari i meccanismi di questo processo a livello cellulare. Inoltre, è noto che il dolore provato dal paziente può essere aggravato da altri fattori, quali ansia, depressione e stress. Così come può dipendere da affaticamento e insonnia.

Dal momento che i fattori su cui basarsi a livello medico, per cercare una cura, sono davvero limitati, anche le terapie farmacologiche impiegate hanno portato a risultati e benefici modesti. Sono più che altro metodi alternativi ad aver avuto effetti vantaggiosi: è in via sperimentale l’uso della realtà virtuale, che fa sì che il soggetto avverta nuovamente il proprio corpo come integro, così che lo stimolo della sensazione dolorifica nella corteccia celebrale venga ridotto. Un’altra alternativa è la crioablazione, una terapia che consiste nel trattare con il freddo i fasci di fibra nervosa che interessano la parte amputata. In questo caso, viene inserita una sonda sotto la pelle per abbassare la temperatura e interrompere la scarica nervosa. Alcuni pazienti che sono stati sottoposti a questo trattamento sostengono di averne tratto beneficio.

Uno dei massimi esperti della sindrome, il neurologo indiano Vilayanur S. Ramachandran, ha introdotto, sempre in via sperimentale, la “mirror box”: una semplice scatola dotata di specchio, che permette al paziente di avere l’impressione di vedere il proprio arto fantasma nell’immagine riflessa dell’arto sano. Anche questo metodo punta sul fatto di “ingannare” il cervello in modo da ridurre fastidio e dolore.

Bisogna tener presente che i casi di dolore, oltre ad essere difficili da combattere, risultano opprimenti dal punto di vista psicologico. La natura dell’arto non è sempre fedele a quella precedente l’operazione: a volte viene percepita solo la mano direttamente attaccata alla spalla oppure arti sdoppiati e multipli.

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