Attualità

La sera del giorno prima

 

di Giovanni Cervi Ciboldi

 

Ci sono due notizie fondamentali che vengono dal mondo politico in questa serata, tali da poter condizionare tutte quelle che seguiranno i prossimi giorni.
La prima. “Vado avanti […] e voglio vedere chi avrà il coraggio di venirmi contro”. Lo diceva Berlusconi alle 17. Detto fatto. Dopo i responsabili è tempo per i “malpancisti”. Un foglio serpeggia tra gli esponenti della maggioranza. Una lettera firmata da una mezza dozzina di esponenti fino ad ora considerati dei “pasdaran” del berlusconismo, che conterrebbe la richiesta di dimissioni per il primo ministro, sottolineando la necessità di un nuovo esecutivo per adempiere alle richieste europee, guidato forse da Letta (intenzione che però non è esplicitata nella lettera). La presentazione pubblica della missiva sancirebbe una spaccatura tra i firmatari e il governo, e sarebbe la linea di demarcazione tra il volere parlamentare e una non più possibile resistenza governativa, dato che la maggioranza poggia su numeri già risibili. Ma la sussistenza dell’esecutivo dipenderà dalla determinazione dei frondisti, che nella lettera scrivono che solo nel caso di “una nuova fase politica” sosterranno ancora il premier. Perché a quel punto, prospettatasi la possibilità di formare un gruppo parlamentare autonomo, alla prima richiesta di fiducia – non eludibile, data l’urgenza che i provvedimenti richiedono – la possibile spallata metterebbe i titoli di coda al quarto governo Berlusconi.

Seconda notizia. Siamo nudi alla meta. Alla vigilia del G20, sotto il fuoco incrociato dei mercati e dei rappresentanti dell’Eurozona, l’Italia si presenta senza decreti, bloccati dal capo dello stato, ma con un maxiemendamento che non riforma né le pensioni né il mercato del lavoro.
Il restante contenuto del provvedimento non è ad ora ancora chiaro. E prevedibile non è nemmeno quello che accadrà sulle piazze finanziarie europee. Un possibile giudizio negativo sul maxi emendamento originerebbe un “panic selling” (vendite di titoli dovute al timore, dopo i primi gravi ribassi, di perdere ulteriormente) che, facendo colare a picco le borse, farà aumentare ulteriormente il tasso di interesse da offrire per poter vendere i titoli di stato. E la situazione potrebbe essere parecchio grave, dal momento che il 1 novembre nemmeno l’annuncio di acquisti di titoli italiani da parte della BCE era servito ad arginare i crolli, che a fine giornata avrebbero portato a bruciare 22 miliardi di Euro. Attenzione. Perché la Grecia ha firmato la sua condanna oggi. E il mercato indica che i prossimi potremmo essere noi.

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