Cultura

La scommessa fallita (?) di Müller

di Andrea Viola

Che il Festival Internazionale del film di Roma faccia sempre parlare di sé, in un modo o nell’altro, è ormai una certezza assoluta. Giunta alla settima edizione, la manifestazione ha chiuso i battenti (il 17 novembre) tra non poche polemiche, alcuni rimpianti e con qualche speranza per il futuro. L’appuntamento del 2012 è stato segnato dal profondo restyling firmato Marco Müller il quale, con coraggio, ha voluto intraprendere la strada delle pellicole d’autore, delle opere prime e delle anteprime mondiali.

Premesse incoraggianti per una manifestazione che negli anni si è trovata a cambiare pelle, alla ricerca di un’identità forte e di una precisa collocazione tra i “big” del mondo dei festival cinematografici; eppure anche quest’anno qualcosa è andato storto.

Vuoi per i soli sei mesi dedicati all’organizzazione dell’evento, vuoi per scelte discutibili legate ai film nella selezione ufficiale, senza dimenticare alcune promesse importanti non mantenute (Bill Murray e Tim Robbins tra tutti, per non parlare del fantomatico “omaggio” firmato Quentin Tarantino), Roma continua a cercare la propria strada, con una programmazione fatta da pellicole troppo indirizzate alla critica e ben poco vendibili, talvolta caratterizzate da linguaggi di nicchia. Film di indubbio valore, ma di modesto interesse per il pubblico.

Già, il pubblico.

Il festival nasceva come Festa del cinema, come tentativo di fusione tra qualità e intrattenimento, come occasione di incontro tra operatori del settore, critica, ma soprattutto persone comuni e appassionati, catapultati in una dimensione elettrizzante in cui ognuno, nel proprio piccolo, poteva sentirsi protagonista.

Ma il risultato di un investimento di ben 12-13 milioni di euro è stato zoppicante anche dal punto di vista degli introiti, confermati non solo da incassi deludenti (e in flessione del 15% rispetto all’anno scorso), ma anche da red carpet poco stimolanti per un pubblico ansioso di ammirare grandi star internazionali, quasi del tutto assenti al festival romano.

Le critiche non sono mancate neanche in sede di premiazione: pensiamo al premio per la regia e per l’interpretazione femminile al fischiatissimo “E la chiamano estate” di Paolo Franchi, ribattezzato ironicamente in sala stampa “E lo chiamano film”; o al Marc’Aurelio d’Oro per “Marfa Girl” dello statunitense Larry Clark, il regista settantenne che approfitta dell’occasione per mandare a quel paese la superficialità di Hollywood e comunicare che la visione della sua pellicola sarà possibile solo sul suo sito web.

Senza dimenticare le altre pellicole premiate (pensiamo solo ad “Alì ha gli occhi azzurri” di Giovannesi o “The motel life” dei fratelli Polsky), l’edizione di quest’anno si chiude, così come si era aperta, all’insegna della polemica; e con Müller che afferma di essere già al lavoro per l’anno prossimo, si spera che per questa manifestazione, il 2013 possa essere finalmente il momento della rivincita.

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