La partita perfetta: il Pavia è salvo!
di Fabio Muzzio
“Sotto la curva, Roselli sotto la curva”. È stato il coro che più mi ha emozionato al Mazza di Ferrara.
Spinto dai giocatori Roselli si è avvicinato a ricevere gli applausi dei tifosi azzurri presenti: c’è poco da dire ha compiuto un miracolo sportivo.
A suggellare il tutto la maglietta comparsa sulle gradinate di Ferrara e che recitava “Roselli Santo subito” a firma dei due gruppi che stazionano nel parterre dei Distinti: i “Beceri” e i “Leoni”.
Ho visto lacrime, migliaia di abbracci, sentito voci che più passavano i minuti e più si affievolivano, radiocronache improvvisate ai sofferenti rimasti a casa.
È stata una gioia sperata, sotto una pelle, diventata pelle d’oca ai tre fischi finali, forse per certi versi quasi inattesa, tuttavia logica per come si è evoluta la seconda parte della stagione azzurra. L’avversario era sulla carta il più forte, il Pavia la squadra che forse tutti volevano evitare. Carotti e compagni, da Roselli in poi hanno avuto un ruolino di marcia da play off.
Tralascio moduli, tattiche e mi concentro sui tre episodi fondamentali: al 6’ Falco ci crede e tiene in campo un pallone difficilissimo; pallone a Statella, cross per Cinelli che di testa appoggia a Cesca; il numero nove è lesto a buttarla dentro a pochi centimetri da Capecchi. Il settore ospite esplode di gioia, la parte rimanente dello stadio si ammutolisce.
Al 34’ l’ex Marconi, con una punizione a girare qualche metro fuori l’area azzurra, evita la barriera e colpisce l’incrocio con Facchin battuto: l’impatto del pallone sui legni mi risuona ancora nell’orecchio sinistro. Nemmeno il tempo di pensare al pericolo scampato e sul ribaltamento di fronte Marchi si invola verso la porta, entra in area e supera in diagonale Capecchi in uscita disperata. Sono 2, sono 2, sono 2, la salvezza è ormai vicina.
Nello stadio si sentono solo i cinquanta pavesi.
Rimane il tempo alla curva ferrarese di intonare “Questa curva non retrocede”, di vedere una conclusione di Arma venti centimetri sopra la traversa, ma Facchin era lì, e poi scatta la festa pavese: si rimane in Prima divisione: a gennaio sembrava impossibile.
L’anno del Centenario poteva diventare molto amaro. Questa impresa lo rende indimenticabile.
Adesso restiamo alla finestra a vedere che accade, tra scommesse, fallimenti, ripescaggi, riforme ecc., la certezza è che noi C1 saremo. E dico C1, perché continuo a utilizzare la vecchia dicitura.
La C è senza fronzoli.
Semplice e diretta.
Talvolta ruvida, un po’ sulla difensiva, ma se c’è da attaccare lo si fa.
Ci vuole gente che lo sappia: poche chiacchiere e nessuna scienza.
La C è come la Bassa: tutto piatto, molte zanzare, a volte la nebbia; caldo terribile d’estate, freddo cecchino d’inverno.
Se lo capisci vivi benissimo.
Altrimenti è peggio dell’inferno.
Un saluto a tutti!