Scienza

La parola agli esperti

di Daniele Pane Mantione e Giada Lagnà

 

Pro o contro il latte crudo? Molti sostengono che la sicurezza del latte crudo si assicurata proprio dai maggior controlli, effettuati giornalmente dagli allevatori attraverso le analisi batteriologiche sul latte spillato (senza passare, quindi, dai processi industriali). Inoltre, il latte crudo contiene enzimi come la fosfatasi e il lisozima, e possiede in toto le vitamine (anche se, ovviamente, ha grassi meno digeribili). Chi non si fida del latte crudo, insomma, tanto vale che compri quello UHT o pastorizzato.
Per cercare di capire qualcosa, abbiamo chiesto aiuto ad Alessandro, un allevatore in una fattoria a Casale Moferrato, con il quale abbiamo approfondito alcuni aspetti della lavorazione del latte. La filiera del latte, intesa come l’insieme delle fasi di produzione, è una parte molto importante del lavoro di un allevatore. Le fasi principali sono: la scelta del bestiame, le azioni che coinvolgono il settore zootecnico e mangimistico e l’arrivo sulla tavola. Altrettanto importanti sono quelle mansioni che non rientrano prettamente nella filiera in quanto tale, ma che hanno risvolti significativi, come l’igiene del bestiame, la pulizia del luogo e il rispetto delle norme. In ognuna delle fasi della filiera si possono presentare dei punti critici: occasioni di pericolo di inquinamento, o contaminazione del prodotto non facilmente identificabili. Per questo motivo è importantissimo che tutti questi punti critici siano individuati e controllati.
In merito alla consumazione di latte crudo, il pensiero di chi vive e lavora con gli animali è uno solo: in passato questo alimento era considerato il sostentamento più nutriente che si potesse avere. Meno tempo era passato dalla mungitura, più era elevato il valore. I tempi erano differenti, i corpi più forti, le saluti meno cagionevoli. Un discorso simile è, ai nostri giorni, impossibile. Proprio per l’evoluzione avvenuta nel corso dei tempi, nel bene e nel male. Per quanto sia possibile tenere controllato l’allevamento, nella massima igiene e secondo le norme, non è mai sufficiente. Per questo motivo è bene che il latte, giunto nelle mani del consumatore, non venga consumato così com’è, ma venga bollito, nel caso in cui non abbia già subito il trattamento termico studiato per infliggere il maggior danno ai microrganismi patogeni e il minor danno ai valori nutritivi.
Un fatto, però, è indubbio: per quanto riguarda il latte crudo, distribuito negli appositi box in molte città d’Italia, la filiera è più corta, visto che i consumi e l’inquinamento del trasporto su gomma, dell’etichettatura, degli scarti PET sono pressoché annullati. Chissà che, in questo dibattito, chi ha interesse in questi campi non ci metta il naso… E, soprattutto, la pubblicità.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *