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La nuova stagione di House of Cards non delude e riappassiona

Dopo un tour de force alle porte della sessione, alternando studio e streaming, ci si può sentire pronti a tirare le somme della nuova stagione di House of Cards.

Il primo episodio inizia catapultando in maniera piuttosto violenta lo spettatore nel mezzo degli eventi, senza un riepilogo di sorta. Scelta non del tutto condivisibile, alla luce della distanza temporale che divide dalla precedente stagione, lanciata il 4 marzo del 2016; ci si ritrova a dover riprendere le fila di tutte le storyline che l’ultima puntata aveva lasciato in sospeso. Il consiglio è dunque, prima di lanciarsi nella visione degli ottimi nuovi tredici episodi, quantomeno di rileggersi la trama della scorsa stagione – così da ricordare dove si erano abbandonate le vicende dei coniugi Underwood o di andarsi addirittura a rivedere Capitolo 51 e Capitolo 52, rientrando nell’atmosfera della politica americana vista dagli occhi di Francis.house of cards 5.3

Capitolo 53 riesce non solo a riallacciarsi alle storie passate, ma inizia fin da subito ad intrecciarle e intesserle tra loro, stabilendo un ritmo piuttosto serrato, se non altro per lo standard piuttosto statico cui ci aveva abituato questa produzione Netflix. Ma è procedendo nella visione delle puntate successive che si riconosce il cuore della saga: spietate macchinazioni da cui nessuno si può salvare. Ad ogni giro di giostra sorprende come la serie riesca a raggiungere il suo obiettivo di capovolgere il punto di vista dello spettatore fino a fargli seguire appassionatamente i sotterfugi dei protagonisti e perfino a farlo affezionare all’inesorabile coppia della White House, che incarna perfettamente tutte le caratteristiche che decine di anni di tv series e film ci hanno insegnato proprie dei peggiori antagonisti: brutalità, slealtà, perfidia, arte manipolatoria, attaccamento al potere. Ogni altro personaggio diventa accessorio e, qualora dovesse scomparire annegato dall’inarrestabile onda degli Underwood, le ragioni che il protagonista snocciolerebbe al pubblico apparirebbero inoppugnabili. Tra i non pochi colpi di scena, per gli Underwood si tifa, si brama la loro vittoria, si spera riescano ad avere il sopravvento sul mediocre mondo che li circonda, perché, sebbene non perfetti, quantomeno spiccano nel piatto e corrotto mucchio della House e del Congresso che ci viene mostrato.

«Non avevate bisogno che lottassi per qualcosa, volevate solo che lottassi, che io fossi un uomo forte, un uomo di azione». Frank Underwood, Capitolo 64

house of cards 5.4Il merito va senz’alcun dubbio alle magistrali interpretazioni di Robin Wright e Kevin Spacey, quest’ultimo capace, specialmente nella seconda metà di questa stagione, di accusare la difficoltà della sua situazione, mentre continua a negarla a se stesso e al suo personale interlocutore, la macchina da presa – coscientemente abusato in maniera crescente nei nuovi episodi. Non da meno Claire Underwood, che si contende e va scalzando il ruolo da protagonista al marito. Tutto il cast di contorno come sempre impeccabile. In particolare si apprezzano la tribolata Cathy Durant di Jayne Atkinson e l’irriducibile «poor unlucky» Doug Stamper di Michael Kelly. L‘oltremodo tormentato Will Conway, incarnato dallo statuario Joel Kinnaman, infine si dimostra capace di svincolarsi dal personaggio stereotipato dell’uomo “tutto d’un pezzo che gli si stava cucendo addosso e regala momenti davvero toccanti.

Mentre la colonna sonora rimane un po’ il tasto dolente della serie, forse anche per scelta, la fotografia e le luci riescono con un tocco delicato a suggerire perfettamente le varie atmosfere. L’immobilità generale della camera, rotta in rari casi da slanci artistici dall’alto, in aggiunta alla costruzione spesso simmetrica e in ogni caso accurata di ciascuna inquadratura, finisce con lo sconcertare lo spettatore, rimarcando uno dei tratti caratteristici che il direttore della fotografia Igor Martinovik ha voluto imprimere a questo suo lavoro: un senso di straniamento e disagio generale. I toni blu e le luci giallo pallido, i mezzobusti e i primi piani, mai ravvicinati, contribuiscono a creare un senso di distacco e allontanamento dal falso e contorto mondo della casta politica rappresentata al suo apice da Frank Underwood.

«Voi mi accusate di infrangere le regole, ma vi dico che io gioco sempre secondo le regole. Quelle stesse regole che voi e io, noi, abbiamo accettato. Quelle stesse regole che voi e io, noi, abbiamo scritto tutti insieme. Quindi sì, sono colpevole, è vero, ma lo siete anche tutti voi. Sì, il nostro sistema è corrotto, ma voi volevate un “guardiano del portone come me; e perché? Perché sapevate che avrei fatto qualunque cosa sarebbe servita. E voi vi siete tutti compiaciuti di far parte del gioco e di averne tratto beneficio». Frank Underwood, Capitolo 64

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