La luce nera, Rembrandt a Pavia
di Irene Brusa
Una sfida che la cultura italiana deve vincere, è avvicinare il pubblico a voci di artisti scomparsi da secoli, suggerire il presente, tutta l’emozione del passato. Ricordare che anche grazie all’ arte, l’Italia vive.
Rembrandt è al Castello Visconteo di Pavia fino al 1 luglio, con quaranta tra le trecento incisioni complessivamente realizzate tra il 1626 e il 1665. Nel nucleo selezionato, sono presenti alcune opere del tedesco Albrecht Dürer, importante per l’influenza avuta sullo stesso Rembrandt.
Le incisioni sono uno specchio sull’anima dell’artista olandese, opere come L’autoritratto alla finestra(1648) mostrano l’uomo Rembrandt, con tutti i suoi limiti e imperfezioni. Interviene sulle acqueforti con la puntasecca e il bulino , imprimendo sulle lastre infinite ombre, moltissima luce. L’inchiostro nero sembra scorrere nei solchi, disegnando scene di grande pathos, come La fuga in Egitto, o la vibrante lastra de Il Faust (1652ca.).
Il colore racconta meglio il respiro di mari quieti o infuriati, le stagioni che diluiscono o accendono le città, i cuori folli dei giovani. È una visione, quella dell’artista olandese, che si può comprendere: non necessariamente prediligere. Sottovalutare questo Rembrandt sarebbe però un errore.
Niente manca agli occhi, non il rosso delle labbra della Vergine, non l’azzurro di una luna sull’acqua, né il blu delle vesti. Lo sguardo va educato.
Nel nero profondo di quei tratti, c’è l’emozione del colore più vivo.