Attualità

La libertà di non scrivere

di Chiara Franzosi

 

4 – 6 ottobre 2011: per tre giorni le pagine italiane di Wikipedia non si leggono più. Chi intende consultare una voce dell’enciclopedia più cliccata della rete viene reindirizzato a un comunicato. Le pagine esistono ancora, ma sono state oscurate perché «un disegno di legge in fase di approvazione alla Camera potrebbe minare alla base la neutralità di Wikipedia». In particolare, è il comma 29 che prevede anche per Wikipedia il “meccanismo della rettifica”, sistema che non si accorda con il principio di libertà che regge l’Enciclopedia Libera: se anche Wikipedia dovesse continuare ad esistere, le verrebbero a mancare molti utenti – una volta interessati a contribuire su certi argomenti o personaggi, ora dissuasi dallo scrivere informazioni. Infatti, chi si sentirebbe libero di scrivere, sapendo di dover pubblicare entro 48 ore una rettifica se un altro denuncia il pezzo come offensivo? Tanto più che non occorre l’intervento di un giudice imparziale, né si tiene conto della veridicità dei contenuti giudicati offensivi: una sola opinione soggettiva – quella di chi si dichiara danneggiato – fa scattare l’obbligo di rettifica.

Scorrendo il comunicato, il lettore ha dimenticato cosa stava cercando sull’enciclopedia e, desideroso di saperne di più, apre Google: ora può perdersi tra i tanti siti che con domande e risposte cercano di spiegare i punti della legge (molti sono ancora incerti e dovranno essere discussi), i forum di discussione e scambio di idee, le pagine di protesta con petizioni “no al bavaglio”. Scopre che la rettifica non riguarda solo Wikipedia ma più in generale i siti informatici, i quotidiani e i periodici diffusi per via telematica e legge che il comma 29, il comma “ammazza blog”, limita la creatività e la libertà degli scrittori della rete.

Infatti, se la legge sarà approvata, chi era solito postare in rete dei contenuti – di attualità, culturali, personali – non potrà più farlo come prima. Giornalisti online, blogger appassionati, o anche scrittori di una piccola redazione (magari come quelli di Inchiostro che, per di più, ha appena pubblicizzato il suo blog completamente rinnovato!) dovranno sempre autoimporsi delle limitazioni. Davanti alla tastiera, lo scrittore non potrà lasciar fluire spontaneamente il suo pensiero sulla pagina da riempire: dovrà tenere sempre sotto controllo i propri argomenti e fare attenzione al modo di esprimerli, ancora prima di scrivere. Ci sarà continuamente il rischio che ciò che dice potrà essere interpretato male e risultare offensivo: così, entro due giorni, sarà costretto a ritirare ciò che ha detto. Perché i suoi articoli non saranno più letti con le lenti della verità, del buon senso e del rispetto della dignità di ciascuno, ma solo con il giudizio soggettivo – e magari con l’interesse personale e la menzogna sfacciata.

Ma tutto questo ha senso? A che scopo continuare a scrivere in una “libertà condizionata”? Forse, sarà meglio lasciar perdere. Così, ancor prima dei blog, sarà la stessa libertà di pensare ad essere ammazzata.

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