Cultura

La grande nave dei condizionali

 

di Chiara Valli

 

Probabilmente l’unica forma di ghiaccio che i passeggeri a bordo avrebbero voluto vedere sarebbe stata quella cubica che si scioglieva lentamente nei bicchieri di scotch, e l’unica cosa da veder affondare, il cucchiaio d’argento che affogava nella zuppa per poi risalire, ma la storia aveva in serbo qualcosa di diverso.
Che fossero magnati, milionari o emigranti che volevano solo cominciare a scorgere il profilo della Statua della Libertà misero piede sull’RMS Titanic il 10 aprile del 1912 nel porto di Southampton, sotto lo sguardo rassicurante e la candida barba bianca del capitano Edward Jhon Smith.
Almeno per i passeggeri di prima classe, doveva essere “la nave dei sogni” come recitava Rose nella trasposizione cinematografica di Cameron, e con le sue 34 suite, il suo Caffè Parigino, il salone arredato come il palazzo di Versailles, il bagno turco, il campo da squash, forse lo era, “lo era davvero”.
E’ stata una delle navi più grandiose e lussuose dell’epoca, costata circa sette milioni di dollari, larga 28 metri e lunga 269 con una stazza di 46.328 tonnellate, ospitante 2223 passeggeri, il nome di Titanic era dunque assolutamente meritato, forse un po’ meno, però, la dicitura d’ “Inaffondabile”.
I quattro giorni di quel viaggio inaugurale dovettero trascorrere tra la morbidezza della moquette, i tintinnii delle stoviglie e il carbone da gettare in ognuna delle ventinove caldaie, fino a che, fino a che un migliaio di biglie cominciassero a rotolare, ossia fino a quando non avvenne l’impatto contro l’iceberg.
Non capitò tutto all’improvviso, fonti ci dicono che il comandante durante il primo pomeriggio del 14 aprile ricevette un messaggio che segnalava la presenza di ghiaccio, ma la velocità non fu diminuita, fu giudicato sufficiente spostare la rotta, tra questo messaggio e la collisione abbiamo una serie di altri messaggi non pervenuti al ponte di comando, di piroscafi che informavano di essere appena usciti da una banchisa circondata da iceberg, ma nonostante l’aria gelida della sera segnalasse che tutti questi indizi non fossero proprio infondati, l’oceano quella notte era liscio, liscio come la superficie di un tavolo o di un pavimento, così liscio che non sarebbe potuto capitare nulla di brutto.
Non molto tempo le vedette avvistarono ad occhio nudo, e quindi in ritardo un “iceberg, dritto davanti a noi!”, la campana fu suonata tre volte, si virò a sinistra, si ordinò l’ “indietro tutta”, ma a causa della velocità della nave non fu impossibile evitare l’impatto.
L’acqua cominciò ad invadere i compartimenti, e la fine fu accordata entro un’ora e mezza, due al massimo.
Fu dato l’ordine di abbandonare la nave, e come lo scontro con un iceberg non fosse stato
abbastanza spigoloso, al momento di salire nelle scialuppe ci si rese conto dell’enorme problema, anche sfruttandole al massimo erano abbastanza solo per metà delle persone.
Nel caos generale furono calate scialuppe mezze vuote.
E lo si capisce allora, lo si capisce proprio mentre il corpo di acciaio continua ad imbarcare acqua, mentre i vetri per la pressione scoppiano, mentre a bordo delle zattere c’è un numero irrisorio di persone, mentre l’orchestra continua a suonare, lo si capisce allora, come quella nave che galleggia in verticale come un tappo di sughero nell’acqua, piuttosto che quella dei sogni, sia stata la nave degli ‘avrebbe dotuto essere’.
Avrebbe dovuto anche trasportare la posta, avrebbe dovuto arrivare fino a New York, aiutare a realizzare il ‘sogno americano’, avrebbe, più di tutto, dovuto essere inaffondabile.
Pian piano anche la parte emersa, comincia a sparire sott’acqua, per poi accasciarsi sul fondale dell’oceano.
Non è stato nulla di quello che ci si aspettava, ma sono passati cento anni, siamo passati attraverso una guerra mondiale, attraverso la crisi del ’29, ed una seconda guerra mondiale, siamo passati oltre hippies, punk, zazzere dei Beatles, e ne stiamo ancora scrivendo.
Qualcosa oltre i lampadari di cristalli, avrà pur dovuto avercelo.
Si sarebbe potuto evitare?
A posteriori si pensa sempre che sì, sarebbe stato possibile, forse virando un po’ più a sinistra, forse se fossero andati più piano, forse, forse, forse.
Cento anni dopo siamo qui, con ciò che rimane del suo relitto, con tutte le storie e gli scintillii che si è portata con sé per sempre, e pensandoci, non si può evitare di associarlo a qualcosa di magnificente e di magico, ha un’area attorno a sé, il Titanic, che nessun’altra nave ha più avuto, forse anche perchè non l’abbiamo vista passare di moda, invecchiare, diventare obsoleta.
Il Titanic ha avuto tutto quello che rende una storia destinata ad incantare sempre le folle, ha avuto principi e principesse, chilometri di parquet, specchi lucidi, e poi il disastro, il disastro che ha reso tutto immutato.
Tutto splendente,
Tutto immortale.
Tutto tranne le vittime, ovviamente.

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