Attualità

La grammatica della Mafia

di Maria Grazia Bozzo e Federica Mordini

 

Un applauso apre l’incontro. E forse in questo vengono a coincidere tutte le aspettative,la curiosità,il rispetto, il ricordo di quello che è stato.

Proprio il ricordo è il fil rouge che si dipana fin dall’inizio e che attraversa tutta la serata: la VII edizione di “Mafie” è dedicata alla memoria del Prof. Vittorio Grevi ,che dal 2005 guidava tutte le rassegne di questa iniziativa. Un video e una prefazione diventano un omaggio a tutto ciò che aveva reso possibile

Il ricordo riecheggia di nuovo tra i muri dell’aula del 400 quando Ilda Boccassini rievoca la sua ultima visita a Pavia. Era il 13 maggio del 1992,quando Vittorio Grevi aveva radunato lei e Falcone per parlare di Mafia. Una giornata dal sapore agrodolce,ricorda la Boccassini: i tre avevano sognato tanto sul futuro ma,allo stesso tempo si sapeva già che Falcone non sarebbe mai diventato capo distrettuale anti-mafia. In realtà era già un “morto che cammina”, come avrebbe detto qualche giorno più tardi Paolo Borsellino. Se la matematica non è un’opinione, infatti, il condotto dello svincolo di Capaci era già stato imbottito di tritolo.

Sono trascorsi 20 anni ma il tempo sembra non aver inciso sul temperamento della Boccassini,che prosegue il suo cammino nell’antimafia con uguali caparbietà e determinazione. Minuta ed elegante,non rinuncia alla sua chioma ramata che l’ha resa famosa nelle aule di tribunale come “Ilda la Rossa”,indice della sua forza morale e del ruolo di outsider della magistratura italiana. Con il suo piglio schietto non esita ad attribuire alla magistratura le colpe che si merita,prima fra tutte quella di non aver previsto in tempi utili il massacro del ’92. Se negli ultimi 20 anni è avvenuto un maggiore radicamento delle organizzazioni criminali nel territorio è stato a causa di una disattenzione della magistratura. L’ndrangheta al nord,questione che ultimamente ha squassato l’opinione pubblica e politica,non è affatto una novità. Lo aveva capito un poliziotto di Vigevano nel 1983 ma non,a quanto pare,il potere giudiziario. Così come non è riuscita a cogliere la spinta innovativa sancita dal cambio generazionale,che ha visto l’entrata nel panorama mafioso di giovani qualificati. Per la causa sbagliata.

Il punto nevralgico della questione, però, è un altro: cosa è Mafia e cosa non lo è. Secondo la Boccassini, parlare in modo corretto di mafia è fondamentale per poterla definire e poi combattere. Lei non considera “mentalità mafiosa” tutte le azioni derivate dal cosiddetto clientelismo. Anzi,così facendo si rischia di legittimare il concetto “tutto è Mafia e niente è Mafia”, coniato da Falcone, e questo alimenterebbe un ulteriore alone di paura e di potere. Mafia è la struttura organizzativa criminale che prende i vari nomi di Cosanostra,’Ndrangheta,Camorra: la loro innegabile forza risiede nel “sacrale” rispetto delle tradizioni,della famiglia,di tutta una serie di regole che si abbracciano al momento del giuramento dell’affiliazione all’organizzazione criminale. Ma la loro attività non viene di certo messa all’angolo o ridimensionata nei periodi di cosiddetta pax mafiosa,anzi, continua a prosperare. Non bisogna perciò abbassare la guardia nella lotta alla mafia,non bisogna lasciarsi ingannare da un’apparente stato di calma,non serve gridare all’emergenza solo quando questa è pienamente visibile sotto i nostri occhi. Si tratta di un lavoro costante,di una continua,quotidiana lotta.

La guerra alla mafia,infatti, si prospetta ancora lunga,bisogna ancora combattere. In Italia ci sono un’ottima legislazione antimafia e valide misure di prevenzione,tuttavia “tutto può essere migliorato,quello che è necessario fare,a volte, è cambiare la testa delle persone”. In questo principio,che ormai è diventato il pilastro della sue filosofia controcorrente,fonda il suo operato. Per avere un esempio concreto basta volgere lo sguardo verso quella Sicilia che la Boccassini conosce bene. Il tasso di omertà è rimasto pressoché invariato se non addirittura sfruttato da quell’imprenditoria che ha marciato sul sostegno mafioso. Per questo si è battuta affinchè l’omertà degli imprenditori usurati venisse considerata un’aggravante per favoreggiamento mafioso. “La magistratura in questo caso deve essere dura con gli imprenditori. Devono scegliere se stare con lo Stato o contro lo Stato”.

“Cambiare la testa della persone” significa anche allontanarsi dai luoghi comuni e dalle false demagogia e fare proprio uno stile di vita coerente con le proprie idee. Ancora pochi si rivelano in grado di mettere in pratica nella vita di tutti i giorni quello che predicano nelle piazze. Quei pochi sono poi quelli che hanno continuato a giocare nonostante la posta si fosse alzata. Hanno perso la vita,ma chi può dire se hanno perso la loro battaglia siamo solo noi. L’autocritica è l’unica arma necessaria,l’ultimo avamposto per la vittoria:bisogna chiedersi se si ha la forza di denunciare. “Se la risposta è sì,si è sulla strada giusta”.

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