PaviaRiflessioni

La casa universitaria non si scorda mai

Scegliere la propria casa per gli anni universitari diventa un’impresa non molto semplice, soprattutto a Pavia, dove si accumulano, l’una accanto all’altra per farsi scegliere, diverse idee di “casa” e diverse idee di “vita universitaria”.

Ho vissuto la mia vita universitaria a Pavia in due modi: in appartamento e in Collegio. E ora, quasi alla fine dei miei anni pavesi, offro la mia esperienza a coloro che dovranno scegliere a breve, non perché li spinga verso l’una o verso l’altro, ma per raccontare in maniera personale, e a posteriori, il lato bello e quello più complicato di questi anni, o meglio, tutti e due i lati belli e quelli meno belli delle due “case” che ho abitato.

In Collegio

Ho vissuto i miei primi quattro anni di università all’Almo Collegio Borromeo, ciò vuol dire che ho conosciuto Pavia e la sua Università attraverso i vetri di questa prima casa, e sono lenti particolari da indossare queste, non migliori di altre, ma sui generis. Ho vissuto il primo anno come matricola di un Collegio goliardico e questo ha fatto sì che il primo, come gli anni successivi, fossero riempiti di “cose in più da fare”. Le tradizioni che ereditavo, abitando la mia prima casa, hanno creato una vita in più rispetto a quella che da universitaria già avrei dovuto vivere.

C’erano i miei compagni di corso e i miei compagni di Collegio, i consigli e i “modi di fare” che imparavo a seguire da coloro che in Facoltà ne avevano fatto delle consuetudini, e avevo l’aiuto degli “anziani” collegiali che offrivano la loro di esperienza: modi di fare che si aggiungevano a modi di fare. Non mi sono mai sentita impreparata ad affrontare una nuova situazione: i consigli da fratelli che ricevevo non dovevano servirmi da modello ma da rassicurazione. Non mi sentivo mai sola neppure al mio ritorno, dopo aver affrontato un problema, loro erano sempre lì, come prima, genuinamente orgogliosi di me e non dei risultati che portavo con me. C’erano le serate universitarie e le feste di collegio, i riti particolari, le ricorrenze da onorare, i momenti di passaggio, i traguardi da festeggiare, un elenco di tappe che con indosso diversi abiti vivevo due volte.

Ma il Collegio, non va dimenticato, rimane sempre un luogo dove quasi mai si vive da soli. In Collegio si vive con la collegialità tutta e questo ha il suo peso nella vita quotidiana, soprattutto nei momenti meno facili da vivere, dove lo spazio personale diventa necessario. Il Collegio è un luogo di confronti e anche di competizione, a volte si può perdere di vista che competere con se stessi sia più importante di competere contro gli altri. Così le vittorie e le sconfitte possono diventare non più tue e l’insoddisfazione perenne può prendere sempre più il sopravvento.

Ma ripeto, il Collegio, non va dimenticato, rimane sempre un luogo dove quasi mai si vive da soli. C’è sempre una porta a cui bussare, un amico da ospitare, persone che riempiono gli angoli della propria solitudine quando questa supera i limiti consentiti. Il confronto mi ha fatto imparare la maggior parte delle cose che conosco e diventare la persona che sono. Ho fatto spazio a prospettive diverse e prospettive migliori, affinato la mia mente a cogliere le differenze sottili tra le cose, li avevo sempre tutti lì i miei compagni, ogni giorno, in un contesto che, se vogliamo, anche per colpa dell’ambizione di essere un posto elitario, un caffè intellettuale d’altri tempi, finiva per essere l’occasione per vivere con sorpresa momenti veri e che ricorderò sempre. Le persone che ho conosciuto in collegio sono diventate la mia “casa”, la mia famiglia, e sappiamo che la propria casa è un luogo dell’interiorità ed è ovunque noi siamo. La mia casa è fatta di quelle persone, dei miei migliori amici, dei miei mentori, delle mie “madri” e delle mie “figlie”, è fatta del loro ricordo e quindi, Collegio o no al momento, avrò sempre in loro una casa e il Collegio Borromeo mi ha dato la possibilità di averne una mia.

 

In appartamento

Dopo un anno vissuto in Francia nella casa dell’erasmus, che come casa di passaggio mi sembra più che dignitosa, ho vissuto a Pavia in appartamento, e potrei definire questa seconda casa, la casa dell’età adulta. E’ la casa da cercare e da trovare, facendosi strada tra mille siti e mille agenzie e nel dilemma morale e pratico tra scegliere un’agenzia e l’approccio fai da te. E’ la casa in cui, un po’ in ritardo perché viziata dai cuochi del collegio e dalla Signora Flores, ho sviluppato le mie arti culinarie e da donna di casa ( in un certo qual modo!). Si impara l’arte della tolleranza, una prova di pazienza e di rispetto che il Collegio in quanto tale imponeva a tutti verso tutti, ma che a tu per tu con un coinquilino diventa più reale.

Si impara ad apprezzare i difetti altrui e ad ammorbidire i propri, si impara l’arte del compromesso, a sviluppare un rapporto familiare con poche persone, una versione nuova della famiglia tradizionale dove, nel bene e nel male, si condividono tutti gli aspetti della propria giornata. Ma nella casa da adulti scopri il piacere di essere adulti, di essere indipendenti, di disegnare i confini dei propri spazi e di scegliere, quasi con sorpresa e con difficoltà, lo stile in tutto e per tutto della propria vita. Si creano nuove tradizioni e nuove ricorrenze, è uno spazio nuovo dove accogliere le persone che fanno parte della propria famiglia, dove incontrarne e conoscerne di nuove e dove passare del tempo da soli. A volte, se si è molto fortunati, quella casa prenderà quasi il posto della casa in cui siamo nati, a volte vorremo tornarci e altre volte scappare, ma la vera fortuna è scoprire di avere due importanti rifugi dove poter tornare e sentirsi sempre bene. E quando un giorno si lascerà questa casa da universitari per trovare la casa dove saremo dei giovani lavoratori, saremo più saggi, più adulti e più in grado di sopportare le distanze e di gestire la nostalgia, la mancanza, e le novità.

Concludo il mio breve reportage, e la lunga fila di ricordi che hanno accompagnato la sua stesura, augurando un in bocca al lupo a tutti i futuri abitanti di Pavia, collegiali o meno. Ho avuto la fortuna di abitare entrambe le “case” che Pavia mi offriva, ho vissuto la seconda imparando dalla prima e riletto meglio la prima grazie alla seconda. Vi auguro la stessa fortuna, ma in generale, vi auguro di trovare une vera “casa” a Pavia e una nuova famiglia con cui portare avanti le tradizioni “di famiglia”, come io e le mie amiche abbiamo fatto con la nostra Cena di Natale borromaica.

 

 

 

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Cena di Natale 2015, via Calchi, 25
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Cena di Natale, Collegio Borromeo, 2014

 

Cena di Natale 2014, Almo Collegio Borrom

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