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L’espansione (e la crisi?) della Cina

Il prossimo 16 Ottobre in Cina si terrà il congresso del Partito Comunista Cinese, il ventesimo della sua storia. La riunione deciderà il nuovo Politburo, ma nella pratica probabilmente non ci saranno variazioni della dirigenza della Cina. Xi Jinping, il Segretario Generale e leader del Paese, ha infatti eliminato qualunque opposizione significativa alla sua leadership e ormai non esistono neanche più i limiti di mandato, da lui personalmente aboliti. Il Congresso deciderà il nuovo piano quinquennale, cioè le direttive economico-politiche della Cina per i prossimi cinque anni. Il dragone rosso è divenuto, a partire dal nuovo Millennio, la seconda potenza globale e si accinge a sfidare apertamente non solo gli Stati Uniti dal punto di vista geopolitico, ma in generale i “valori occidentali”, come la separazione dei poteri, il liberalismo o in generale qualunque approccio che sfidi apertamente l’egemonia del Partito Comunista sulla Cina e l’ascesa di quest’ultima sullo scacchiere globale. Davvero però il Paese è in grado di reggere questa pressione? È una cosa di cui allarmarci, considerando i sempre più aperti attacchi ai diritti umani del colosso asiatico?

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Credits: Nationalinterest.com

Stanchezza economica e crisi demografica
Ufficialmente la Cina è ancora in crescita economica, sebbene sia notevolmente più bassa rispetto alla crescita a due zeri a cui è abituata. Sebbene ci siano responsabilità attribuibili a eventi eccezionali come il Covid (soprattutto perché Xi Jinping si ostina a ricercare un approccio “zero contagi”) e la crisi causata dall’aggressione Russa all’Ucraina, molte di queste tendenze sono in realtà sistemiche nell’economia cinese, ed erano presenti già prima della pandemia. In parte è dovuto all’inevitabile stanchezza del ciclo economico, che non può essere perennemente in espansione, ma ci sono anche problemi dovuti al sistema economico-politico cinese. L’economia cinese ha superato quella americana da un punto di vista nominale, ma il PIL pro-capite occidentale rimane molto superiore, ed è probabile che lo rimarrà per parecchio. La mancanza di trasparenza della società cinese riduce fortemente anche i meccanismi di controllo, e il settore finanziario e soprattutto quello edilizio sono a forte rischio di una bolla speculativa. E’  già capitato che mini-bolle siano esplose, causando anche forti proteste. Le disuguaglianze economiche rimangono mostruose nel Paese e, nel tentativo di ridurre le tensioni interne ed accentrare ulteriormente il controllo, la dirigenza cinese ha intrapreso una serie di moderate riforme per ridurre abusi economici e, in una certa misura, anche ambientali. Per perseguire la crescita economica e tenere a bada la ormai numerosa classe media cinese, Xi Jinping ha anche detto di voler spostare l’economia da un modello industriale per l’esportazione ad uno di consumo, ma non è chiaro se sarà un successo, visti i problemi strutturali cinesi. La tanto temuta “Via della Seta” si sta rivelando molto meno produttiva di quanto anticipato: ormai viene percepita da molti Paesi come un’autentica trappola del debito, come un meccanismo di repressione politica e come neocolonialismo economico. I recenti eventi in Sri Lanka sono stati in parte anche causati dal rapporto economico con la Cina, e il debito sempre più ampio senza un ritorno tale da giustificarlo ha costretto i finanziatori cinesi a cambiare approccio nel concedere investimenti e negoziare il debito. Tutto ciò viene unito da un invecchiamento della popolazione e da una contrazione demografica notevole, al punto che le autorità cinesi hanno dovuto allentare la politica del figlio unico, scaricando le tensioni demografiche sulle minoranze, in particolare quella uigura e tibetana. Nella pratica, quindi, la Cina è funzionalmente in recessione.

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Credit: AP

Politica estera e repressione transnazionale
I problemi economici sono amplificati anche dal fatto che la Cina sia sempre più aggressiva sul piano estero, tant’è che oggi si parla di “diplomazia del lupo guerriero” non solo nei confronti di Taiwan, che sembra sempre più distante e decisa a difendersi anche con le armi. Le aziende e i governi occidentali sono sempre più allarmati dall’attività cinese anche viste le accuse (di solito giustificate) nei confronti delle aziende cinesi di rubare i brevetti e di adottare pratiche commerciali illegali. Molti governi iniziano ad essere preoccupati dalle accuse di spionaggio e dalle sempre più certificate ed estreme violazioni dei diritti umani in Cina. È certificato che il Paese abbia creato una vera e propria rete di spionaggio e repressione, imponendo anche forti concessioni nella sovranità da parte degli Stati che desiderano intrattenere relazioni commerciali con l’enorme mercato cinese. Un aspetto molto discusso è la relazione con regimi autoritari amici, affascinati dai sistemi di repressione tecnologica cinesi al punto di rimandare indietro i rifugiati o vietare proteste anticinesi. Un’arma però a doppio taglio, che potrebbe causare anche forti effetti collaterali per la Cina: sono sempre maggiori le accuse di spionaggio e le popolazioni di questi Paesi non sono sempre così bendisposte verso la Cina; è quello che è accaduto in Turchia, Kazakistan e Pakistan, che spesso a livello governativo sono tiepidi verso gli abusi agli abitanti uiguri e musulmani, ma dove i cittadini sono ben più propensi a lamentarsi.
Non si sa come saranno i prossimi anni, ma l’ascesa della Cina non sarà un processo indolore per il pianeta, e può tranquillamente darsi che il dragone non sarà in grado di competere seriamente senza rischiare un tracollo: forse è una potenza in decadenza, non in ascesa.

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