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#IoLoChiedo: la nuova campagna di Amnesty contro la violenza sessuale

La sezione italiana di Amnesty International, la nota associazione che si batte per i diritti umani, ha lanciato la campagna #IoLoChiedo, con l’obiettivo di chiarire il concetto di consenso e sensibilizzare le giovani generazioni sul tema dello stupro.
L’ appello è rivolto al Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, al quale viene richiesta la revisione dell’articolo 609-bis del codice penale.
Il nostro ordinamento punisce la condotta di chi, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe o induce l’altra persona a subire o compiere atti sessuali abusando delle sue condizioni di inferiorità fisica o psichica.
Amnesty sottolinea la totale assenza del concetto di consenso, ed in particolare come in nessuna norma lo stupro sia definito come “rapporto sessuale senza consenso”.

La richiesta dell’associazione si basa sulla Convenzione di Istanbul, firmata dall’Italia nel 2012.
Questo trattato è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante riguardante la prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne.
Oltre a definire il concetto di violenza, genere e discriminazione, la Convenzione ha anche stabilito che il consenso “deve essere dato volontariamente, quale libera manifestazione della volontà della persona, e deve essere valutato tenendo conto della situazione e del contesto”.
Solo 10 paesi europei hanno adattato le loro legislazioni definendo lo stupro come assenza di consenso: Islanda, Svezia, Grecia, Regno Unito, Irlanda, Lussemburgo, Germania, Cipro, Belgio e Portogallo.
In Italia, come in altri paesi europei, affinché lo stupro sia considerato un crimine è necessario l’uso della violenza; ma questo, secondo Amnesty, non avviene nella maggioranza dei casi di abuso.

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Foto via Amnesty/Denmark

I dati ISTAT del 2019 riportano che quasi 7 milioni di donne italiane dai 16 ai 70 anni hanno subito almeno una volta nella vita una forma di violenza (20,2% violenza fisica, 21% violenza sessuale con casi nel 5,4% di violenze sessuali gravi, come stupro e tentato stupro).
Nel 2014 la FRA (Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali) ha condotto un’indagine differente, non basandosi sui dati statistici, ma raccogliendo i racconti delle donne intervistate e quindi riuscendo a considerare anche gli abusi non denunciati.
Da questo studio è stato stimato che 1 donna su 20 di età pari o superiore a 15 anni nell’UE è stata stuprata (circa 9 milioni di donne) ed 1 donna su 10 di età pari o superiore a 15 anni nell’UE ha subito qualche forma di violenza sessuale.

Il rispetto del consenso altrui è un concetto che può sembrare ovvio e banale, ma non per tutti: uno studio dell’Unione Europea ha rilevato che più di un intervistata/o su quattro ritiene che il rapporto sessuale senza consenso reciproco possa essere giustificato in determinate circostanze – ad esempio, quando la vittima è ubriaca o sotto l’effetto di droghe, ritorna volontariamente a casa con qualcuno, è vestita in abiti succinti, non dice chiaramente “no” o non resiste fisicamente.

Con l’obiettivo di eliminare nel tempo questa forma di legittimazione dello stupro, la campagna #IoLoChiedo propone una serie di progetti educativi mirati a sensibilizzare le giovani generazioni sull’importanza del consenso.
Per le scuole primarie e secondarie di primo grado, Amnesty fornisce delle schede didattiche che introducono i concetti di privacy, consenso e rispetto dei limiti tramite dei quiz.
Per le scuole secondarie di secondo grado, è stata redatta una guida per i docenti interessati ad affrontare in classe la tematica della violenza sessuale; sono previste attività interattive mirate a sollecitare negli studenti la condivisione delle loro esperienze e quindi sviluppare in loro la consapevolezza delle proprie azioni.
Tuttavia, secondo Amnesty, il cambiamento della cultura che tende a colpevolizzare le vittime di stupro – spesso tramite domande quali “come eri vestita?” o “avevi bevuto?” – può avvenire solamente a seguito di una revisione dell’articolo 609-bis del codice penale, valorizzando l’elemento del consenso della persona offesa e non la violenza o la minaccia.

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