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Interviste AIESEC – lo Sri Lanka di Duccio Maria Dacco’

“Ho visto come modi di vivere così diversi da quelli europei siano altrettanto validi per vivere bene e felici.”

 

AIESEC è un’associazione interamente gestita da studenti, che mira allo sviluppo delle capacità umane e in particolare della leadership attraverso delle esperienze stimolanti all’estero, come lavoro di volontariato, di scambio o tirocinio. Ogni progetto ha come base la cooperazione tra le persone, creando ambienti liberi di confronto e collaborazione reciproca e soprattutto guarda in direzione della crescita e della sostenibilità. Per l’associazione è importante stimolare e accrescere la volontà individuale di rendersi partecipi, avere un ruolo attivo nel rendere il mondo un posto migliore, informarsi su ciò che avviene a livello globale, rendersi quindi cittadini del mondo.

In quanto organizzazione globale, apolitica, indipendente e no profit, AIESEC, presente in 122 paesi, permette ai giovani di formarsi in un contesto internazionale e multiculturale aperto al confronto tra punti di vista differenti e sensibile alle tematiche di rilievo mondiale.

Nel 2015 AIESEC diventa ufficialmente partner delle Nazioni Unite ed è in Italia uno dei maggiori promotori dell’agenda 2030 a livello giovanile; i suoi progetti sono supportati da istituzioni quali MiUR e SPRAR e da poco AIESEC Italia fa parte di ASviS, Alleanza molto attiva in termini di sensibilizzazione e azioni concrete rispetto agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

Abbiamo intervistato Duccio Maria Daccò, un ragazzo di 25 anni laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Pavia, fresco di un’incredibile esperienza con AIESEC in Sri Lanka, che ci ha raccontato con grande entusiasmo.

 

Come hai conosciuto AIESEC e cosa ti ha spinto a voler intraprendere questo progetto?

Ho conosciuto AIESEC in Università circa un anno prima della mia partenza. Ero a studiare in aula studio ed una ragazza era entrata per lasciare dei volantini. Avevo già in mente per conto mio di fare un’esperienza all’estero e mi mancava solamente l’opportunità giusta. Ho conservato il volantino fino a che non ho avuto tempo per partire.

 

Come è stato il tuo rapporto con l’associazione? Che ambiente si respira al suo interno?

Il rapporto è stato subito molto positivo. Al primissimo incontro ero insieme ad un altro ragazzo e c’erano due volontari di AIESEC che ci hanno introdotto all’associazione: come è nata, il modo in cui vengono trovati i progetti, le zone del mondo in cui saremmo potuti andare e il modo in cui funziona il loro sito in modo da poter cercare i progetti in prima persona. Da quel momento in poi ci siamo sentiti sempre per messaggi o email. Al rientro dal progetto l’approccio con l’associazione ha mostrato un altro volto ancora! Sono stato invitato a diversi eventi per la promozione di AIESEC per raccontare la mia avventura. In questo modo ho avuto l’opportunità di conoscere molte altre persone. Ho conosciuto altri volontari di AIESEC, altri ragazzi che partivano e ragazzi stranieri che stavano facendo il loro progetto a Pavia.

 

Parlaci ora della tua esperienza in Sri Lanka.

Mi interessava fare un’esperienza all’estero per migliorare il mio inglese e per fare qualcosa nell’ambito ambientale. Durante l’Università avevo però paura che tra esami e tesi avrei procrastinato troppo e quindi ho aspettato la laurea. Il giorno dopo aver discusso la tesi ho fatto l’application ad un progetto di AIESEC che avevo già selezionato grazie anche al consiglio della mia buddy Federica, una figura che ti aiuta a decidere il progetto e ti spiega come è fatta l’associazione. Il migliore per me era quello in Sri Lanka.

Ho fatto con i ragazzi singalesi di AIESEC COLOMBO due interviste e verso la fine di febbraio sono partito per lo Sri Lanka carico di aspettative e totalmente privo di preclusioni. Avrei provato tutto quello che l’esperienza mi avrebbe offerto. Non ero mai andato così lontano da casa per andare in un altro paese per viverci. Sono stato accolto dal comitato locale, fatto di persone esattamente tali e quali ai volontari di Pavia. Gentili ed ospitali, e sicuramente lasciavano trasparire anche un po’ d’emozione.

Il lavoro è partito un paio di giorni dopo per permettere che arrivassero tutti i partecipanti del progetto; eravamo in cinque: io, un’altra ragazza italiana, due tedeschi e un egiziano. Una volta che è iniziato avevamo alcuni giorni di rigidi orari da rispettare. Dovevamo fare tre lavori. Il primo era in un centro di tartarughe marine, in cui ci prendevamo cura di loro (alcune infatti potevano essere ferite e quindi dovevano essere guarite, quelle appena nate invece dovevamo assicurarle all’Oceano) e facevamo da guide turistiche; il secondo era in una scuola, dove abbiamo dapprima assistito a delle lezioni sull’ambiente marino della costa e sull’inquinamento e in seguito, abbiamo creato una presentazione e l’abbiamo portata in diverse scuole ai ragazzi tra i 10 e i 16 anni. Infine, come ultimo lavoro, abbiamo fatto delle sezioni di pulizia delle spiagge rimuovendo i rifiuti. I giorni liberi invece li trascorrevamo viaggiando per il paese per vedere per esempio le sterminate piantagioni di tè oppure rovine storiche.

Tutte queste attività erano coordinate e organizzate ben prima dai ragazzi di AIESEC COLOMBO. Ci dicevano che cosa avremmo fatto e noi ci preparavamo di conseguenza.

Avevamo una casa tutta per noi volontari, ma non eravamo in cinque. Infatti, erano presenti altri ragazzi di altri progetti simili. Altri europei di diverse nazionalità, egiziani, una cinese e una ragazza dell’Indonesia. Nel tempo libero facevamo attività anche con loro.

Sono stato in Sri Lanka sei settimane ed il tempo è volato. Sono tornato soddisfatto perché avevo raggiunto tutti i traguardi prefissati.

Cosa ti ha lasciato sia a livello umano che lavorativo?

A livello umano mi ha lasciato tantissimo. La cultura è incredibilmente diversa e difficilmente comparabile alla nostra. Gli stranieri, quanto meno nelle zone non turistiche, vengono visti come curiosi animali esotici. Per questo motivo mi ritrovavo sempre circondato da persone sorridenti ed inondato dalle loro domande.

Inoltre, seppur sono passati pochi mesi, ho già incontrato nuovamente alcuni ragazzi del progetto. Sei settimane sono poche, ma ti ritrovi a dormire, mangiare e lavorare improvvisamente a stretto contatto con altre persone, anche di culture molto diverse, e il legame che si crea è forte. Ancora di più se il paese in questione è così diverso dal tuo.

Dal punto di vista lavorativo penso che quest’esperienza mi abbia insegnato ancora maggiormente ad affrontare qualsiasi situazione. Ogni cosa è stata utile per scoprire anche come sono fatto e fino a quale punto posso spingere il mio limite. Cose che penso servano non solo al lavoro, ma tutti i giorni.

 

Quanto può essere importante avere sul curriculum un tipo di esperienza come questa?

Al rientro in Italia era certamente l’esperienza più chiesta dai recruiter durante i colloqui.

Un’esperienza come questa risulta essere molto importante sotto diversi aspetti. Uno di questi riguarda la conoscenza dell’inglese. Se non possiedi nessun certificato linguistico, l’essere stato all’estero per lavorare ti aiuta molto. L’essere stato poi in un paese così diverso ed averci vissuto è un qualcosa che in primis colpisce qualsiasi recruiter. Nei colloqui che ho fatto nei mesi successivi tutti i lavori che ho svolto venivano lasciati letteralmente in ombra ed a loro interessavano solo come avevo gestito quelle sei settimane nel “Paese dei Buddha e degli elefanti”.

 

La consiglieresti?

Lo consiglio assolutamente. Ho conosciuto molte persone che mi hanno aiutato a riflettere sui problemi che in ogni parte del mondo si riscontrano. Ho affinato le mie soft skills e imparato a gestire forti livelli di stress. Ho creato dei legami. Ho visto come modi di vivere così diversi da quelli europei siano altrettanto validi per vivere bene e felici. Ogni persona dovrebbe, se portata all’avventura, sperimentare queste cose. Il prima possibile.

 

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