Attualità

Intervista all’Onorevole Benedetto Della Vedova

di Giovanni Cervi Ciboldi e Camilla Pitino

 

Viene pubblicata l’intervista integrale all’Onorevole Benedetto Della Vedova (deputato di “Futuro e Libertà”) pubblicata in versione ridotta nel numero 117 di Inchiostro.

 

Inchiostro – Onorevole Della Vedova, immagino che sappia che,viste le poche ma chiare parole spese sui giovani dal nuovo governo, le domande sono obbligate. Alcuni studenti si indignano e sono in sommossa: considera le parole di Martone, Monti e Cancellieri come la ripetizione di un luogo comune in realtà fasullo oppure come aventi un fondo di verità?

Della Vedova – Le parole possono tradire il pensiero. L’obiettivo dei Ministri era quello di spronare, almeno così penso io. Laurearsi presto deve essere un obiettivo: se uno non ce la fa perché nel frattempo lavora o perché incontra difficoltà è un conto. Se uno tarda a laurearsi perché prende l’Università sottogamba “tanto papà paga” non può essere visto come uno “figo”. O no?

 

L’abolizione del valore legale della laurea è una misura liberale di cui si parla da molti anni: eppure ancora non ha vistola luce, nemmeno sotto governi che dicevano di volerla. Lei che liberale lo è davvero, crede che gli “abolizionisti” debbano attendere ancora per molto?

Io penso, da tempo, che togliere il valore legale alla Laurea serva alle buone università e ai buoni studenti. Il Governo ha detto che farlo presenta qualche ostacolo in più del previsto: è il primo Governo che pone questa riforma “top on the agenda”, vediamo se nei prossimi mesi o se si dovrà aspettare (invano?) la prossima legislatura. Per me resta una riforma importante.

 

Le questioni della precarietà e della disoccupazione giovanile vengono spesso affrontate legandole all’articolo 18 e presentandolo come uno scontro generazionale. Ma è palese che i problemi principali siano invece legati al debito, alle tasse, alle università, agli ordini professionali e molto altro: tutto il sistema pubblico italiano è farraginoso e indisposto verso la novità.

L’articolo 18 è una delle regole cardine di un mercato del lavoro inefficiente ed iniquo, che illude qualcuno di avere tutto e condanna molti ai finti “cocopro” e alle finte partite iva, ai contratti a tempo determinato non più rinnovati,  senza stabilità e nessuna garanzia. Ci vogliono regole diverse, ragionevoli, che siano davvero la norma: le eccezioni devono essere tali. Insomma, un riequilibrio delle garanzie. Ovviamente una migliore regolamentazione del mercato del lavoro non basta. Per creare buona occupazione ci vuole competitività, crescita economica, investimenti, liberalizzazioni, concorrenza, tasse ragionevoli. Questo Governo sta accelerando nella direzione giusta, ma ci vorrà tempo e condizioni internazionali più favorevoli per risalire la china.

 

La precarietà e la flessibilità in Italia spaventano molto e sono viste come una condanna. Negli USA, dove invece sono considerate possibilità importanti, c’è un sistema che anziché creare ostacoli ai giovani, li abbatte. Come può Monti chiedere ai giovani di cambiare mentalità se non mutano le condizioni che, per lavorare, devono accettare?

Amo gli Stati Uniti, ma nessun paese è un eden, nemmeno peri giovani. Comunque, è vero che mentre altri paesi si basano sulle opportunità per chi vuole lavorare e sfruttare i propri talenti, da noi resistono le barriere, le raccomandazioni, i favoritismi. Credo che i giovani debbano chiedere più opportunità e più libertà e per questo dovrebbero sostenere le riforme. Ma io non credo ai giovani come “categoria”, anche tra i giovani ci sono riformatori e conservatori. La flessibilità porta con se maggiori opportunità se è regolata in modo intelligente. Se avessi vent’anni oggi, chiederei meno articolo 18 e in cambio meno stage gratuiti, meno contratti finti e salari più alti.

 

Lo studio ha pari dignità ovunque, ma è un dato di fatto che molte università offrano una formazione che, in base alle attuali richieste del mercato del lavoro, rischia spesso di risultare superflua.

Bisogna produrre statistiche sul mercato del lavoro migliori e farle circolare tra gli studenti. Quando si sceglie l’Università si deve sapere quali siano le previsioni di buona occupazione da lì a 5 anni, quali le necessità del mondo imprenditoriale. Certo, si decide in base alle proprie propensioni, ma si deve sapere bene a cosa si va incontro. Anche questo manca ancora, in Italia più che altrove. Così come bisognerebbe avere il coraggio di rendere pubbliche le classifiche sulla qualità delle università.

 

I movimenti giovanili, da Occupy Wall Streetagli Indignados, sanno a cosa opporsi ma spesso sfociano nella ideologia,perdendo credibilità. A quali condizioni è invece possibile che siano i giovani a portare un rinnovamento politico e sociale?

Domanda da un milione di euro! Ad esempio partecipando alla vita politica e non per rivendicare le quote giovanili, ma per incidere sulle decisioni avendo la responsabilità dei risultati.

 

 Il dopo-Monti vedrà il riposizionarsi in campo delle forze politiche. Molti credono che rincomincerà il solito valzer improduttivo. Cosa sarà necessario, invece, per invertire la rotta e portare la gente a riacquistare la fiducia nella politica?

Io vivo il Governo Monti senza complesso di inferiorità. Lo considero il mio Governo, il governo che fa le riforme che io ritenevo e ritengo necessarie all’Italia. Il mio impegno, la cosa che mi interessa, è fare sì che non sia una parentesi e che il salto di qualità che abbiamo fatto in poche settimane in termini di serietà e di riforme sia definitivo.

 

Ha ragione Monti nel dire che il posto di lavoro fisso è “monotono”? Quali sono le condizioni per creare un sistema del mercato del lavoro tale che perso un lavoro se ne possa trovare subito un altro? Come creare una mobilità interna al mercato del lavoro?

Non so se sia monotono. Io avevo un eccellente posto fisso e ci ho rinunciato ben prima di fare il parlamentare per seguire le cose che più mi appassionavano. Probabilmente allora, quasi vent’anni fa, era più facile. Bisogna fare tante cose, tutte insieme. E non si può pensare che sia colpa o merito solo della politica se non si fanno o se si fanno. Pensiamo all’evasione fiscale: se chi non paga le tasse viene considerato un furbo dal suo vicino e ammirato per questo, non ci sarà nessuna legge in grado di cambiare davvero le cose.

La via maestra, ripeto, è quella di creare opportunità per tutti. E’ possibile, come oggi accade in grandi paesi quali la Germania. Non sono paesi perfetti e non sono meglio dell’Italia su tutto, ma sono i paesi dove più si è avuto il coraggio di cambiare anche a costo di scontentare qualcuno. Il coraggio di cambiare: questa è la spinta che serve.

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