Interviste

Intervista ad una giovane attivista musulmana

Diversi attacchi terroristici hanno colpito l’Europa tra il 2016 e il 2017, l’ultimo il 22 marzo a Londra, e ciò non fa che alimentare un odio razziale latente. In Italia, poi, il quadro si aggrava con la situazione dell’immigrazione e la speculazione di denaro che ci sta dietro, le false notizie e la mala informazione in generale. In particolare, ci si accanisce contro le comunità islamiche, spesso connotate da luoghi comuni del tipo “islamico uguale terrorista”. Ma come spiega Hajar, una giovane studentessa e attivista nell’associazione Giovani Musulmani d’Italia, e come dovrebbe dettare il buon senso, non si può fare di tutta l’erba un fascio, piuttosto ci si dovrebbe conoscere reciprocamente senza paura. Soprattutto oggi, memori di pagine nere di storia, di stermini e genocidi, dovremmo essere uniti per impedire che la storia si ripeta.

Che cos’è GMI e di che cosa si occupa?

Giovani Musulmani d’Italia (“GMI”) è un’associazione di promozione sociale nata nel 2001 che promuove l’educazione e l’impegno civile dei giovani musulmani all’interno della società. È un’associazione libera, indipendente e apartitica ed è trasversale ad ogni altra forma associativa musulmana presente sul territorio italiano con 51 realtà locali, costituita esclusivamente da giovani dai 14 ai 26 anni e con oltre 1200 soci. I Giovani Musulmani d’Italia sono, inoltre, tra i fondatori del FNG – Forum Nazionale dei Giovani, l’unica piattaforma nazionale di organizzazioni giovanili e promotori della Rete G2 che include tutte le realtà etnico-linguistiche culturali minoritarie presenti nel nostro Paese, tutelando i diritti dei nuovi italiani.

Come e perché sei entrata a far parte di questa associazione?

Sono entrata a far parte del GMI all’età di quindici anni, guardando delle foto sui social network. Le foto raffiguravano giovani ragazzi riuniti in cerchio che parlavano, ridevano e la cosa che più mi colpì fu il fatto che fossero musulmani. Cominciai ad informarmi circa l’associazione e scoprii un vero e proprio “mondo”. Sono entrata a fare parte del GMI perché ero alla ricerca di un luogo in cui potessi sentirmi a mio agio, nel quale condividere i miei pensieri e attraverso il quale trovare risposte. Fu nel GMI che compresi chi sono, da dove vengo e che cosa voglio diventare. Compresi lo scopo della mia vita. E devo a quest’associazione gran parte dei miei successi.

Qual è la condizione femminile all’interno dell’associazione e fuori?

La maggior parte dei responsabili sezione sono giovani donne. La maggior parte dei partecipanti, all’interno della sezione di Alessandria, sono giovani donne. Queste ultime sono molto attive all’interno dell’associazione ma anche fuori: nelle scuole, università, lavoro; non conoscono solo il GMI ma sono attive anche sul fronte dell’accoglienza dei migranti. Devo ammettere, però, che la strada verso la tutela dei diritti è ancora lunga. Soprattutto dopo la sentenza della Corte di Giustizia Europea, con cui si autorizzano i datori di lavoro a vietare il velo islamico, che a parer mio è in contrasto con uno dei pilastri su cui la stessa Europa è fondata: la libertà.

Che cosa ne pensi della situazione attuale sui migranti e le ripercussioni del fenomeno sull’opinione pubblica?

Premetto che non sono esperta in materia, ma cerco di rimanere il più possibile aggiornata. Penso che non sia il momento di costruire muri, isolarsi, farsi prendere dalla paura, bensì il momento di unirci più che mai. La storia ci ha dimostrato diverse volte che i problemi non si risolvono con la forza. Fuggire dal problema non ci aiuterà a trovare una soluzione, piuttosto, penso sia giunto il momento di affrontarlo a trecentosessanta gradi. Riguardo all’opinione pubblica, noto molta disinformazione dovuta ad alcuni programmi televisivi che trasmettono la realtà con una lente distorta e ciò genera paura e anche odio nei confronti del “diverso”.

Sempre per quanto riguarda l’opinione pubblica, mala informazione e notizie false sui social quanto incidono?

Come ho detto precedentemente, le notizie false e la mala informazione non fanno altro che aumentare la paura e l’odio nei confronti del “diverso”. Danno origine a stereotipi e a opinioni fondate sul falso.

Come associazione vi occupate anche di contrastare i luoghi comuni che emergono dai social e dalle politiche?

Assolutamente sì. L’impegno civile all’interno della società passa anche attraverso il contrasto degli stereotipi. La non conoscenza, che come abbiamo notato genera paura, si contrasta con il dialogo, motivo per cui tra le attività che svolgiamo troviamo conferenze, stand informativi, open day presso i centri culturali islamici locali e campagne. Ad Alessandria, per esempio, abbiamo organizzato diversi Open Day e conferenze aperte a tutti proprio perché siamo convinti che questo sia il modo migliore per contrastare i luoghi comuni e la paura. Essere attivi all’interno della società in cui viviamo è anche questo.

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