Attualità

Intervista a Mario Calabresi, direttore de La Stampa

di Irene Sterpi e Matteo Miglietta

 

Giovedì 6 maggio, in occasione della presentazione del suo ultimo libro, “La fortuna non esiste. Storie di uomini e donne che hanno avuto il coraggio di rialzarsi”, Mario Calabresi, il giovane direttore de La Stampa, è stato ospite al Collegio Nuovo a Pavia.
Di fronte ad un pubblico eterogeneo, Calabresi ha cercato di spiegare i motivi che l’hanno spinto a pubblicare un nuovo romanzo, dopo il successo di “Spingendo la notte più in là. Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo”.
Innanzitutto perché, dopo aver trascorso ben 18 mesi a seguire l’intensa campagna elettorale per le elezioni presidenziali statunitensi del 2008, sentiva il bisogno di dedicarsi a qualche progetto nuovo. Tuttavia, ha sottolineato bene che, anche dopo il secondo libro, lui si ritiene sempre e “solo” un giornalista, non uno scrittore.
Tornando al tema conduttore de “La fortuna non esiste”, Calabresi ha citato una frase del vicepresidente degli USA Biden, che riassume bene lo spirito che ha animato i protagonisti del suo libro: “Non importa quante volte cadi. Quel che conta è la velocità con cui ti rimetti in piedi”. Ed è proprio con questo entusiasmo che il direttore del popolare quotidiano torinese ha affascinato la platea raccontando sprazzi di storie di persone che sono riuscite a ricominciare da zero la loro esistenza. In ogni frase, però, si inseriva sempre qualche aneddoto dell’amatissima nonna Maria, mancata da poco, perfetto esempio di saggezza e di persona a cui è stata data una seconda possibilità fin dalla nascita.
Tra le tante, toccanti, storie, di chi ha dovuto reinventarsi una vita, ci ha colpiti molto quella degli operai della General Motors: dopo il licenziamento, senza farsi scoraggiare, incuranti dell’età (alcuni erano cinquantenni) sono tornati a scuola, iscrivendosi a dei corsi professionali all’università.
Al termine del suo coinvolgente racconto, abbiamo avuto l’occasione di porgli alcune domande.
Inchiostro – La recente crisi economica in Grecia sta avendo forti ripercussioni sulla popolazione, ci sono state delle proteste dei lavoratori…Ma in futuro, secondo lei, potrebbero esserci delle ripercussioni a livello sociale anche in tutto il resto dell’Europa?
Calabresi – E’ una previsione difficilissima da fare: il pericolo di un contagio c’è, anche se l’Italia mi sembra più solida perché abbiamo meno disoccupazione della Grecia e della Spagna, e abbiamo i conti un pochettino più a posto e soprattutto abbiamo una società, mi sembra, più stabile e solida. Però non è possibile escluderlo, possiamo solo sperare che non accada e sperare, appunto, che la situazione non peggiori globalmente e non travolga anche noi.
Visto che ha detto che bisogna guardare avanti alla fine del suo discorso, e ha avuto a che fare con il modello americano: l’università italiana e i giovani in Italia, che dovrebbero essere un po’ il futuro, spesso rimangono un…presente e basta. Come vede la situazione della ricerca?
Sostanzialmente due cose io vedo. La prima è che i problemi che vedo nell’università italiana, che resta un’università che dà una formazione culturale più ampia, per esempio, di quella delle università americane, sono: troppi pochi investimenti sulle università. Se guardiamo ai piani di rilancio dell’economia e di sostegno dell’economia sia in Cina sia negli Stati Uniti, una grande parte è stata fatta di investimenti sulla ricerca, sulla formazione e sull’università, con l’idea proprio che così si costruisce il futuro. Invece da noi sono stati fatti tagli, e questo penso che sia un non scommettere sulle generazioni future, un non scommettere sul futuro di un paese. E la seconda cosa: manca un reale orientamento sul mondo del lavoro. In questo senso: io penso che dovremmo uscire da quest’idea che se si danno troppe indicazioni sul futuro lavorativo allora si fa una cosa quasi immorale, che non va bene dare agli studenti, che lo studio deve essere una cosa che non ha niente a che vedere col lavoro. Perché il problema è che troppi studenti escono dall’università e si trovano in un mondo del lavoro di cui non sanno niente e in cui sono lontanissimi. Se pensate che nella sola provincia di Roma ci sono più avvocati che in tutta la Francia, allora vi rendete conto che forse una politica di orientamento e di spiegazione di dove sono le reali possibilità di lavoro secondo me sarebbe utile.

Lei ha detto prima che il gruppo degli operai della General Motors sta puntando sulle rinnovabili, sulla bonifica ambientale e sulle nanotecnologie mediche per la ripresa economica che ci sarà. In Italia invece, secondo lei, quali sono i campi su cui bisogna puntare per una ripresa economica?
Mah io penso che dovremmo puntare intanto su tutto quello che ha a che vedere con le nostre professioni tradizionali, quelle che tengono, come dicevo: noi puntiamo sulla qualità, per esempio. Esiste ancora un test di qualità? Allora dobbiamo puntare su quello, sull’agroalimentare di qualità, su tutte quelle cose…Però non dovremmo rinunciare a priori anche noi alle energie rinnovabili o appunto alle nanotecnologie e alla sanità, a fare investimenti su questo. Non possiamo pensare di essere soltanto produttori di buon vino e di lusso. Su quello dobbiamo investire e tenere la qualità alta, perché se stiamo sulla qualità medio- bassa, allora perderemo sempre la sfida con le altre nazioni.

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