Intervista a Daniele Bajoni: ricercatore dell’Università di Pavia

A cura di Edoardo Baldini

daniele-bajoni350

Nell’ultimo periodo si è discusso molto della ricerca in Italiana. Inchiostro, come ha già fatto in passato, vuole valorizzare il lavoro dei ricercatori della nostra Università ponendosi come obbiettivo quello di parlarne in futuro in modo sempre più frequente.

Per questo motivo siamo andati a intervistare il Dott. Bajoni, ricercatore dell’Università di Pavia, attualmente impegnato sullo studio del confinamento della luce a scale micro e nanoscopiche grazie all’uso delle nanotecnologie nei semiconduttori.

Inchiostro – Dott. Bajoni, lei è uno degli otto ricercatori pavesi ad aver vinto un prestigioso finanziamento per i suoi progetti di ricerca, nell’ambito del bando “Firb futuro in ricerca”. Ci può spiegare di cosa tratta la ricerca che svilupperà impiegando questi fondi?

Daniele Bajoni – Questo progetto fa leva sulle forti competenze in fotonica ed ottica non-lineare di diversi ricercatori dei dipartimenti di Elettronica e di Fisica “A. Volta” dell’Università di Pavia. Lo scopo è di usare guide d’onda nanostrutturate per amplificare le proprietà ottiche non-lineari del silicio.

Questo permetterà di creare dispositivi per il controllo dinamico della propagazione della luce, di ottenere la conversione di energia tra varie lunghezze d’onda su scala nanometrica e di realizzare la prima sorgente di coppie di fotoni che sia allo stesso tempo integrabile e basata sul silicio. Tale risultato sarà fondamentale per l’applicazione su larga scala di tecnologie emergenti quali la computazione ottica e i protocolli di informazione quantistica.

Crede che la professione di ricercatore e il desiderio di intraprendere la carriera accademica in Italia si possano considerare come vocazioni individuali? Mi riferisco soprattutto ai sacrifici che i ricercatori devono affrontare nel nostro Paese…

La scelta di qualsiasi professione dovrebbe essere fatta sulla base di una vocazione, specialmente in un paese avanzato come il nostro che dà praticamente a tutti, se lo vogliono, la possibilità di continuare la propria formazione fino al diploma universitario ed oltre. Fare carriera nella ricerca accademica è un percorso difficile e competitivo, nel nostro paese così come all’estero: richiede un continuo sforzo per aumentare le proprie conoscenze, duro lavoro e la disponibilità a spostarsi tra paesi diversi, soprattutto all’inizio. Ci si guadagna però una professione molto appagante, in cui si è liberi di seguire i propri interessi.

Dopo il dottorato si è trasferito in Francia al Laboratoire de Photonique and Nanostructures di Marcoussis. Ci può descrivere sinteticamente quali sono le maggiori differenze riscontrate nel sistema della ricerca francese rispetto a quello italiano?

Sono rimasto molto colpito dalla sistematicità della valutazione che viene effettuata ogni tre anni sia a livello personale (singolo ricercatore) che sui laboratori di ricerca. La valutazione si basa su parametri bibliografici oggettivi e i fondi vengono poi distribuiti di conseguenza. Un altro aspetto del sistema francese che ho sempre ammirato è il circuito delle grands écoles: in pratica ci sono alcune università di eccellenza (per esempio l’École Normale Supérieure di Parigi, l’École Polytechnique o l’École Nationale d’Administration), ben finanziate, cui si può accedere solo attraverso un concorso molto selettivo. Questo garantisce ai più meritevoli giovani francesi di poter accedere ad un sistema di istruzione molto superiore alla media delle altre università nazionali (e di molte europee).

Quando pensa al suo futuro, lo vede in Italia o altrove?

Decisamente in Italia.

Quando ha deciso di intraprendere la strada dello studio della Fisica e qual è stato il motivo che ha portato a questa scelta?

Sono sempre stato affascinato, fin da bambino, dalla capacità della scienza di riuscire a spiegare un numero enorme di fenomeni (dal colore del cielo, alla fusione nucleare alle oscillazioni in economia e migliaia di altri) basandosi solo su pochissimi postulati: già alle scuole medie avevo deciso che all’Università avrei studiato Fisica, per poter capire e conoscere come funziona il mondo che ci sta intorno.

Cosa consiglia ai giovani studenti che si avvicinano al mondo della Fisica o dell’Elettronica?

Gli strumenti della matematica sono fondamentali per capire e progettare i sistemi complessi che si incontrano lavorando in questi ambiti: un primo consiglio è quindi di dedicare tempo ed energie per studiare a fondo gli argomenti di matematica avanzata che si incontrano a mano a mano nel percorso di studi, anche se la loro utilità non è immediatamente evidente. Un secondo consiglio è di assecondare il più possibile la propria curiosità.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *