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INDIE #20: “Carol”

Cambi di sguardi e continui giochi di camera si alternano per tutto il film, passando dalle inquadrature attraverso i vetri e alla tecnica del campo-controcampo, per allontanare ed avvicinare le due splendide protagoniste, il tutto condito da un’atmosfera natalizia.

Eccolo qui il ritorno dietro la macchina da presa di Todd Haynes, che riaffronta così il tema delle barriere sociali, già trattato nel 2002 con il bellissimo Lontano dal paradiso. In quel film, la protagonista Julianne Moore si trova a lottare contro il pregiudizio razziale di una società borghese e chiusa nei sui falsi valori. A distanza di tredici anni, con un film ambientato nella New York degli anni ’50, il pregiudizio è di stampo sessuale e a combattere sono due donne: la splendida ed elegantissima Carol Aird (Cate Blanchett), donna borghese che sta affrontando la dolorosa fine del suo matrimonio, e la giovane Therese Belivet (Rooney Mara), commessa di un grande magazzino con una passione innata per la fotografia, imprigionata in una relazione con un ragazzo superficiale che non sente di amare.

Il film è basato sul lungo flashback di Therese, che ricorda tutta la loro storia. Gli sguardi sfuggenti del primo incontro, la paura di quella passione che cominciava a trapelare dialogo dopo dialogo, fino alla loro fuga d’amore verso ovest, come per evadere da un mondo che non era più il loro. Se all’inizio è Therese la più sperduta fra le due (forse per l’età o forse per quel sentimento che non aveva mai provato), durante il film è la matura Carol a perdere fiducia e a decidere di tornare sui suoi passi. Il divorzio dal marito, il rischio di perdere l’affidamento della propria figlia, fanno emergere in lei sentimenti di paura e disperazione. L’amore, quindi, non ha vita facile e deve combattere contro i pregiudizi.Il film è di un’eleganza e di una bellezza da perdere la testa, le due protagoniste ci regalano due prove di alto livello e Rooney Mara viene premiata con la Palma d’Oro come Miglior Attrice al Festival di Cannes.

A rendere questo film ancora più intenso, sono la colonna sonora di Carter Burwell, che riesce ad essere parte integrante della storia tramite radio e dischi, e la splendida fotografia di Edward Lachman. Il film è sicuramente una critica a quella società borghese degli anni ’50 ma è anche un un’ode all’amore, quello vero, quello che appunto nasce da pochi sguardi ma intensi e che piano piano matura, quello fatto di tenerezze, quello che non può essere urlato perché va contro i “valori morali”, quello che, tuttavia, vivono intensamente, per tutto il film, queste due coraggiose donne.

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