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#INDIE 19 – PIANETA AFRICA

di Demetra Trussardi

 

“Africa”: cosa ci viene in mente quando sentiamo o leggiamo questa parola?

Quelli di noi che alle lezioni di geografia al liceo non hanno solo fatto presenza, puntualizzerebbero che si tratta del terzo continente più grande del mondo, patria di più di un miliardo di persone e quindi di un sesto della popolazione mondiale. Si pensa all’Africa come “culla della vita”, o si ricorda la varietà dei paesaggi, forse alcune località turistiche, ma anche il colonialismo, le cosiddette “guerre dimenticate”, democrazie appena nate e vecchi dittatori, la povertà, le immagini dei barconi di immigrati che arrivano sulle nostre coste viste al telegiornale. Ma fra tutte queste mezze nozioni, quanto sappiamo davvero delle realtà quotidiana delle persone che queste situazioni terribili le vivono sulla propria pelle? Per fortuna non è necessario tentare una traversata del Mediterraneo su un barcone per scoprirlo. Esiste un mezzo molto diretto che riesce a supplire al problema: il cinema.

Al suo secondo appuntamento di quest’anno, INDIE (la rassegna di cinema indipendente organizzata dall’Udu) ha scelto di parlare proprio di Africa attraverso tre film che presentano le tematiche che, forse, ci riguardano più da vicino.

La più evidente è il fenomeno migratorio, sempre fonte di grandi polemiche, che alcuni ritengono giuste, altri demagogiche. Proprio sul momento della decisione di lasciarsi la propria casa alla spalle si concentra il primo film: Aspettando la felicità descrive le vicende di Abdallah, un giovane di passaggio nello sperduto paesino della Mauritania in cui è nato, in procinto di lasciarselo alle spalle per partire alla volta dell’Europa.

La Pirogue di Moussa Tourè si colloca nel momento logicamente successivo, e cioè quello del viaggio vero e proprio. Trenta uomini (più un’intrusa) partono clandestinamente dal Senegal diretti alle isole Canarie su un barcone che a malapena li contiene tutti, di quelli con motori assemblati con pezzi di ricambio scadenti pagati a degli strozzini con gli ultimi risparmi. La traversata dura sette giorni, e in questo lasso di tempo i passeggeri della “piroga” hanno il tempo di fraternizzare e di odiarsi a vicenda, di ridere insieme e di raccontarsi le proprie storie e le proprie speranze. Non tutti però sopravvivono al viaggio. Nonostante il tema, non si tratta affatto di un film dal ritmo lento. Per scelta dello stesso regista, che ha inteso tentare di inviare il proprio messaggio al maggior numero di persone possibili, fotografia, inquadrature e dialoghi si susseguono con velocità simili a quelle del cinema occidentale. Insomma, tra i tre è il film che “consiglierei agli amici”.

Infine arriva Timbuktu, di A. Sissako, lo stesso regista di Aspettando la Felicità.
Timbuktu è un film che parla sì di fondamentalismo islamico, ma soprattutto della natura umana. E più che con una storia e dei personaggi precisi (che pure sono presenti) lo fa attraverso molte immagini apparentemente slegate fra di loro: una ragazza che al mercato si rifiuta di mettersi i guanti perché le rendono impossibile pulire il pesce, le esecuzioni sommarie e gli interminabili “proclami” che annunciano il divieto di suonare o giocare a calcio da una parte, e dall’altra dei ragazzini che aggirano le proibizioni prendendo a calci un pallone immaginario, dei soldati che si fermano ad ascoltare le canzoni che dovrebbero vietare, o s’infervorano a parlare di Materazzi e Zidane. Per Sissako l’estremismo islamico non sarà mai in grado di vincere questa “normalità”.

La serata è stata organizzata in collaborazione con il Comitato Pavia Asti-Senegal e non è mancato un breve intervento di uno dei membri dell’associazione “Solidarietà-Dimbalente” di Voghera, che nel suo piccolo si occupa di tenere occupati i giovani immigrati con dei corsi di vario tipo, allontanarli dalla criminalità, farli collaborare con il comune di Voghera per iniziative a favore dell’integrazione. Non sono certo soluzioni radicali, ma qualcosa di tanto concreto non ricordo di averlo sentito da nessuno dei nostri super pagati politici.

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