INDIE #17 – La parte degli angeli
di Andrea Viola
Qual è il valore del perdono, della redenzione? È ciò che sembra si sia chiesto Ken Loach nel realizzare il suo ultimo film La parte degli angeli, vincitore del Premio della Giuria al Festival di Cannes 2012 – oltre che protagonista della maratona cinematografica alla rassegna INDIE #17 durante l’appuntamento di mercoledì 10 aprile. Una commedia morale dal sapore agrodolce in cui l’impegno, l’orgoglio e la speranza, uniti ad un pizzico di astuzia che male non fa, sembrano essere fili invisibili che muovono, un po’ a tentoni, le anime della storia.
Nella periferia di Glasgow, Robbie (Paul Brannigan) cerca disperatamente di diventare “grande”, scontrandosi con un animo irrequieto e con una naturale predisposizione a mettersi nei guai. Finito in giudizio per il suo coinvolgimento in una rissa con i bulli del quartiere, riesce ad evitare il carcere poiché in attesa di diventare papà. La fidanzata Leonie (Siobhan Reilly), incurante dei giudizi della sua famiglia, mette alla luce il meraviglioso Luke: è tenendolo in braccio che Robbie promette di voltare pagina per essere il papà migliore del mondo. Ad attenderlo, 300 ore di lavori socialmente utili assieme ad altri ragazzi “difficili”, occasione che gli permette di incontrare il supervisore del gruppo, Harry (John Henshaw). Un uomo generoso, una guida morale, uno “sponsor”, che introduce questo macchiettistico e maldestro team al fascino e alle meraviglie della degustazione del whiskey. Ma quando i nostri prodi scoprono l’esistenza di una botte rarissima dal valore inestimabile, in attesa di essere battuta a un’asta, Robbie (vero talento olfattivo) e la sua ciurma decidono di rischiare per l’ultima volta in nome di un futuro migliore. L’ultimo colpo: quello che permetterà a questa strampalata banda di sistemarsi – un colpo sulle note intense e torbate di un pregiatissimo Malt Mill, prezioso nettare capace di traghettare Robbie e, chissà, forse anche i suoi compagni di avventura, verso una nuova vita.
“La parte degli angeli” (come quella piccola percentuale di whisky che evapora nei diversi spostamenti dalla distilleria al bicchiere) è forse proprio quel pizzico di follia, di coraggio, di impulsività che spesso non si sa come raccogliere e dove ci porterà, capace però di generare uno scatto verso nuovi capitoli dell’esistenza, nella direzione di un cambiamento non solo esteriore ma, soprattutto, interiore. Eppure Loach sa bene che, sotto una pelle nuova, si nasconde pur sempre un istinto impossibile da trasformare, come quello di Robbie: un neo papà che, spinto da un cuore che straripa di amore, lascia riemergere il suo animo un po’ criminale e astuto, pur di regalare alla sua famiglia la serenità che si merita. Loach però conosce molto bene anche le dinamiche sociali di un mondo in cui il tempo dedicato al valore dei sentimenti e al sostegno del prossimo è un inutile spreco; in cui il delinquente viene marchiato come inetto, come rifiuto da smaltire, senza possibilità di recupero alcuna.
Il regista inglese insomma, da sempre vicino ai disagi sociali e alle condizioni della classe operaia, nel contesto di una pellicola apparentemente leggera e divertente sposa un punto di vista non facile: quello in cui emerge anche il lato da vittima che segna il delinquente e la possibilità di un suo reintegro e riscatto sociale.
Una commedia morale, quasi “cristiana” nei valori e nel messaggio di fondo che vuole comunicare, permeata da un alone di buonismo per nulla stucchevole o dal sapore artificiale e costruito; capace di reggersi anzi su un riuscitissimo equilibrio tra violenza e disagio che sembrano non voler abbandonare la tormentata vita di Robbie e momenti in cui non si può fare altro che ridere e commuoversi di fronte ai genuini valori della solidarietà e della riconoscenza.
Loach si mostra profondamente indulgente con il suo gruppetto di (ex?) “ragazzacci”, trasformando l’alcol in un mezzo di riscatto sociale. Il risultato è senza dubbio riuscito.