AttualitàCultura

InChiostroVeritas (7) – Tu chiamale, se vuoi, (e)lezioni…

di Matteo Merogno

Il mese di febbraio quest’anno è affollatissimo! Oltre agli ever green San Valentino, il Festival di Sanremo e gli Oscar, si aggiunge anche una ricorrenza molto popolare, che segue la regola dei corsi e ricorsi storici ogni quattro anni. E InChiostroVeritas non può astenersi dal comprendere, in modo un po’ diverso dal solito motivetto, queste che (per parafrase un noto cantautore) “tu chiamale, se vuoi, (e)lezioni…”

Le elezioni nascono come una delle più nobili espressioni dell’impostazione democratica del nostro Paese, integrano ogni uomo nella scelta del proprio futuro e perciò lo considerano maturo e consapevole abbastanza per scegliere responsabilmente. Quel tipo di uomo a cui Garibaldi, Mazzini e Cavour stringerebbero la mano con vigore, e lo ringrazierebbero per aver portato avanti quello che loro avevano cominciato. Aspetto meraviglioso, ma che oggi è inesistente. Non per fare di tutta l’erba un fascio, ma se non cerchiamo una buona volta di vedere le cose in una prospettiva diversa dal solito circolo vizioso lamentele-elezioni, elezioni-lamentele, credo che l’unica democrazia che rimarrà sarà quella… Anzi, non so se neanche se rimarrà! Uno scenario a dir poco apocalittico, la cui colpa viene automaticamente scaricata sulla classe politica, su queste quattro facce, di cui tre obsolete e una 90 per cento obsoleta e 10 per cento nuova, su questi partiti la cui unica innovazione è a mala pena il nome. Ma la colpa o – per essere eleganti – la responsabilità è nostra. In primis quando ci rifiutiamo di andare a votare. Certo, tutti ne abbiamo le scatole piene, anche perché ormai le campagne elettorali, sempre per colpa nostra, si giocano in televisione e tutto il giorno siamo costretti a sentirci umiliati da programmi elettorali che quanto a risultati farebbero invidia a mago Merlino; ma, comunque, non siamo giustificati. Non votare è il primo passo di un suicidio sociale e umano. Non votare significa sputare sul valore della democrazia, sui morti del Fascismo e del Nazismo, e se questo non vi basta significa sputare sulla propria vita. Dobbiamo ricordarci della Costituzione, di coloro che hanno pagato con la vita l’avere espresso il proprio pensiero, dobbiamo ricordarci del futuro che sarà inevitabilmente condizionato dall’atteggiamento che assumiamo nel presente.
Votare consapevolmente può essere forse un primo passo verso la tanto agognata svolta etica. L’etica infatti, anche se tutti se lo dimenticano, da un punto di vista logico viene prima della politica. L’etica è l’analisi del comportamento dell’uomo, la politica di un gruppo di uomini. L’etica è un frutto, la politica è una macedonia. E se io ho una macedonia disgustosa, non sarà per caso perché ogni singolo frutto è disgustoso? Io credo proprio di sì. E credo anche che quei frutti non siano solo i politici, ma siamo anche noi. Noi, quelli che se lo fanno gli altri per non essere “dei fessi” lo facciamo anche noi, quelli che non è mai colpa mia, quelli che ci fa tutto schifo.

È difficilissimo condire queste situazioni con un po’ di razionalità, ma è compito nostro. Non è un problema aver prodotto frutti disgustosi, basta capire dove si ha sbagliato e magari cambiare fertilizzante. Sperando così che queste elezioni tornino ad essere delle vere e proprie lezioni di vita!

Non ridere, non piangere, ma comprendi!

Per dire e suggerire: inchiostroveritas@gmail.com

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *