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InChiostroVeritas (18) – Atipici topici

di Matteo Merogno

In romanzi, film e saggi – molto spesso sottoforma di riflessione o frase ad effetto – viene toccato un particolare argomento: quello dei luoghi. Oggi se ne occupa anche InChiostroVeritas.

Le opinioni su questo tema sembrano ridursi, con le dovute differenze, a due. Coloro che considerano i luoghi come privi di alcun senso intrinseco, stupidi fatti, come forse avrebbe detto Nietzsche; e poi coloro che, invece, credono nella loro forza evocativa, li considerano dotati di un’essenza. Prospettiva che subito ci fa ricordare Spiriti di hegeliana memoria oppure, più semplicemente, qualche vecchia foto. A rompere questo dualismo, poi, si insinua la famosa tesi dell’antropologo contemporaneo Marc Augé che, superando questa distinzione, ne instaura un’altra: quella tra luoghi e non-luoghi. Da una parte quelli che l’uomo ha creato perché fossero abitati, vissuti, perché parlassero di lui in ogni sua sfaccettatura – la propria casa prima tra tutte – dall’altra quelli che hanno caratteristiche opposte. Aeroporti, campi profughi, centri commerciali, stazioni, scale mobili, ascensori. Tutti luoghi che si lavano le mani dai significati profondi e dai ricordi e, si potrebbe dire, “non avendo un senso” è come se non-fossero. Anzi sono solo non-luoghi. Certamente tutte queste impostazioni aprono le porte ad un ampio dibattito che potrebbe coinvolgere gli amanti della filosofia in uno scontro dal sapore socratico che potrebbe durare giorni, mesi, per i più coraggiosi e cocciuti anche anni. InChiostroVeritas, però, con la sua betoniera di fedeltà alla terra (per citare ancora Nietzsche, di realismo-pragmatismo) lascia perdere per un attimo i luoghi che comunque non possono dire la loro e pensa a chi li abita. Cioè all’uomo, a noi. Siamo noi e solo noi che possiamo dare un significato alle cose. Anche a quelle che a una prima analisi potremmo definire “di servizio”, semplicemente utili. Perché qualcuno su una scala mobile potrebbe aver conosciuto l’amore della sua vita, in un ascensore aver dato il suo primo bacio, in una stazione di servizio lungo l’autostrada trovato abbandonato su un tavolo il libro che gli avrebbe cambiato la vita. L’uomo ha il poter di trasformare un luogo da banale in magico, da stupido in significativo. Crea, alcune volte, degli atipici topici, o meglio, per essere fedeli alla lingua greca (o tòpos, ou= luogo): degli atipici topoi. Una panchina è e sarà sempre una panchina finché qualcuno non la demolirà, però fa la differenza sostarci solo per qualche minuto mentre si mangia un panino o andarci con regolarità, leggerci, sdraiarcisi sopra, addormentarcisi, recarcisi nei momenti di sconforto, condividerla con qualcuno di caro. Allora quella panchina diventerà la nostra panchina. E in questa prospettiva i non-luoghi vengono rispediti da dove erano venuti, nell’atteggiamento speculativo di qualcuno che invece di vivere la realtà ha preferito studiarla.

In questo tempo di crisi dell’uomo è interessante indagarne le qualità, tutto ciò che lo rende unico. E il suo potere di trasformare la realtà è, senza dubbio, da non sottovalutare. In meglio o in peggio? La risposta spetta a ognuno di noi e spero che quella della filosofia sia stata chiarita in queste righe. Mi vengono in mente le prime pagine de Il Piccolo Principe: il bambino ha disegnato un serpente che si è inghiottito un elefante, ma i suoi genitori vedono solo un cappello! Eppure “la realtà” è la stessa…

Non ridere, non piangere, ma comprendi!

inchiostroveritas@gmail.com

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