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InChiostroVeritas (20) – Don Gallo: un inno alla libertà!

di Matteo Merogno

«È morto Don Gallo!». Con queste parole è cominciata la chiamata di questa sera con una mia amica storica. La mia amica con la fede radicata nelle ossa, con la voce di Dio come costante fuori-campo della sua vita. Profondamente fedele forse all’unico messaggio della Bibbia universale, ammirabile senza troppe polemiche: la possibilità e la bellezza di amare.

Sembrano concetti in netta contrapposizione alla Chiesa che abbiamo imparato a conoscere, dagli anni trascorsi a catechismo, alle ultime twittate, registrate, stracommentate elezioni del Papa. Perché, infatti, non si tratta di Chiesta in questo caso, ma di persone. Quelle come la mia amica e come Don Gallo, che credono veramente e lo fanno scegliendo la via più autentica, come direbbe il teologo contemporaneo Vito Mancuso: mettendosi dalla parte degli ultimi. La mia amica alla stazione dei treni di Venezia; il geniale Don Gallo in mezzo alla strada, nei riformatori, tra i drogati e le prostitute, in mezzo agli emarginati. Come un cane in chiesa, per riprendere il titolo del suo libro uscito nel 2012. E come un cane Don Gallo ha agito e come un cane è morto, «perché tutti moriamo», come mi ricordava questa sera la mia amica al telefono mentre io con rabbia mi lamentavo di questa preziosa perdita. È vero: tutti «ce ne andiamo», ma come decidiamo di trascorrere il tempo su questa Terra dipende solo da noi. Don Gallo, la sua scelta, l’aveva fatta e il particolare più straordinario di tutta la sua personalità era il suo amore viscerale, la sua lotta atavica, la sua voglia matta di urlare a gran voce una parola: libertà. «L’ultima volta che l’ho visto aveva già superato gli ottanta, ma era ancora in grado di parlare in piedi davanti a un pubblico, camminando su e giù per il palco, perché ci teneva che le sue parole arrivassero alla gente forte e chiaro», mi diceva la mia amica mentre la riempivo di domande. Certamente la libertà di cui ci parlava Don Gallo, però, non era una qualsiasi. Non era la libertà di fare ciò che si vuole, la libertà di affermarsi a qualsiasi costo. La libertà di tutti in tutto. La libertà di Don Andrea era quella di amare: se stessi e gli altri. Nessuna clausola, nessuna regola, nessun pregiudizio. Nessun dogma. E l’amore di cui parlava non era solo quello delle nuvole rosa e degli sposi che dicono “lo voglio” davanti all’altare, perché dopo che ti sei calato nel mondo fatto di asfalto e disperazione, di povertà materiale e affettiva, di sangue e disprezzo puoi fare solo una cosa: comprendere che si tratta della realtà. E anche l’amore a quel punto non può che diventare reale. Questo era quello che prima di tutto Don Gallo faceva trapelare dalle sue omelie fatte alla comunità di San Benedetto al Porto di Genova, che aveva fondato, dalle sue apparizioni in pubblico, dalle sue interviste. Dalla sua vita. La morte ci renderà anche tutti uguali, ma nella vita abbiamo ampiamente la possibilità di distinguerci con le nostre scelte.

InChiostroVeritas questa settimana rivolge un pensiero a Don Gallo, a tutti quelli come lui e come la mia preziosa amica, che non sono “buoni cristiani” solo tra le panche della Chiesa con le candele accese e l’inebriante profumo d’incenso nelle narici. La loro fede è ovunque. La loro vita un inno alla libertà. Molte volte l’uomo si è interrogato sul credere o non credere in Dio: una volta fatta una scelta, sarebbe bello capisse anche qual è il modo più autentico per farlo.

Non ridere, non piangere, ma comprendi!

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