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Inchiostro a volontà 2018 | Ruggero Temporale e il quarto d’ora sempiterno (di Giuseppe Paolo Grieco)

Secondo posto al concorso letterario “Inchiostro a volontà”. Arrivato alla sua 13esima edizione il concorso tende a premiare gli studenti dell’Università di Pavia che hanno colpito la redazione e i tre giudici con i loro racconti. Alla giuria troviamo tre rilevanti figure dell’ambiente letterario: la Professoressa Gianfranca Lavezzi, lo scrittore e poeta Flavio Santi e il libraio Andrea Grisi. La premiazione si è tenuta il 5 dicembre 2018 alla libreria Il Delfino di Pavia.


di Giuseppe Paolo Grieco

Dai che è tardi son le 8!-
Due occhi nervosi fecero capolino fra le palpebre di Ruggero Temporale all’udire le urla della mamma venuta a svegliarlo. Un’esperta flessione del muscolo retto dell’addome tirò il ragazzo giù dal letto ad una velocità vertiginosa, non c’era un attimo da perdere! Di lì a poco il celebre fisico Maximilian Wolfgang Amadeus Planckton, noto ai più come Max, avrebbe tenuto una lectio magistralis di meccanica quantistica.
Centinaia di studenti avevano passato la notte davanti alle porte del dipartimento di fisica pur di accaparrarsi dei posti a sedere fra le prime file quella mattina. Tutti tranne Ruggero che, ancora in pigiama, non sapeva cosa indossare per l’evento. Fu comunque questione di qualche minuto e il ragazzo era pronto per affrontare la nuova fisica.

Prese le chiavi di casa, quelle che i genitori gli avevano dato il giorno del suo dodicesimo compleanno dicendogli – Mi raccomando Ruggero, ora che hai le chiavi non fare apri e chiudi con la porta, altrimenti rischi di usurarne i cardini-. Al ricordo di quella raccomandazione, il giovane ebbe un’idea: perché non attraversarla invece che aprirla?
Aveva letto a proposito di un “Effetto tunnel” secondo il quale, alcune volte, nell’universo, può accadere che una particella che urti contro una barriera se ne trovi direttamente dall’altro lato. In particolare, pur sapendo che questo principio era verosimilmente probabile solo per le particelle microscopiche, Ruggero si chiedeva se non lo fosse anche per un essere umano che, macroscopico rispetto ad una particella, era microscopico rispetto all’universo. Forte di questa considerazione, Ruggero si lanciò contro la vecchia porta.

L’evento inatteso accadde. Arrivato contro la legnosa barriera, Ruggero le passò attraverso e, a causa della forte rincorsa, l’effetto tunnel lo portò direttamente nel bar della sua facoltà!
La distanza si era annullata, ma non ci fu tempo per rilassarsi perché, lì al bancone, il professor Planckton beveva un caffè prima di tenere lezione.
–Professore…- disse Ruggero con voce tremante. Planckton non sentì e, finito il caffè, pagò il conto e si diresse verso l’aula. –Oh dannazione!- pensò Ruggero -Devo arrivare prima che il professore entri in aula e lasci fuori i ritardatari!- Non c’era però modo di arrivare prima di Planckton se non passandogli davanti, ma nessuno studente avrebbe mai osato farlo.

Girava da diversi anni una brutta storia su di un ragazzo che, osando superare il grande professore pur di non rimanere fuori dall’aula per il ritardo, venne convocato in presidenza da Planckton che, infastidito dall’affronto fattogli dal ragazzo, gli fece una proposta pericolosa:
-Signor Heisenberg- disse -fra i grandi fisici gira voce che quanto più precisamente si conosca la velocità di moto di una particella, tanto meno precisa sia la conoscenza della sua posizione. A tal proposito le chiederei un favore personale. Potrebbe, cortesemente, correre alla velocità di 6,62 m/s per verificare le loro supposizioni?-

Sfortunatamente per il ragazzo, però, quelle dei fisici non erano semplici supposizioni. Il giovane Heisenberg si mise a correre ad una velocità talmente precisa che divenne impossibile conoscere esattamente la sua posizione e fu così che si perse per sempre e nessuno lo ritrovò mai più.
Ancora oggi qualcuno che passa dall’aula di meccanica quantistica sostiene di percepire delle folate di vento provocate da quel poveretto, alla ricerca, da allora, di una posizione ormai perduta.
Memore di questa storia, Ruggero tentò il diversivo. Sedutosi al vecchio pianoforte del bar, attaccò con un giro blues alla Chuck Berry, canticchiando quattro paroline:
-Signor prof lei sa com’è, ma la serie di Fourier trasforma tutto in sinusoide e la sua testa in ellissoide- e con la mano destra eseguì una scala pentatonica.

Planckton si voltò. Ruggero schizzò via dal pianoforte, versò dell’acqua sul pavimento per ridurne l’attrito e si lanciò verso l’aula dritto in scivolata. Era ancora presto però, per cantar vittoria, perché Planckton, voltatosi nuovamente, riprese il suo incedere verso l’aula. Non c’era speranza, Ruggero sarebbe rimasto fuori. Sembrava finita, ma all’ultimo la situazione prese una piega diversa.

ùIl ragazzo tirò fuori dalla tasca un vecchio cimelio di famiglia: l’orologio gravitazionale. Chiunque l’avesse indossato sarebbe diventato il principe della gravitazione universale. Dodici ore per dodici gravitazioni. Bastava far ruotare la lancetta per aumentare o diminuire la gravità a piacimento, un po’ come giocare con la plastilina. Inizialmente Ruggero lo aveva utilizzato solo nel basket, per impedire a quelli della squadra avversaria di saltare per tirare a canestro, ma smise quando notò alcuni strani eventi.
La fisica diceva che più la forza di gravità è forte, più il tempo scorre lentamente. Fu così che una volta, un amico di Ruggero che saltò per tirare a canestro ricadde a terra solamente un anno dopo! Il poveretto era rimasto sospeso in aria per un intero anno, ma la cosa più inquietante fu che, una volta ridisceso, sostenne di non averci fatto neppure caso! Ruggero si ripromise di non utilizzare mai più l’orologio.

Ora, però, non c’era alternativa.

Il professor Planckton era quasi in aula. Ruggero spostò la lancetta sul 3. La gravità aumentò all’istante. Planckton si muoveva con fatica, il suo passo rallentò visibilmente, ma non bastava. Il ragazzo fece, allora, ciò che nessun uomo avrebbe mai dovuto fare: portare la lancetta sul 12.
La gravità divenne talmente forte che lo spazio sprofondò dentro se stesso generando un enorme buco nero!
Il ragazzo valicò la soglia dell’aula appena in tempo per non esserne inghiottito. Al suo interno circa trecento studenti si affannavano nel rivedere gli appunti prima dell’inizio della lezione. Ruggero, che conosceva la fisica e sapeva del pericolo che incombeva, urlò al microfono: – Ragazzi, ascoltatemi! Credo di aver ucciso il tempo, ma non l’ho fatto apposta, ve lo giuro! Però… però guardate il lato positivo, almeno adesso avrete tutto il tempo che volete per ripetere, tanto non credo che il professore
arriverà prima che il sole si spenga!- La pazzia si impadronì di lui. – Diamo il benvenuto, signori, al quarto d’ora più lungo della storia, qui, adesso, fra le mura di quest’aula. E se mai vi dovessero chiedere quanto dura l’eternità, voi direte: un quarto d’ora ahahahaha- La platea ammutolì.

Una voce dal fondo gridò – Ma che dici?!-

-Dall’alba dei secoli- disse Ruggero delirante- una forza più antica della più vecchia delle cefeidi pervade l’universo. Una forza talmente profonda da trattare spazio e tempo come fossero carta velina. Lo spazio si contrae e il tempo rallenta al suo cospetto e tanto più essa è forte, tanto più questi fenomeni sono marcati. Sto parlando della gravità signori, la signora di tutto l’universo. Restate qui se volete vivere, il professore non arriverà mai più, lì fuori la gravità ha generato un buco nero che ha inghiottito tutto!
– Pazzo! noi ce ne andiamo di qui!- gridarono tutti gli studenti che si fiondarono fuori dall’aula. Il buco nero li divorò senza pietà. Non rimase più nessuno. Solo Ruggero. Calò il silenzio. -Sciocchi- esclamò – credevate vi mentissi…-
Ruggero incominciò a sghignazzare in modo terrificante. La sua ragione non era sfuggita alle grinfie del mostruoso buco-. Poi una voce sconosciuta risuonò nella sua testa: -Il professore sta arrivando, muoviti a ripetere!- Gli occhi di Ruggero si spensero, estrasse un vecchio libro di meccanica quantistica e incominciò a studiare come se il professore stesse davvero per arrivare.
Nessuno, però, arrivò mai, perché l’aula era ormai separata dal mondo, persa, com’era, nelle profondità dello spazio e del tempo. Fu così che Ruggero studiò fino a che anche l’ultima stella del cielo si spense, estinguendo, con la sua morte, la luce dall’universo e dando inizio, in questo modo, alla notte senza fine. D’altronde come poteva sperare di continuare ancora a studiare?
Non c’era più luce!

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