Scienza

Il sangue non è acqua: la scoperta dei gruppi sanguigni

Da tempo remoto, il sangue è sinonimo di morte ma anche di “principio vitale”. In molte civiltà antiche si utilizzava per riti magici, veniva dato da bere e, sebbene non ne abbiamo prove certe, probabilmente veniva anche trasfuso. Il primo tentativo di trasfusione storicamente documentato avvenne invece nell’anno della scoperta dell’America, il 1492, per tentare di salvare la vita di Papa Innocenzo VIII: il trasfpontefice morì, così come i tre ragazzini da cui proveniva il sangue. Dopo questo episodio seguirono 400 anni di tentativi sporadici, tra benefici di scarsa rilevanza e risultati disastrosi, in cui si affrontò il problema di quale sangue usare, se animale o umano, e con che mezzi effettuare la trasfusione.

Alla fine del 1800 si era definitivamente stabilito l’utilizzo di sangue umano ma alta restava la percentuale di mortalità a causa di emboli per sangue coagulato, mancanza di asepsi e trasfusione incompatibile. Quando si riceve il sangue “sbagliato” si scatenano infatti delle reazioni immunologiche antigene-anticorpo e i globuli rossi del sangue donato subiscono una reazione di agglutinazione, cioè si formano agglomerati che precipitano. Il ricevente ha degli anticorpi specifici che si dirigono contro gli antigeni presenti sulle cellule del sangue donato e neutralizzano la carica elettrica  con cui normalmente queste cellule tendono a respingersi,  facilitando in questo modo il loro avvicinamento e una sorta di collegamento a ponte. Gli eritrociti così agglutinati possono ostruire i vasi sanguigni bloccando la circolazione oppure rompersi e rilasciare nel corpo composti tossici, con conseguenze fatali.

Questa fase sperimentale e rischiogruppi giocosa della storia della trasfusione finì il 21 Dicembre 1900 grazie ad una scoperta fondamentale che la trasformò in una vera procedura terapeutica: la scoperta dei gruppi sanguigni. Tutto partì dall’agglutinazione, e dallo studio che ne fece un giovane medico viennese, Karl Landsteiner.  Egli intuì che la causa del fallimento di alcune trasfusioni di sangue era da ricercare in ambito biochimico anziché clinico e che i tipi di sangue non differivano solo in base alla specie. Raccolse quindi molti campioni di sangue, separò i globuli rossi dal plasma e poi cominciò a mescolare ogni provetta di plasma con i vari tipi di eritrociti, mimando nel suo laboratorio gli effetti delle trasfusioni.

Ancora oggi per classificare il gruppo sanguigno di una persona si fa un simile test di agglutinazione. Su un vetrino vengono poste due gocce di sangue, ad una di esse viene aggiunta del siero “ANTI-A” e sull’altra siero “ANTI-B“. Se non si verifica alcuna reazione il sangue in esame appartiene al gruppo zero. Se si ha agglutinazione solo con l´anti-A il sangue è del gruppo A, cioè ha antigeni A, se reagisce con l´anti-B è del gruppo B, e se osserviamo la reazione di agglutinazione con l´anti-B e con l´anti-A il sangue appartiene al gruppo AB. test aggl

Landsteiner arrivò alla conclusione che l’agglutinazione non era una malattia ma era legata alle caratteristiche del sangue e che queste ultime fossero ereditarie e utilizzabili nei casi di dubbia paternità. Identificò poi i tre gruppi sanguigni A, B e C, poi chiamato 0 (ai quali i suoi collaboratori von Decastello e Sturli aggiunsero poi il gruppo AB).  Questo lavoro gli valse nel 1930 il Premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina. Oggi sappiamo che i gruppi sanguigni sono molti di più sebbene al di fuori degli AB0 siano molto rari. Costituiscono una delle tante forme di variabilità genetica ma, ancora oggi, non è possibile dire se le differenze presenti sia nell’uomo, sia negli animali costituiscano o meno un vantaggio dal punto di vista evolutivo, e se quindi esistano per tale motivo.

Pochi anni dopo la sua scoperta permetterà di salvare centinaia e centinaia di soldati durante la Prima Guerra Mondiale, evento che fece evolvere con urgenza le tecniche di trasfusione: fu usato per la prima volta il citrato di sodio come anticoagulante, dando inizio alle pratiche di conservazione e trasporto del sangue donato, e si impose la necessità di un Servizio Trasfusione. Nel 1927 verrà fondata in Italia l’AVIS – l’Associazione Volontari Italiani del Sangue.

Le scoperte di Landsteiner non finirono qui: scoprì l’agente eziologico della poliomielite e nel 1940, a New York, in collaborazione conschema il collega Alexander Wiener, individuò il fattore sanguigno Rh. L’Rh, così chiamato perché trovato sui globuli rossi di scimmie Macacus Rhesus, è presente anche nell’85% della popolazione umana: chi lo possiede viene definito Rh positivo, mentre chi ne è sprovvisto è Rh negativo. La sua presenza condiziona la compatibilità del sangue per le trasfusioni perché gli Rh negativi possono produrre anticorpi contro la proteina che non hanno e per questo ricevono trasfusioni solo da altri Rh negativi.

Il fattore Rh permise anche di spiegare l’origine della malattia emolitica del neonato (o eritroblastosi fetale). Questa si google-ricorda-karl-landsteiner-v2-264274-1280x720verifica quando, durante la gravidanza o il parto, i globuli rossi del figlio Rh positivo passino nel circolo della madre Rh negativa. Se la madre si immunizza formando anticorpi anti Rh-positivo, questi potrebbero attraversare la placenta e distruggere i globuli rossi di un successivo figlio Rh positivo.

Landsteiner proseguì instancabilmente la sua attività di ricercatore fino al 1943, anno in cui morì in seguito a un attacco di cuore mentre lavorava nel suo laboratorio. È grazie al suo lavoro che oggi il sangue può essere donato ed è realmente una fonte di vita.

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