Attualità

Il San Valentino controcorrente de I Salmoni

 

di Claudio Cesarano

 

San Valentino. Scene di una coppia che fa colazione a letto, che passeggia nel parco e va in giro in bicicletta per le strade della città. Tra una cena con gli amici e l’altra arriva, però, il momento serio: anello e proposta di matrimonio con tanto di cena dell’annuntio vobis d’ordinanza, infine cerimonia in Comune e festa con amici e parenti che ballano sorridenti. Niente di meno controcorrente per la giornata degli innamorati.

Aggiungiamo ora, però, che i protagonisti sono due giovani ragazzi gay e che il loro matrimonio non è nient’ altro che una storia impossibile in un paese come l’Italia. E’ questo il San Valentino dei Salmoni: controcorrente eppure totalmente comune.

Questo video è stato uno dei contributi al dibattito “Omosessualità: orgoglio e pregiudizio” organizzato dall’Associazione culturale Cartaspina e da Arcigay Pavia nel ciclo di conferenze “Salmoni: controcorrente si vive” e che ha visto la partecipazione del Presidente di Arcigay Italia Paolo Patané, del giornalista Giovanni Dall’Orto e dell’attivista transgender Valentina Canepa.

Il video, realizzato da Arcigay Brescia e visto più di 80000 volte in soli due giorni, racconta una storia banale, a tratti anche un po’ stucchevole, di amore e vita quotidiana di una coppia omosessuale. A detta di Paolo Patané, il video chiarisce il suo contenuto politico senza mai parlare di partiti o di leggi, ma semplicemente mostrando una storia comune: non la ricerca di una normalità ma l’evidenza di una normalità. Un modo, inoltre, per sfuggire alle distorsioni dei mass media: se non confinato nelle pagine di cronaca o di spettacolo, la gente conosce il mondo LGBT attraverso i servizi sui Gay Pride, o le dichiarazioni vaghe del politico di turno che prova a darsi un’aria progressista ma che durano giusto il tempo di andare in stampa o al contrario le provocazioni omofobe che vengono dispensate a ciclo continuo.

Largo spazio è lasciato al dibattito sull’associazionismo omosessuale in Italia della cui origine Giovanni Dall’Orto traccia un breve profilo. Embrione del movimento di rivendicazione omosessuale è il Fuori, nato negli anni Settanta dalla federazione di piccoli gruppi locali, che esce allo scoperto per la prima volta nel 1972 quando a Sanremo viene organizzato un congresso medico sulle cure per l’omosessualità: il Fuori organizza una manifestazione e l’evento viene interrotto dal lancio di bombe derattizzanti. Un origine tutta politica, insomma, con forti influenze del Partito Radicale e della Sinistra Rivoluzionaria: è proprio la politica l’unico modo per incontrarsi e conoscersi in un clima, che Dall’Orto definisce “tolleranza oppressiva”.

Nello scorso secolo, infatti, la questione omosessuale è stata quasi sempre lasciata alla morale e non allo stato: scopo delle istituzioni, sia in epoca fascista col Codice Rocco che nella lunga era della DC, è stato quello di evitare di parlare di omosessualità non soltanto per evitare scandali ma per negare di fatto l’esistenza di questa realtà. Nemmeno oggi, sottolinea Dall’Orto, nonostante i grandi cambiamenti della società, la situazione è cambiata molto a livello politico: i partiti  evitano di inserire posizioni precise nei loro programmi ed evitano “la questione omosessuale”. Il tutto nel trionfo di banalità quali “a casa loro facciano quello che vogliono” a inutile spiegazione di un vuoto legislativo.

Il Fuori era un movimento molto diverso rispetto all’Arcigay: non chiedeva pari diritti e non pensava al matrimonio ma al contrario cercava l’abolizione della famiglia e proclamava la rivoluzione. Si trattava, però, del rifiuto di un diverso tipo di modello: quella famiglia patriarcale, i cui i ruoli maschili e femminili erano rigidamente separati e in cui un omosessuale non avrebbe mai potuto riconoscersi. “Solo ora che il matrimonio è largamente accettato come l’unione di due persone che si amano ha senso rivendicare questo tipo di uguaglianza. Un’ uguaglianza che, però, deve essere totale: non si può puntare al ribasso nel rivendicare i propri diritti”. La critica è diretta ai PACS e a tutte le altre proposte legislative che cercano di venire incontro all’elettorato cattolico o a quello più intollerante. Non manca nemmeno un certo astio nei confronti di Equality e di Anna Paola Concia “colpevoli” di puntare al ribasso in materia di diritti. La famiglia, ricorda sempre Dall’Orto, non è stata inventata dalla Chiesa ma ha avuto diversi significati nel corso della storia “la Chiesa cerca di farci dimenticare questa varietà di significati imponendoci il proprio modello: non regge la scusa che l’Italia sia un paese storicamente cattolico, perchè tutti i paesi che hanno legalizzato il matrimonio tra persone dello stesso sesso sono storicamente cattolici primo fra tutti la Spagna”.

Dall’Orto non ha dubbi che la situazione disastrosa del movimento omosessuale sia legato al fallimento di una classe politica “Il movimento omosessuale in Italia si è fermato dieci anni fa con la formazione del PD che ha cercato di unire idee troppo diverse in un unico partito”.

Parlando del movimento omosessuale oggi, Patané descrive un grande universo di associazioni intorno ad Arcigay: ma, se loda l’azione di gruppi come l’AGEDO (Associazione genitori, parenti e amici di omosessuali) che hanno riempito alcuni vuoti, critica duramente quella che lui stesso definisce la “balcanizzazione del movimento” attraverso la proliferazione di associazioni parallele ad Arcigay. Strano che un’associazione che esalta la diversità sia essa stessa critica nei confronti della diversità all’interno del “movimento omosessuale” ed è ancora più strano che dopo aver criticato l’azione di un PD che cerca di unire istanze diverse l’Arcigay si proponga come unico interlocutore. E’ vero però che dopo il Gay Pride del 2007 (organizzato subito dopo il Family Day nell’anno del dibattito sui DICO) le richieste dei vari gruppi (matrimonio e legge contro l’omofobia) sono state più omogenee: la necessità di farsi sentire dalle istituzioni richiede un intervento deciso e compatto

L’ultima parte è interamente dedicata a Valentina Canepa, attivista transgender. I toni cambiano decisamente virando verso un racconto più intimo: Canepa, infatti, ripercorre la sua storia attraverso una raccolta di foto che descrivono la vita di chi nasce in “un corpo che non è suo e che deve ricorrere alla medicina per potersi armonizzare con la propria interiorità”. I problemi diventano molto concreti: l’accettazione di sé, le prese in giro della gente, pur sofferti, sono marginali rispetto alle difficoltà economiche del dover affrontare un percorso di trasformazione del proprio corpo. A chi le chiede consigli per affrontare la scoperte dell’essere trans Canepa risponde “Per prima cosa continuate a studiare”. La prima richiesta per il mondo trans è, infatti, quella di avere maggiori garanzie nel mondo del lavoro: non tutte sono “fortunate” come Canepa che è riuscita a mantenere il suo posto di lavoro in un ambiente, idealmente maschlilista come quello dei camalli,gli scaricatori di porto. Anche le divisioni politiche si rimodellano, Canepa, che pur è stata candidata coi Verdi in Liguria nelle Regionali del 2010 “Bisogna aprire il movimento alla base: militerei anche in Forza Nuova se servisse”.  Resta, però, molto sentita la necessità forte di mantenere un’unità quanto più possibile solida poiché, come i salmoni insegnano, per nuotare controcorrente è meglio essere in branco.

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