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Il salto d’appello? Quasi un lusso!

di Francesco Iacona

Pochi giorni fa, dando un’occhiata al blog di Inchiostro, mi sono imbattuto in un articolo inerente al tema del salto d’appello durante le sessioni d’esami.

Premetto che io sono contrario a questa pratica usata da alcuni docenti. La trovo priva di senso e, anzi, la vedo soprattutto come una punizione per lo studente.

Però, per esperienza diretta, posso dire che il salto d’appello è quasi un lusso se confrontato, per esempio, al sistema su cui si basa l’organizzazione degli esami nel sistema universitario spagnolo. Dico “per esperienza diretta” perché mi trovo attualmente in Erasmus in Spagna e sto avendo modo di confrontarmi con un’organizzazione accademica totalmente diversa per svariati aspetti, uno dei quali è proprio quello degli esami.

 

In primo luogo, gli esami in Spagna – secondo quanto stabilisce una direttiva nazionale – sono tutti scritti: gli orali non esistono, se non per quanto riguarda l’esposizione di lavori di gruppo integrativi della prova scritta.

In secondo luogo, e questo è l’aspetto più curioso, gli esami sono a pagamento. Mi spiego. Anziché pagare le tasse universitarie ogni semestre, gli studenti spagnoli le pagano tramite l’iscrizione agli esami. Ossia: ogni anno devono pianificare un piano di studi e scegliere quali corsi seguire per dare poi il relativo esame. Lo studente, così, dovrà pagare un tot per ogni corso che ha scelto, al termine del quale dovrà dare un esame. E se lo studente non supera il primo appello ha una sola possibilità (anche se a volte docenti magnanimi offrono qualche chance in più) di approvarlo in una seconda prova chiamata rivalutazione. Se anche in questo caso l’esito è negativo, lo studente potrà reiscriversi al corso solo l’anno successivo (o comunque più avanti nel corso della sua carriera universitaria) pagando un importo doppio rispetto a quello che aveva pagato per iscriversi la prima volta al medesimo corso. E se l’esame non viene superato neanche alla seconda iscrizione, la terza la si pagherà il triplo e così via. Inoltre, se non si presenta al primo appello, lo studente risulta come ritirato e non potrà presentarsi alla rivalutazione, dovendosi così iscrivere l’anno successivo pagando il doppio importo.

Insomma, questo sistema sicuramente scoraggia i perditempo e quegli studenti che senza studiare si presentano confortati dalla classica frase: «Ma sì, io ci provo, poi come va va. Bene che vada mi porto a casa un 18». Tutto ciò è sicuramente garanzia di una elevata preparazione globale dello studente. Però tale organizzazione è forse troppo esagerata e punitiva nei confronti di studenti che si ritrovano nella condizione di dare parecchi esami tutti concentrati in pochi giorni.

Detto ciò, credo di potermi ritenere felice del sistema universitario italiano che, seppur con varie falle e tanti problemi, forse non è il peggiore nel quale saremmo potuti capitare.

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