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Il ruolo di Enrico Fermi nel Progetto Manhattan

Le date del 6 e 9 agosto 1945 segnano eventi drammatici nella storia ma importanti nella scienza: trascurando il ruolo che le bombe atomiche hanno avuto nell’immaginario comune e negli scenari politici fino ad ora, soffermiamoci per un momento sul come l’uomo sia giunto a un tale risultato. Gli attacchi nucleari della Seconda Guerra Mondiale sono il culmine di un lavoro congiunto sviluppato da scienziati geniali quali James Chadwick (fisico inglese, vincitore del premio Nobel per la scoperta del neutrone), Arthur Compton (premio Nobel nel 1927),Enrico Fermi chalkboard_0 Richard Feynman (premio Nobel per l’elaborazione dell’elettrodinamica quantistica), Enrico Fermi e altri. Proprio quest’ultimo, vincitore del premio Nobel per “l’identificazione di nuovi elementi della radioattività e la scoperta delle reazioni nucleari mediante neutroni lenti”, ha avuto un ruolo centrale nel Progetto Manhattan. Il 2 dicembre 1942, il gruppo guidato da Fermi è riuscito, per la prima volta, a far funzionare una reazione nucleare a catena auto-alimentata: entra in funzione il Chicago-Pile 1, nei pressi dell’Università di Chicago. Tale evento è considerato come l’inizio dell’era dell’energia nucleare. Riporto qui parte della conversazione telefonica tra Compton e Conant (presidente del National Defense Research Committee) in occasione del successo di Fermi:

Compton: «The Italian navigator has just landed in the new world»

Conant: «Were the natives friendly

Compton: «Everyone landed safe and happy.»

Il Chicago-Pile 1 è quindi il primo reattore artificiale a fissione nucleare al mondo. Il suo funzionamento si basa sull’estrazione di energia attraverso il bombardamento di atomi pesanti con proiettili di varia natura: possono essere particelle sub-atomiche, come neutroni, protoni o elettroni ad alta energia, oppure un altro nucleo atomico.

In generale si possono presentare due casi: o il proiettile interagisce con il bersaglio attraverso il potenziale coulombiano senza modificare la natura del bersaglio stesso, e questo fenomeno si chiama scattering, oppure avviene una collisione vera e propria. Nell’ultima situazione bisogna tener conto del fondamentale principio di conservazione della massa-energia, che impone la trasformazione della massa in energia e viceversa. Il bombardamento causa l’alleggerimento degli elementi iniziali, Stagg_Field_reactorcon effettiva perdita di massa che diventa energia pura. Il ruolo dei fisici e tecnici nel Progetto Manhattan era proprio quello di controllare il rilascio di energia a proprio piacimento, in modo tale da farne un’arma.

Il reattore sviluppato principalmente da Fermi e Leo Szilard era così costruito: 45000 blocchi di grafite, del peso complessivo di 360 tonnellate, erano utilizzati come moderatori, cioè materiali in grado di rallentare i neutroni veloci, in modo tale da aumentare la probabilità di successo nella collisione; 5.4 tonnellate di uranio metallico e 45 tonnellate di ossido di uranio necessari come carburante. Il processo di decadimento spontaneo di alcuni atomi di uranio, che ha come risultato il rilascio di tre neutroni, innescava la reazione a catena. I neutroni, infatti, bombardavano gli altri atomi di uranio causando la fissione nucleare, con il conseguente rilascio di energia.

Il principio di conservazione alla base di questo lavoro è una conseguenza della teoria di Einstein del 1905; gli scopi bellici, in questo caso strettamente legati al risultato sperimentale, non hanno nulla a che fare con il progresso scientifico e, anzi, si può parlare di un risultato contingente al momento storico. È interessate però notare che già Enrico Fermi, nel 1923, aveva intuito le possibilità del risultato teorico: a testimonianza di ciò, si può leggere un testo dello stesso Fermi in appendice del libro Fondamenti della relatività einsteniana di August Kopff che viene riportato integralmente, per chi volesse, nel numero 14 della rivista Asimmetrie, sotto il titolo Le masse nella teoria della relatività.

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