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Il punto letterario – Misery (=conformism) needs company

di Elena Di Meo

Rappresentare uno spaccato della società, trarre le conclusioni di una materia, utilizzare istanti rubati alla quotidianità al posto di parole. Questi ed altri saranno gli elementi ricorrenti in quello che si prefigura come un tentativo di riordinare la realtà attraverso gli artifizi di un libro. Di qualsiasi sentimento si tratti, di qualsiasi situazione si voglia parlare, qualcuno ne ha già fatto l’oggetto dei suoi scritti e della sua fortuna. Non vi è un tema su cui qualcun altro prima di noi non si sia già interrogato.
Pertanto, forti della nostra capacità di immedesimazione, non ci lasceremo negare il diritto di prendercela con l’autore per aver involontariamente svelato troppo sulla nostra persona. Punto!

 

Passeggiando in queste mattine umide, avverto il ticchettio delle loro parigine farsi sempre più frenetico. Mi volto alla ricerca di alcuni particolari che mi permettano di riconoscere l’originale in un vortice di copie. Cellulare alla mano, maxi bag a braccetto e un solo charm a forma di cuore che impreziosisce il polso. No, non mi sto aggirando tra i dormitori di un qualche college americano super esclusivo: Pavia è solo una città universitaria come le altre.
Che volete farci, le ragazze di oggi si trattano bene. Hanno sempre un sorriso per tutti ma mai per loro stesse quando di fronte ad uno specchio vanno alla ricerca delle proprie imperfezioni.
Le ragazze di oggi sono indaffarate, modaiole e non sono mai sole. Whatsapp per farci sapere quali sono i loro impegni, Istagram per farci sapere cos’hanno mangiato a pranzo, Facebook per postare in bacheca istanti rubati alle conversazioni di Whatsapp e foto scattate con Istagram.
Ah, dimenticavo: le ragazze di oggi sono maledettamente egocentriche. Per affermare la loro popolarità, aspirano ad essere segnalate dai loro amici come quelle ragazze bionde, more o rosse oggetto di fantasie confessabili solo su Spotted.
In realtà, con questa premessa non si vuole dimostrare l’attendibilità di una leggenda metropolitana quale “LE RAGAZZE SONO TUTTE UGUALI”, versione misogina dell’oramai giurassico detto che le ragazze di sempre solgono ripetersi per giustificare qualche malefatta dei rispettivi lui. Caso mai, sarà il sistema a voler far di noi una serie di bamboline di carta che, treccine a parte, si tengono per mano nell’eterno giro dell’ignoranza. Ci sono habitat in cui il modello proposto trova terreno fertile e pone radici talmente profonde che solo un esorcista potrebbe estirpare la malefica banalità dai piccoli germogli.
Ma, fortunatamente, c’è anche chi si ribella. Ci sono le ragazze di una volta, quelle stesse che negli anni 50 hanno dimenticato di scolpire i riccioli ad alto volume suoi loro caschetti biondi: sono sempre esistite e sempre si sono ritrovate un passo avanti o un gradino in basso alla propria generazione, ma mai l’hanno presa per mano per varcare assieme la soglia di una nuova era. Le ragazze di una volta, per essere notate nel XXI secolo, devono giocarsi la carta del forse non sono figo, forse no/ ma sono bello dentro (come canta il pinguino più famoso d’Italia in uno dei suoi successi). Che debbano spendere gran parte della propria semplicità, e anche qualche neurone, poco importa: ciò che conta è il risultato, direbbero i più ottimisti. Ma quale risultato, dico io? Plasmare la realtà in modo che sia la società ad adattarsi alle vostre necessità; diventare il sole attorno al quale gira il mondo. Chi tra le ragazze di una volta non ci ha pensato almeno un istante? Eppure per raggiungere questo obiettivo occorre inventarsi un nuovo modo di essere che possa arruolare nuovi adepti.
Il conformismo, si sa, necessita di compagnia, indipendentemente da chi detta le regole del gioco.
Alle ragazze di una volta non resta che correre, quindi. Prendere il primo treno per la più grande fra le metropoli e sperare di non svanire nel nulla una volta svoltato l’angolo. Punto!

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