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Il punto letterario (12) – Sulla collina tutti riposano in pace

di Elena Di Meo

Al di là del vetro, il pianto furioso dei piccoli infrange ogni mio tentativo di autoconvincermi che la tenera età sia il momento della vita meno oberato da preoccupazioni per l’avvenire. Probabilmente nel reparto di neonatologia le infermiere saranno state scrupolose nel prender nota delle generalità degli ultimi arrivati, informazioni destinate a riempire una cartella di creazione troppo recente per esser già strabordante di fogli. Ma ciò che è impensabile trovare persino nel braccialetto alla caviglia della futura generazione di bipedi, non può essere dedotto da una semplice analisi: si sta parlando della storia dei posteri che una mano dal calco più definito di quello umano ha già trascritto nel Libro del Destino. Giacché una lettura così interessante non è oggetto di prestito nelle comuni biblioteche, non resta che domandare alla dea della fortuna di non sbirciare al di sotto della benda, mentre estrae a sorte il ruolo riservato agli abitanti di un villaggio qualsiasi.
Si può essere dotati così di un talento incredibile, ed essere distolti dalle attività che non producono sinfonie non appena si presenti l’occasione di una festa. Si può riversare l’amore non corrisposto per la famiglia sui pazienti, e divenire il ricercato numero uno a tutte le ore del giorno e della notte. Si può parlar d’amore nonostante madre natura non sia stata troppo generosa nell’atto di cospargere bellezza, ed esprimere comunque le proprie doti intellettuali nella redazione di un giornale. Qualsiasi persona si riesca a diventare, non ci sarà un solo vicino (di casa o di culla che sia) che, al momento dell’ultimo saluto, si astenga dal raccontare la propria originalissima verità sul conto del protagonista della dipartita. Onde evitare sovrapposizioni di inconcludenti e discordanti versioni, è bene quindi passare il microfono direttamente a chi ha vissuto la propria vita e lasciare che questo incida sulla sua tomba quanto di più lo rappresenti.
Dall’ascolto del messaggio di cui è il sommo portavoce, si apprenderà pertanto dal musicista la soddisfazione nell’aver portato al termine la sua esistenza senza un rimpianto, sebbene sia rimasto con un terreno incolto e con un violino spezzato. Dal racconto del dottore si sperimenterà un nuovo tipo di conforto di fronte al prato colmo di malati in lacrime, senza che si estingua del tutto lo sgomento causato dalla vista dello spettatore nascosto dietro l’albero. Dalla sventura della poetessa si evincerà il dolore per il trattamento sprezzante riservatole dai compaesani a causa del suo aspetto, e il desiderio che non venga dimenticata. Tra la malinconia delle anime trapassate e l’entusiasmo di un futuro idealizzato, si può anche cercare di attribuire un significato a questa esistenza, assumendosi quelle responsabilità che vennero negate in vita col timore di ammettere le propria viltà. E allora sì che la morte sarebbe un evento straordinario, da celebrare come se fosse una rinascita. Punto!

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