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IL PIÙ GRANDE SPETTACOLO DOPO IL VENTITRÉ

La ballata del ragazzotto cresciuto in Italia e che ha recentemente soprassalto Jordan nella classifica all-time per punti segnati in NBA.

ALTRO CHE IL COLOSSEO.
1984. Mentre negli States si cantano le epiche gesta di Bird e Magic, in Italia è appena arrivato un giovanotto statunitense che nel tempo farà parlare di sé. Kobe Bryant ha otto anni quando decide di seguire il padre, Joe Bryant, nella sua nuova avventura cestistica nella penisola italica: da Rieti a Reggio Calabria, da Pistoia a Reggio Emilia. All’inizio degli anni novanta Kobe, passando dalla Francia, torna in patria, per iscriversi alla Lower Marion High School. Qui sarà accusato di boicottare le partite della sua squadra, solo per poterle poi vincere alla fine (dove sta il divertimento se no?) e diventare il salvatore della patria. Nei quattro anni passati a Philadelphia, infrangerà il record di punti segnati per la zona liceale locale; tale record era prima detenuto da Wilt Chamberlain, il semidio che attualmente detiene, tra i tanti, il record NBA per punti in singola partita, 100 (in lettere, “cento”) e di rimbalzi, 55.

ALTRO CHE IL FOOTBALL.Los Angeles Lakers vs Utah Jazz,  Game 3
Le tigri sono animali che uccidono (anche) per divertimento, il Mamba, questo il soprannome di Bryant, lo stesso. “No mercy”, nessuna pietà. Senza passare dall’università si presenta nella NBA, nulla sarà più come prima. L’otto (poi ventiquattro), da buon ossessivo, pone subito il limite da superare: Michael Jordan, il più grande di sempre. Il primo meeting faccia a faccia tra i due sarà organizzato dal maestro zen Phil Jackson (datemi tempo, ci arriviamo), in modo tale che MJ convinca Kobe a giocare di squadra; ma, dopo una stretta di mano, le prime parole che usciranno dalla bocca del ragazzotto cresciuto in Italia saranno: “You know I can kick your ass one on one”. Solo l’inizio. Il capitolo conclusivo si svolgerà nel 2001, in occasione dell’ultimo All Star Game di Jordan: quando ormai tifosi e giocatori in campo sono pronti a far uscire Michael trionfante (aveva messo gli ultimi due per vincere), arriva lui a rovinare la festa. Due punti, supplementare e partita vinta. Ma non basta. Già, il guastafeste nel 2006 pone un nuovo limite: gli Stati Uniti, ma non solo. Gennaio, settimana del Super Ball: l’intero pianeta aspetta solo quello. O no? Bryant allestisce il set in quel di Los Angeles, in una partita qualsiasi contro Toronto, con la voglia di conquistare il mondo di Mignolo e il Prof, “fa quello che fa” ogni sera: canestro! Il tassametro arriverà a 81: record personale e seconda migliore prestazione nella storia NBA (meglio, appunto, solo Wilt). La catena alimentare è stata sovvertita: il Mamba ha superato la tigre.

IO E TE: IL TRIANGOLO.Jordan talks with Bryant
Kobe Bryant: 5 titoli. Michael Jordan: 6 titoli. Phil Jackson: 11 titoli. L’allenatore più vincente di sempre ha vinto con loro, e loro con lui. Il maestro zen, infatti, ha sempre predicato il gioco di squadra, all’interno del suo sistema offensivo. La
sideline triangle o triple post offense (chiamiamolo “triangolo”, va bene lo stesso) è un sistema che si basa non su una serie di “chiamate” da parte dell’allenatore, ma sulle letture che i giocatori in campo fanno, in relazione a ciò che la difesa concede, e sulla conoscenza reciproca tra i compagni. La fortuna del ventitré prima e del ventiquattro poi, ma anche quella dell’allenatore più vincente del mondo: avere al suo fianco due dei migliori di sempre. La pallacanestro più cerebrale tra quelle giocabili su un parquet, possibile solo a chi sorvola le alte volte celesti del gioco.

SON SICURISSIMO…
Un proverbio zen recita: “L’ostacolo è la via”. Non ci sono ostacoli, nemmeno strade da seguire: il Ventiquattro ha semplicemente aggiunto una pagina in più ai libri di storia dello sport. Il Big Bang esplose e creò la vita, Jordan pose fine agli anni ’80 di Bird-Magic e Kobe Bryan portò la NBA nel ventunesimo secolo. Un uomo che ha deciso di vivere ventiquattro ore al giorno, di alzarsi alle sei di mattina quando tutti gli altri sono in vacanza e di non passare la palla mai e poi mai se non reputa i compagni all’altezza della situazione. La sola ed unica voglia di vincere del Mamba. NBA, where amazing happens. Where Kobe happens.

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