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Il paradosso di J.J. Abrams: “The Cloverfield Paradox”

Quella di Cloverfield è probabilmente la saga più strana e atipica della storia del cinema. In principio ci fu l’originale Cloverfield (2008), monster movie prodotto da J.J. Abrams e diretto da Matt Reeves ricordato sia per la geniale campagna di marketing virale che precedette l’uscita in sala, sia perché il film stesso, girato interamente con la tecnica del found footage, si rivelò uno dei più lucidi ritratti del mondo post-11 settembre, pur parlando evidentemente di tutt’altro (se la gioca in questo senso con Il cavaliere oscuro di Nolan). Poi arrivò il claustrofobico 10 Cloverfield Lane, concepito inizialmente come The Cellar e convertito in un secondo momento in sequel di Cloverfield in seguito all’acquisizione da parte della Bad Robots, casa di produzione di J.J. Abrams. Diretto da Dan Trachtenberg e scritto, tra gli altri, anche da Damien Chazelle, il film si rivelò una delle pellicole sci-fi più apprezzate del 2016. Se possibile ancora più particolare infine è la storia del recente sequel/spin-off The Cloverfield Paradox: in sviluppo dal lontano 2012 e inizialmente intitolato The God Particle, il film diretto dall’esordiente Julius Onah è stato più volte rinviato prima di essere rilasciato a sorpresa su Netflix nella notte tra il 4 e il 5 febbraio, poche ore dopo il lancio del primo trailer ufficiale durante il Super Bowl LII. Una scelta apparentemente dettata da che alcuni fallimentari test screening che avevano fatto presagire alla Paramount Pictures, produttore insieme alla Bad Robots, un inevitabile flop commerciale. I “soli” 50 milioni chiesti dalla piattaforma di streaming per avere il film hanno rappresentato dunque il minore dei mali.

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Ma com’è, in definitiva, The Cloverfield Paradox? Innanzitutto si tratta di un film assolutamente cruciale per comprendere l’universo di Cloverfield, per certi versi il più importante fin qui nell’economia della saga. Senza svelare troppo su una trama che vive quasi esclusivamente dei suoi numerosi colpi di scena, in sintesi si può dire che la storia è incentrata su una équipe internazionale di scienziati inviati su una stazione spaziale, la Cloverfield Station, con il compito di attivare un potentissimo acceleratore di particelle nel tentativo di porre rimedio ad una grave crisi energetica che sta mettendo in ginocchio la Terra. Le cose però ovviamente non andranno come previsto, e tra dimensioni parallele impazzite e intricate linee temporali il legame con i precedenti episodi diventerà via via sempre più chiaro. L’immaginario proposto dal film dovrebbe invece ormai essere perfettamente riconoscibile per lo spettatore, che si imbatterà in personaggi, luoghi e situazioni viste ormai in ogni salsa nella fantascienza spaziale degli ultimi anni (Sunshine, Gravity, Passengers, Life – Non oltrepassare il limite, la stessa saga di Alien). Gli eventi sulla stazione (e, in maniera marginale, sulla Terra) si susseguono senza soluzione di continuità tra incidenti assurdi, comportamenti improbabili da parte dei personaggi e spiegazioni scientifiche su fisica e meccanica quantistica che lasciano il tempo che trovano, rifugiandosi un po’ troppo comodamente dietro il “paradosso” del titolo. Non convince la coppia di protagonisti formata da Gugu Mbatha-Raw e Daniel Brühl (quest’ultimo in una prova particolarmente incolore), mentre qualche sorriso lo strappa Chris O’Dowdy nei panni dello scienziato irlandese Mundy. Molto affascinante come look il personaggio di Elizabeth Debicki (già vista di recente in Guardiani della Galassia Vol. 2), ma il suo ruolo risulta forse quello peggio scritto. L’unico vero punto di interesse è dunque capire come il film si leghi alla saga di Cloverfield, e in questo senso non mancano diversi easter egg che incuriosiranno gli appassionati e una scena finale di grande impatto (nonostante venga di fatto spoilerata già a metà film).

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Alla luce del risultato finale si rivela dunque molto saggia la scelta di lanciare il film solo su Netflix, scongiurando così un probabile disastro al botteghino. Da questo punto di vista The Cloverfeld Paradox può essere un discreto fanta-horror con cui passare un’ora e mezza di intrattenimento senza impegno, utile soprattutto per non perdere il filo del discorso di una saga che a quanto pare da qui in avanti dovrà obbligatoriamente fare i conti con questo confuso ma decisivo capitolo. Il prossimo appuntamento con il “Cloververse” è fissato ora con Overlord, quarto episodio ambientato durante la Seconda guerra mondiale la cui uscita nelle sale statunitensi è attualmente in programma per novembre.

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