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Il Grande Gioco 2.0

di Nicolò Carboni

A Gaza si combatte. Di nuovo. Israele, stretto fra le incombenze elettorali ed un costante stillicidio dei suoi cittadini ha deciso di mostrare, per l’ennesima volta, i muscoli, mentre Hamas ed Al – Fatah dopo una durissima lotta intestina per il controllo dell’Autorità Nazionale Palestinese brancolano nel buio, la prima senza una linea politica credibile e senza agganci internazionali, la seconda orfana da ormai troppi anni di un leader credibile e rispettato.Dietro ai Tank israeliani e alle Kefieh arabe, però, un’altra guerra, forse più sottile ma non meno importante, sta mietendo le sue vittime. E’ un conflitto sotterraneo, combattuto a suon di telefonate, incontri e carte bollate dalle segreterie di mezzo mondo nel tentativo di estendere la propria area di influenza. Così, mentre a Gaza i morti civili hanno ampiamente superato ogni soglia di decenza, stiamo assistendo ad un altra strage, quella compiuta dai paesi emergenti nei confronti delle vecchie superpotenze occidentali. America ed Europa si trovano in un contesto che non avevano mai affrontato, per la prima volta dei paesi fino a poco tempo fa considerati poco più che ancelle, alzano la voce, facendo pesare sempre di più la loro presenza strategica. Non è un caso, infatti, che il premier turco Erdogan si stia muovendo con forza nella regione, ponendosi come un player di primissimo piano non tanto per la crisi in corso quanto per quelle future; è poi significativo notare come Israele abbia deciso di agire proprio in questo mese, approfittando del periodo di “Sede Vacante” a Washington. Mentre Obama si studia il discorso d’insediamento e Bush mette il nastro adesivo sugli scatoloni, infatti, neppure la Casa Bianca è riuscita a far sentire la sua voce, costringendo sia il (quasi) ex presidente che il nuovo arrivato ad imbarazzanti dichiarazioni di facciata. Per non parlare poi della Rice o della sua futura omologa, la Clinton che in questi giorni sembrano sparite da telecamere e quotidiani. Tornando sulla nostra sponda dell’atlantico registriamo l’ennesimo autogol italiano, con i soliti Berlusconi e Frattini che si sono già lanciati in rassicurazioni a trentadue denti, appoggiando in maniera pressoché incondizionata Israele. Inutile dire che, come sempre, la situazione è leggermente più complessa e, anzi, le prese di posizione nette sono quanto di più dannoso ci possa essere in politica estera, tantomeno quando si tratta di dover mediare fra uno stato che vive nel perenne terrore di essere annientato ed un popolo che sopporta da anni sanzioni, guerre civili ed estremismi. Frattini, fra l’altro s’è reso protagonista di una figuraccia di proporzioni epiche, ecco infatti cosa dichiarava con la sua solita aria da Marchese del Grillo, in Senato:

“Sia la collega (Tzipi) Livni a me, sia il presidente (Shimon) Peres al presidente (Giorgio) Napolitano hanno confermato di non avere intenzione di (sferrare) un attacco di terra su Gaza, per le conseguenze che questo provocherebbe: sia una nuova – seppure temporanea – rioccupazione di Gaza, da cui Israele si era totalmente ritirato, sia … per le conseguenze ancora più tragiche in termini di vite umane” (Reuters 30 Dicembre 2008)

Per fortuna che la Livni e Peres l’avevano rassicurato, chissà cosa sarebbe successo se non gli avessero detto niente. Probabilmente saremmo già alla guerra nucleare. Boutade ministeriali a parte, per restare nel Bel Paese, ci sarebbe piaciuto che almeno stavolta la Lega si astenesse dal commentare gli eventi, ma ormai il Carroccio è abituato a stupire e, puntuale come un orologio è arrivato il suo pertinentissimo dell’Onorevole (?) Claudio d’Amico:

“Le manifestazioni contro l’attacco israeliano a Gaza sono state soltanto un pretesto per la prima vera prova di forza da parte degli estremisti islamici presenti in Italia: e’ assolutamente stupido, infatti, non collegare le varie manifestazioni che si sono tenute sabato in molte citta’ italiane, ed in particolare a Milano e Bologna, dove addirittura le piazze in cui sono presenti i simboli cittadini, il Duomo e San Petronio, sono state strumentalizzate e fatte diventare il palcoscenico per una preghiera islamica” (ADNKronos, 5 Gennaio 2009)

Che dire, sentivamo proprio il bisogno di un po’ di sana retorica antiaraba e, così, per la cronaca aggiungiamo anche che il finissimo politico in questione fa parte della delegazione italiana presso l’OCSE. Li vanno proprio a scegliere con il lanternino.

Uscendo dalle nostre miserie domestiche, purtroppo nemmeno l’Unione Europea sta facendo una grandissima figura. Sarkozy, ha cercato di bissare il successo estivo nella questione Georgiana ma la fine del semestre di presidenza francese e la crisi economica non gli hanno permesso di impegnarsi come avrebbe voluto ed ora, dopo il passaggio di consegne alla Repubblica Ceca, ha promesso che continuerà ad impegnarsi a nome della Francia, ma non è ancora chiaro come (e soprattutto se) questa sua azione si coordinerà con i progetti comunitari. Schiacciato dall’egomania di Sarko, il premier ceco Topolanek sta cercando, per ora invano, di ritagliarsi un suo spazio dichiarando ad ogni giornalista disposto a mettergli il microfono davanti che è pronto a lanciare grandi intese internazionali, coinvolgendo tutti i player più importanti. Come farà il presidente di un paese che non conta nulla neppure in Europa a trattare ad armi pari con Bush e compagnia è ancora un mistero, mentre è lapalissiano il tentativo francese di rafforzare ancora di più la posizione dell’Eliseo ai vertici della politica comunitaria.

Con un’Europa debole, e l’America in stand-by, la parte del leone spetterà dunque ad Egitto, Turchia e, Siria. Damasco in particolare potrebbe cogliere l’occasione per togliersi di dosso l’etichetta di Paese Canaglia e, magari, avviare delle trattative per l’annosa questione delle alture del Golan; l’Egitto, con un’Iran sempre più aggressivo ed il resto dell’area sedotta dalle sirene cinesi, rimane invece l’ultimo vero alleato regionale degli Stati Uniti ed è indubbio che userà tutta la sua influenza sia all’interno della Lega Araba che su Hamas per cercare una soluzione che non dispiaccia alla Casa Bianca. Anche la posizione della Turchia è molto interessante, di certo Erdogan vorrà dar sfoggio di perizia diplomatica in un’ottica di avvicinamento all’Unione Europea, sfruttando la singolare caratteristica turca di essere l’unico stato “Laico – Arabo”, nonché un corridoio strategicamente fondamentale per eventuali operazioni umanitarie e di peace keeping.

Russia e Cina, dal canto loro, per il momento stanno alla finestra, anche se vedendo il precedente Libanese, il Cremlino potrebbe cercare di agire dietro le quinte fornendo supporto strategico ai Palestinesi in maniera indiretta, tramite la Siria ed i servizi segreti.

La battaglia per Gaza, dunque, si è già trasformata in uno scontro molto più grande, mentre i carri armati e gli F16 israeliani bombardano la striscia (trenta morti in una scuola, stando alle ultime agenzie) ed Hamas cerca di uscire dal pantano che ha contribuito a creare, il resto del mondo sta giocando un’infinita partita a scacchi e forse è proprio per questo motivo che in sessant’anni non si è mai arrivati ad una chiusura definitiva del conflitto mediorientale. Sembra di assistere per l’ennesima volta al Grande Gioco (o al Torneo delle Ombre, come lo chiamavano in Russia), il problema è che oggi gli attori e le pedine sono aumentati in modo esponenziale. Sarà ancora così facile vincere la partita?

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