Attualità

Il DDL Gelmini al vaglio del Diritto Costituzionale

di Irene Brusa e Rita Petrassi

Abbiamo chiesto al prof. Francesco Rigano, docente ordinario di Diritto Costituzionale alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pavia, un parere su alcuni aspetti della Riforma. L’intervista è stata realizzata il 13/12/2010, prima dell’approvazione definitiva del DDL-Gelmini al Senato.
Inchiostro – Art.17. 1 L’art. al comma 1 determina il diritto per i cittadini di riunirsi pacificamente e senz’armi. In questi giorni di proteste c’è stato, da parte di cittadini e forze dell’ordine, il ricorso alla violenza; quanto crede che questo comma sia stato rispettato? Cosa pensa di quello che è successo agli alunni di un istituto di Roma, ai quali è stato impedito di riunirsi?
Professor Rigano – La libertà di riunirsi è uno dei diritti fondamentali garantiti dalla nostra Costituzione a tutti, anche agli stranieri. Riunione è la presenza fisica di più persone in un luogo, ed è tutelata indipendentemente dai fini che i partecipanti si prefiggono; rientrano in tale nozione le adunanze, le assemblee, i cortei, i comizi. Quanto alle riunioni degli studenti ricordo l’art. 13 del d.lgs. n. 297 del 1994: “le assemblee studentesche nella scuola secondaria superiore costituiscono occasione di partecipazione democratica per l’approfondimento dei problemi della scuola e della società in funzione della formazione culturale e civile degli studenti”.
Secondo la disciplina costituzionale la riunione può essere vietata quando non si svolga “pacificamente e senza armi”. Quando poi la riunione si svolga in luogo pubblico, i promotori devono darne preavviso all’autorità almeno tre giorni prima dello svolgimento. L’omissione del preavviso è motivo di sanzione penale in capo ai promotori della riunione, mentre si discute se sia ragione di scioglimento della riunione: poiché il preavviso non è previsto dalla nostra Costituzione come esplicito limite al diritto di riunirsi, è condivisibile l’interpretazione più liberale che si tratti di un onere a carico dei promotori e che l’assenza del preavviso di per sé non giustifichi lo scioglimento della riunione. Certo è che il diritto di riunione è strumento della libertà di manifestazione del pensiero, sicché ogni impedimento può essere giustificato soltanto quando si evidenzino quei pericoli per l’ordine pubblico materiale che la Costituzione ha posto come limite. Quanto all’episodio dell’istituto superiore, da giurista ricordo che l’art. 14, comma 5 del menzionato d.lgs. n. 297 prevede che “il preside ha potere di intervento nel caso di violazione del regolamento o in caso di constatata impossibilità di ordinato svolgimento dell’assemblea”. La nozione di ordinato svolgimento si presta a giustificare limitazioni di portata più ampia rispetto a quelli previsti dall’art. 17 Cost. D’altra parte, non bisogna dimenticare che i partecipanti a tali riunioni sono anche minori, e dunque una maggiore sorveglianza è dovuta a presidio della incolumità fisica.

Art.34.3. L’art. al comma 3 determina che i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. Cosa pensa del rapporto che intercorre tra questo articolo, in particolare al comma 3, e la nuova riforma?
Anzitutto vi è un obbligo (e non soltanto un diritto) di istruzione per almeno otto anni, elevati (dalla legge n. 296 del 2006) a dieci anni. I nostri costituenti hanno voluto che fosse garantito un grado minimo di istruzione tale da porre tutti nelle condizioni di partecipare alla vita politica, economica e sociale del nostro Paese (come impone l’art. 3, comma 2 della Costituzione). Perciò questo livello di istruzione è gratuito.
In secondo luogo, i commi 3 e 4 disciplinano il diritto dei meritevoli di raggiungere i livelli di istruzione più alta (quella universitaria) e impongono di rendere effettivo il godimento di questo diritto attraverso l’erogazione di provvidenze finanziarie da attribuirsi attraverso concorso. Di questa previsione mettiamo in luce due aspetti: il merito come condizione per godere del diritto; le provvidenze come strumento per assicurare il godimento effettivo del diritto.
Sul primo punto, è chiaro che la valutazione della meritevolezza comporta l’indagine sul profitto scolastico come metro di selezione di coloro che possono godere di tale diritto. Per una simile selezione, credo siano interessanti i tentativi di elaborare forme di test, ancorati a materie determinate quali la matematica o la letteratura, da somministrare agli studenti delle scuole superiori. Le provvidenze devono sostanziarsi in forme di sostegno economico. Il tema cruciale è trovare meccanismi corretti dell’assegnazione: certamente il concorso come prevede la Costituzione, ma bisogna poi indicare i criteri di selezione per individuare gli studenti “privi di mezzi”. Questo è il profilo più critico poiché il meccanismo imperniato sulle dichiarazione dei redditi della famiglia di provenienza è viziato dalla situazione di evasione fiscale; ma d’altro canto è difficile trovare criteri di rilevazione del disagio economico diversi da quello della capacità fiscale delle famiglie.

Quanto alla riforma così detta Gelmini, dico subito che una riforma di effettivo innovamento esige risorse finanziarie, sicché la volontà di non erogare risorse adeguate finisce col rendere evanescente ogni dibattito sulla bontà delle proposte di riforma. Un Paese che non investe sulla formazione culturale dei giovani rinunzia all’essenza democratica del progresso ed è destinato a un triste futuro.
La riforma Gelmini prevede nell’art. 4 l’istituzione di un Fondo per il merito a livello nazionale che dovrebbe finanziare interventi di sostegno (dalle borse di studio ai prestiti d’onore). Si tratta di interventi tutti rimessi alla successiva disciplina di un futuro decreto ministeriale, sicché è oggi difficile esprime valutazioni. Alcune proposte, quali i buoni studio da erogarsi a favore degli studenti non abbienti e destinati a essere rimborsati nel periodo successivo alla laurea, mi paiono interessanti.

La scelta di molti rettori di sospendere le lezioni in numerosi atenei italiani è legittima? Può essere perseguibile giuridicamente?
Il dissenso e la protesta sono elementi fondanti del pluralismo democratico ed è legittima la loro manifestazione anche quando si sostanzia nell’astensione dal lavoro. Il diritto di scioperare è garantito dalla Costituzione all’art. 40, seppur nell’ambito delle leggi che lo regolano. L’astensione dalle lezioni e dagli esami da parte dei docenti universitari è legittima purché svolta con modalità tali da non compromettere il diritto allo studio degli studenti. Perciò credo che sia preferibile assumere forme di manifestazione del dissenso quali la promozione di pubblici dibattiti e l’intervento sui mezzi di informazione piuttosto che l’interruzione dell’insegnamento. La decisione di sospendere le lezioni dovrebbe essere il frutto di una decisione collettiva della comunità universitaria e non dovrebbe essere la scelta individuale del rettore. In ogni caso la sospensione delle lezioni non potrebbe essere protratta per un periodo di tempo tale da compromettere la regolarità dell’anno accademico: se ciò accadesse saremmo di fronte ad un comportamento illecito.

Nel caso in cui il DDL-Gelmini passasse al Senato, il cittadino in disaccordo come può agire per cambiare la situazione? Se non passasse, quale sarebbe il passo costituzionale successivo?
Il cittadino ha il dovere di applicare le leggi che sono state approvate dal Parlamento, ma ben può democraticamente “opporsi” sia alle leggi che reputa incostituzionali, sia alle leggi che non appaiano incostituzionali ma delle quali non condivida il merito. Diversi i rispettivi strumenti di opposizione: da un canto, fare in modo che la legge sia portata al vaglio della corte costituzionale; dall’altro, operare sul piano politico affinché i parlamentari modifichino le leggi, attraverso l’azione delle formazioni politiche, civili, studentesche, con la parola e non con la violenza.

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