Attualità

IL CORPO DEL REATO

Quante nudità, tra le notizie di questi giorni. Le foto rubate del seno di Kate Middleton; le squallide immagini a gambe aperte e lingue esposte dei festini della Regione Lazio; i corpi scoperti e gli sguardi fieri delle femministe ucraine del gruppo Femen. Tre tipi di immagini molto distanti, tuttavia accomunati da una medesima reazione popolare: lo scalpore. Ma se tutte le nudità, più o meno, si equivalgono, per quale motivo alcune suscitano reazioni fino all’isterismo, mentre altre passano inosservate, registrate con indifferenza anche in prima pagina di rispettabili riviste, o su manifesti tre metri per cinque in centro città?

Mostrare il corpo è un’arma temibile: è, insieme, una forma di potere per chi lo espone e un’oltraggiosa debolezza per chi se ne vergogna, rifiutandone la vista. Ci siamo buttati a capofitto sulle sgranate e inutili foto della moglie di William perché non ci sembrava vero di poterci voyeuristicamente cibare di una futura regina nuda, di esercitare – noi, plebaglia – tale sopruso su di lei, umiliata e fragile. Le femministe ucraine fanno scandalo perché mostrano i seni non come invito sessuale, ma come arma politica: non “sono tua, usami”, messaggio tollerato e incoraggiato nel mondo dello spettacolo al femminile, quanto invece “sono mia e non ho paura di usarmi”.

Resta da chiedersi: fin dove è lecito usarsi come strumento? Qual è il confine tra riappropriazione femminista del corpo, dopo secoli di repressione e oscuramento, e un atteggiamento spregiudicato che lede la dignità propria e del genere femminile tutto? Perché una cosa è certa: chi dice che, in Italia, le soubrette prestate alla politica agiscono utilitaristicamente nel pieno utilizzo dei propri mezzi, non convince. E ce lo dimostrano gli altri due casi citati: se un seno scoperto è tollerato solo “al servizio” di sguardi libidinosi, significa che la battaglia per la dignità femminile è tutt’altro che chiusa. E quando la politica si costella di ragazzette avvenenti senza alcun merito, è la figura di donna in generale che viene intaccata, con un pregiudizio alimentato dalla loro immonda nudità, così diversa da quella, orgogliosa e naturale, delle femministe ucraine.

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