BirdmenCinema

“Il cliente”, la verità ci rende liberi?

Teheran, oggi: a causa di alcuni lavori che hanno scosso le fondamenta del loro palazzo, una coppia di giovani sposi, Emad (Shahab Hosseini) e Rana (Taraneh Alidoosti), è obbligata a lasciare il loro appartamento. Entrambi sono attori e recitano per la stessa compagnia; proprio in quei giorni infatti si preparano al debutto a teatro con l’opera di Arthur Miller Morte di un commesso viaggiatore. La coppia racconta la drammatica vicenda della propria casa e la relativa necessità di trovare un’altra sistemazione alla compagnia, e, così, un collega gli propone un suo appartamento precedentemente affittato ad una particolare inquilina che, però, non vuole riprendersi le proprie cose. I nuovi inquilini, seccati da tale situazione, decidono di sgomberare la camera occupata dagli oggetti della vecchia inquilina senza il suo consenso, cominciando ad interrogarsi sull’identità di questa donna misteriosa. La vita sembra procedere normalmente fino a quando, una notte, in quella casa, accade qualcosa di sconvolgente che turberà per sempre le loro vite.

Una trama avvincente, seppur lenta ma mai noiosa, ci guida lungo le strade e la vita di Teheran, così controversa e complessa, fino ad uno straziante finale. Ciò che ci strugge e ci inquieta non è la ricerca di che cosa sia realmente accaduto quella notte, bensì la personale inchiesta morale su uno degli aspetti più complessi della vita umana: il perdono. Il cliente, candidato come miglior film straniero agli Oscar 2017, è un percorso difficile che si incontra e che si scontra con il violento desiderio di vendetta, la strenua e talvolta futile ricerca della verità e la forza del perdono. Così Asghar Farhadi, già pluripremiato per La separazione (2011) e Le passé (2013), ritorna su un tema a lui caro; ci fa immergere in un’analisi dostoevskiana sul ruolo della verità e, così facendo, ci chiede di interrogarci sull’eterna lotta tra la sete di vendetta e la magnanimità del perdono. Fondamentale è anche il luogo dove tutto si svolge: l’Iran. Il film muove velatamente, ma in maniera efficace, delle critiche verso la società iraniana, soprattutto per ciò che concerne la condizione delle donne e le continue violenze che queste ultime sono costrette a subire, costringendole così a vivere in uno stato di paranoia e di allerta continua.

La letteratura gioca un ruolo fondamentale in questa pellicola e di certo il riferimento all’opera di Miller non è casuale. Per tutta la durata del film, la piéce teatrale andrà avanti, mettendosi in parallelo alla difficoltà della vita e della verità. Lo scopo infatti dell’opera di Miller è quello di analizzare la vita dell’uomo comune che ricerca se stesso fino alla piena consapevolezza di sé, a qualsiasi prezzo essa debba essere pagata. Il regista, infatti, grazie a questa mise-en-abyme, ci permettere di leggere la pellicola  su due canali diversi che si ricongiungono nel finale. Un film con un cast degno di nota,  ricco di dettagli e di riflessioni, una fortissima tensione morale, sullo sfondo una Teheran che si mostra in tutta la sua complessità; e ciò ci obbliga a chiederci: la verità rende davvero liberi?


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *