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Il calcio evergreen: Francia, Germania, Spagna

di Stefano Sette

 

A differenza di quanto accade in Italia, nei principali campionati esteri l’età media delle rose è inferiore ai 30 anni.
In Francia e Germania, a causa dei rigidi parametri finanziari, le squadre non possono permettersi spese folli e, di conseguenza, investono gran parte delle loro risorse nel promuovere i settori giovanili. Basti pensare che Olympique Marsiglia, Lione, Bayern Monaco e Borussia Dortmund hanno un’età media under 27.
La squadra più titolata tedesca, il Bayern appunto, ha un’età media di 26 anni e 7 mesi, e nella stagione 2009-2010 ha fatto esordire in prima squadra un ventenne come Thomas Müller, che in una sola stagione ha realizzato ben 19 reti (tanto da guadagnarsi ben presto un posto da titolare nella Nazionale tedesca).
Anche l’età media dei club transalpini è sempre stata piuttosto bassa: le primissime classificate della Ligue 1 2009-10 (Olympique Marsiglia e Lione) hanno un’età media rispettivamente di  25 anni e mezzo e 23 anni e mezzo. Similmente al caso tedesco, anche le squadre d’Oltralpe hanno fatto esordire in prima squadra giovanissimi talenti: basti pensare al Monaco, che nel 1995 lanciò Thierry Henry e David Trezeguet (all’epoca 36 anni in due), futuri pilastri della Francia campione del Mondo nel 1998 e d’Europa nel 2000.
Questa filosofia ha inciso positivamente sulle rispettive Nazionali, ma spesso non ha contribuito più di tanto al rafforzamento della leadership dei club in ambito europeo (basti pensare che negli ultimi 56 anni il calcio francese ha ottenuto soltanto una vittoria in Coppa dei Campioni, proprio con l’OM, mentre le squadre tedesche si sono spesso rivelate inferiori a quelle inglesi e spagnole). Viceversa, il livello dei rispettivi campionati si è innalzato soprattutto in Bundesliga, al punto che club come il Wolfsburg hanno vinto il Meisterschale e altri come l’Hoffenheim (all’esordio nella massima serie) sono stati in testa alla classifica per metà stagione.
Anche nella Liga spagnola, i principali club hanno provveduto a ringiovanire: il Barcellona e il Real Madrid, le due squadre più titolate, hanno rose con età media rispettivamente tra i 24 anni e mezzo e i 26. Ma a cambiare è la filosofia dei club: se da un lato i dirigenti catalani hanno investito su elementi provenienti dalla “cantera” come Andrés Iniesta (1984) e Sergio Busquets (1988), dall’altro quelli madridisti hanno preferito puntare su giovani già affermati a livello internazionale come Cristiano Ronaldo (1985), Karim Benzema (1987) e i tedeschi Mesut Ozil e Sami Khedira, 23 anni e mezzo a testa. Anche altre squadre (come il Valencia) hanno seguito questa politica, che ha contribuito ai successi della Nazionale spagnola nel biennio 2008-10, in cui sono state utilizzate rose rispettivamente con un’età media di 26 anni e mezzo per l’Europeo 2008 e di 26 anni e 3 mesi per il Mondiale 2010.
Un fattore comune che unisce questi tre paesi è il coraggio: se un diciottenne della primavera ha talento debutta subito in prima squadra, e se l’esordio non è dei migliori gli viene data una seconda possibilità, fino a meritarsi la totale fiducia della società.
In Italia invece si tende a prestare i propri giovani a squadre di seconda fascia, senza mai verificare davvero il loro reale livello tecnico. Colpa delle società poco audaci, colpa dei tifosi tanto impazienti, colpa della facilità con la quale si fanno paragoni affrettati con i campioni del passato.
In Italia i giovani talenti non trovano spazio ed è questa una delle ragioni che hanno spinto il CT azzurro Cesare Prandelli e il vicepresidente federale Demetrio Albertini a proporre l’iscrizione di una rappresentativa Under 21 al campionato di Serie B.

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