Cultura

Il bottino del surfista di Malibù

“Why surfers should be fed” è il curioso titolo di un articolo del filosofo politico Philippe Van Parijs, volto a promuovere l’idea di un reddito di base garantito per tutti. Ma il titolo rivela la sottile tensione del caso: il suo è, prima di ogni altra cosa, un tentativo di “difendere” il Basic Income da coloro che vi vedono ben poche buone ragioni per promuoverlo.

Il reddito di base è un modo per redistribuire le ricchezze in maniera universale e incondizionata, ai singoli individui, a prescindere da qualsiasi altra fonte di reddito, dal lavoro che svolgono, o dalla loro soglia di povertà. Così facendo, non verranno corrette precedenti distribuzioni sfortunate (per arginare uno stato di povertà) ma verranno prevenute del tutto (per evitare “qualunque” stato di povertà), garantendo a tutti una piccola porzione di ricchezze. Ogni cittadino potrà sentirsi “al sicuro” ed in grado di esercitare la propria capacità di scegliere come vivere. Il surfista, come il professore di Berkeley, ha in teoria la possibilità di diventare chiunque desideri. Ora però, ha anche le possibilità economiche per farlo. Surfista e professore sono ciò che, con un reddito di base, due individui potrebbero diventare.

Questo suo profilo “incondizionato” può a volte diventare difficile da accettare e si può finire per porre “condizioni” a ciò che era nato per evitarle. Garantire o meno il “pane” ai surfisti del Pacifico dipende da come consideriamo il Basic Income: può essere un diritto o può essere un merito. Nel primo caso, il surfista, a prescindere dal fatto che occupa il suo tempo sulle spiagge di Malibù, avrebbe il pieno diritto alla sua porzione di denaro. Nel secondo caso, egli non meriterebbe la sua quota di reddito proprio perché è un surfista.

Gli oppositori al reddito di base non accettano che questo possa essere percepito da tutti, perché non tutti lo meritano. “Merita di ricevere denaro chi se lo è guadagnato” e quindi merita anche le possibilità in esso implicite. Il Basic Income incondizionato non è uno strumento “cattivo”, ma di sicuro non è “giusto”, perché qui la giustizia è un rapporto diretto tra il proprio sforzo e il prodotto del proprio lavoro. Redistribuire le ricchezze in parti uguali, ad un assiduo lavoratore e ad un fannullone (il surfista), significherebbe regalare a molti il frutto del lavoro di pochi, e generare in questo modo un lungo rapporto di sfruttamento. Il Surfista di Malibù sfrutta il professore di Berkeley perché utilizza la propria somma di Basic Income, accumulata anche grazie alle ore di lezione del professore, per “non fare niente” sulle spiagge californiane, e continuerà a farlo perché le risorse che riceve sono sufficienti allo stile di vita che si è scelto. Il Basic income sembra quindi legittimare scelte sbagliate. Nonostante il reddito di base venga erogato ad agenti morali responsabili, questo non potrà determinare le scelte effettive che compieranno, né il loro grado di responsabilità o lungimiranza nel compierle. Se le cose stanno in questo modo, il reddito di base genera sfruttamento mentre crede di generare benefici e se lo sfruttamento è intrinsecamente ingiusto, come può mai il reddito di base non essere affetto dallo stesso male?

Van Parijs, per salvare i surfisti del pacifico dal pericoloso status di “parassiti”, sostituisce ad una giustizia fatta di rigidi rapporti di corrispondenza, una giustizia che si regge sui beni che promuove. Il Basic Income è un “bene” che deriva la sua giustizia da un “bene più fondamentale”: la libertà umana. Un reddito di base incondizionato è “giusto” perché è intrinsecamente giusto garantire a tutti eguale libertà, in questo caso, libertà di scegliere come vivere la propria vita. La libertà umana non può essere soggetta a condizionamenti, se quindi è questo ciò che viene redistribuito sotto forma di ricchezze, sarebbe ingiusto rendere liberi alcuni e lasciare senza alternative altri. La responsabilità e la lungimiranza umana non sono in pericolo perché sotto la tentazione alle allettanti prospettive che il Basic Income offre, ma garantite da ciò che invece il Basic Income elimina. La garanzia di un piccolo fondo sicuro diminuirebbe i furti, la schiavitù, l’accettazione di un lavoro indesiderato, ogni forma di sopravvivenza che la mancanza di denaro stimola. In tal caso lo scenario dello sfruttamento potrebbe addirittura ribaltarsi e mostrare che, se sfruttare vuol dire utilizzare ingiustamente risorse per i propri scopi, allora i plurimilionari sarebbero altrettanto colpevoli. Non sfruttano forse le ricchezze più di altri? Non utilizzano molto più di quello di cui avrebbero bisogno? Il Basic Income garantisce solo quello che è necessario a soddisfare i bisogni di una vita dignitosa e sì, magari il cumulo delle ricchezze che viene ripartito è fatto in parte del frutto del lavoro di molti, ma ha un limite ragionevole. Cosa c’è di ragionevole nella mancanza di limiti che permette al milionario di volere sempre più di quello di cui ha bisogno?

Avere le spiagge di Malibù affollate da dozzine di surfisti potrebbe magari essere fastidioso, ma non sarebbe di sicuro un male da evitare, magari per alcuni potrebbe essere al massimo una situazione da educare. Circondarsi invece di individui sfortunati e lasciati in balia della speranza di nuove fortune, vorrebbe dire estendere lo stato di “insicurezza” dai “fannulloni” a tutti gli altri. Il professore di economia di Berkeley, finito il suo lavoro, potrebbe correre in spiaggia per finire di godersi la sua giornata. E guardando i surfisti roteare sulle onde, non vedrebbe alcuna differenza tra la qualità della sua vita e la loro, anzi, magari in quel momento reputerebbe quella scelta quasi più bella di quella che ha compiuto lui. Ma di sicuro, non meno bella.

2 pensieri riguardo “Il bottino del surfista di Malibù

  • Complimenti Sandra per esserti occupata dell’argomento partendo “dall’origine”: Van Parijis
    Stima totale per l’impegno. Credo solo che l’articolo, utilizzando un pò di argomentazioni (mutuate dall’inventore) avrebbe reso il tutto più incisivo. Soprattutto sul concetto che abbiamo di cosa sia lavoro. Questa è, per me ovviamente, la più grande rivoluzione dei left libertarian e soci.
    Un caro saluto,
    t.

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    • Sandra Innamorato

      Grazie per il tuo commento Tommy e grazie soprattutto per aver letto il mio articolo e per averlo apprezzato. Il tema trattato è complesso e molto più ampio rispetto alla sintesi che io ne ho fatto. Hai ragione, ci sarebbe molto altro da dire. Quando scelgo gli argomenti per i miei articoli, però, cerco di selezionare solo un profilo limitato del problema, dovrei altrimenti dilungarmi troppo,invece, facendo così, ho tanti altri profili in serbo per le prossime volte. Ti ringrazio davvero del suggerimento, tratterò il “lavoro” molto presto e attenderò una tua opinione.
      Un caro saluto,
      Sandra

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