AttualitàIJF

#Ijf16 – Day one

#Anythingtosay?

Eccola che si intravede da lontano, proprio in fondo al corso principale, essenziale, passa quasi inosservata, ma non deve, non può.

Eccolo il simbolo di questo Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia 2016, il cosiddetto “Ijf”, un evento al quale possono partecipare tutti, in effetti, ma che interessa soprattutto chi lavora nel settore o, più in piccolo, spera di poterci un giorno lavorare. In questi giorni le strade di Perugia brulicano di visitatori provenienti da ogni parte del mondo; ogni tanto si sente qualcuno parlare in inglese, spagnolo, tedesco… I partecipanti al Festival provengono proprio dappertutto, ma sono tutti accomunati dagli stessi interessi, dalla stessa passione per questa professione, spesso controversa, che sempre di più affascina, soprattutto i più giovani.

È anche questo l’obbiettivo principale dell’evento: permettere agli aspiranti giornalisti, ma non solo (partecipano infatti anche veterani del campo), di comprendere meglio come funziona davvero questo misterioso mestiere, aggiornarsi su temi di attualità e imparare ad apprezzare sempre di più i criteri e concetti che stanno alla base di questa professione: la libertà di stampa, di pensiero ancor prima, e la verità. Ed è qui che entra in gioco il famoso simbolo sopra citato: si tratta di un monumento itinerante intitolato “Anything to say?”, una scultura, meglio, un’installazione che ha fatto il giro d’Europa ed è giunta proprio qui, nella magnifica cittadina umbra, in occasione del Festival. L’opera, interamente in bronzo, rappresenta tre uomini in piedi su tre sedie e, accanto ad esse, una sedia vuota. I personaggi rappresentati sono tre “mostri sacri” del principio di libertà e di comunicazione nel giornalismo: Edward Snowden, Julian Assange, Chelsea Manning, che in nome della verità e della giustizia, con coraggio e una sfrontatezza non da poco, si sono opposti al potere e all’insabbiamento di verità scomode da parte dei governi. Il primo, informatico statunitense ex collaboratore della CIA, ha rivelato informazioni segrete riguardo intercettazioni, controllo e sorveglianza di massa da parte degli Stati Uniti soprattutto nei confronti dell’Europa; Assange invece è stato reso celebre nel 2007 dallo scandalo che avvenne quando l’organizzazione da lui fondata e gestita, WikiLeaks, pubblicò documenti riservati e top secret del governo americano. Aiutato nell’impresa anche da Manning, ex militare e attivista che durante il periodo in cui lavorò come analista per l’intelligence americana nelle operazioni in Iraq fornì a WikiLeaks molto materiale su cui lavorare. Inutile dire quale sia stata la fine di questi controversi personaggi che ora stanno pagando a caro prezzo il loro desiderio di verità. La sedia al loro fianco è vuota, poiché l’installazione è stata realizzata per essere “attiva”: ciascuno deve potersi erigere in piedi al fianco di questi personaggi se davvero desideroso di collaborare per cambiare le cose, far sì che la gente si muova esattamente come il monumento stesso che, spostandosi per il mondo, invita chiunque a farlo.

Spostarsi dalle proprie posizioni per vedere al di là, al di là di ciò che viene comunemente imposto da qualsiasi schema e qualsiasi forzatura politica. Ricercare la verità e la libertà di comunicarla, sempre, anche a rischio di cadere da quella sedia sulla quale ci si è alzati in piedi.

E voi, cosa avete da dire?

Claudia Agrestino

Sono iscritta a Studi dell'Africa e dell'Asia all'Università di Pavia. Amo viaggiare e scrivere di Africa, Medioriente, musica. Il mio mantra: "Dove finiscono le storie che nessuno racconta?"

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