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IJF18: Ciao mamma, vado in Africa

L’Umbria con la sua bella Perugia ha ospitato la dodicesima edizione del Festival Internazionale del Giornalismo, offrendo occasioni per riflettere su tematiche degne di essere trattate, esplorate, approfondite.

Giovedì 12 aprile, nella Sala della Vaccara, è tempo di Africa. Laura Pertici, vicedirettrice dell’area digitale GEDI, intervista le figure che gravitano intorno a Ciao mamma, vado in Africa, una serie tv trasmessa da TV2000 e successivamente condensata in una  web serie per Repubblica.tv. Il regista e film-maker Nicola Berti racconta, attraverso gli occhi di giovani medici italiani, che cosa significhi vivere nell’Africa subsahariana. Frammenti di quotidianità, racchiusi in cinque puntate andate in onda lo scorso anno, riscossero un sorprendente successo di pubblico. Paolo Ruffini, direttore di TV2000, avvalora Festivalquesto progetto in quanto rappresenta un contributo notevole alla trasmissione di una realtà che spesso il giornalismo non mostra adeguatamente, una realtà cruda che si può cogliere, parzialmente, attraverso le parole di chi l’ha conosciuta, come per esempio quelle di Francesca Tognon, dottoranda in Medicina, partita per l’Etiopia in qualità di specializzanda ed entrata così in contatto con il Cuamm, Medici con l’Africa. In rappresentanza di questa organizzazione, che dal 1950 opera con l’obiettivo di costruire un sistema sanitario nel continente africano per garantire alla popolazione locale il primario diritto alla salute, ha raggiunto il festival di Perugia il responsabile del progetto, Matteo Bottecchia, una figura fondamentale sul campo, che incoraggiò a lottare con ogni forza contro l’ebola, la terribile epidemia che nel 2014 mise in ginocchio numerosi Paesi. Matteo racconta di aver vissuto in Sierra Leone con la costante paura del contagio, un’ansia mordace e terribile, ma la determinazione non lo ha mai abbandonato ed è così riuscito ad assistere al “ritorno alla vita” di un popolo morente. Anche nel momento più drammatico, quando le compagnie aeree avevano cancellato ogni volo, i pochi sfuggiti al contagio lasciavano le loro terre, gli ospedali chiudevano e i rari centri di salute rimasti aperti erano privi di personale medico-infermieristico; i nostri medici erano là, pieni di speranza e con la voglia di sconfiggere quel mostruoso flagello. Il focus di attenzione del Cuamm sono le madri e i loro bambini; attualmente l’associazione coopera con sette Nazioni il cui tasso di mortalità infantile risulta tra i più elevati del pianeta: Angola, Etiopia, Mozambico, Sierra Leone, Sudan del Sud, Tanzania, Uganda. I risultati ottenuti sono sorprendenti, ma ogni successo è  un trampolino di lancio verso nuove sfide, un inizio e mai un traguardo.

Il merito di Berti risiede nell’essere riuscito a penetrare nella quotidianità dei giovani medici, nell’aver colto le motivazioni della loro partenza, nell’aver sondato il campo con rispetto e non invadenza, e nell’essere riuscito a raccontare l’Africa con una certa allegria e positività nonostante la sofferenza e la negatività di giorni difficili di morte e desolazione. Le fonti di ispirazione sono stati proprio quei dottori e cooperanti italiani in cui ha scorto umanità, energia, vitalità prima ancora che conoscenza. Come afferma Paolo Ruffini, l’Africa non è un altro mondo, ma è qualcosa che ci riguarda e su cui noi, abitanti di un continente che sta vergognosamente voltando le spalle ai drammi contemporanei, dobbiamo riflettere e rivolgere lo sguardo; qui, ora e poi. Alla domanda conclusiva di Laura Pertici su che cosa sia scritto nel loro futuro, gli ospiti non esitano a rispondere: “Africa! ”.

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