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#IJF14 – Quando il gioco si fa duro, ci pensa Nadia Toffa

Intervista all’inviata delle Iene a cui abbiamo chiesto perché Pavia è la capitale del gioco d’azzardo
La Sala Priori dell’Hotel Brufani di Perugia – che per l’ottavo anno ha ospitato il Festival Internazionale del Giornalismo – ha da subito solo posti in piedi. A fare il tutto esaurito non è solo l’ospite, la Iena Nadia Toffa, ma anche  l’insolito tema del panel. Si parla di gioco d’azzardo e degli 800mila italiani affetti da ludopatia, un disturbo del controllo degli impulsi. Sono almeno 32 milioni gli italiani che almeno una volta nella vita hanno giocato d’azzardo: un gratta e vinci, una giocata al casinò. L’inviata delle Iene ha voluto conoscere questi “malati del gioco”. È tutto nel suo libro Quando il gioco si fa duro, un’inchiesta che sta portando Nadia in un tour per l’Italia, a raccontare del fenomeno e delle testimonianze che  ha raccolto negli ultimi anni.

Durante il panel, ha raccontato con stupore di giocatori che ricordano la loro prima vincita come un vero colpo di sfiga (con il senno di poi) perché ti da quella sensazione di vincita facile e con poco sforzo. Identificano il periodo iniziale come quello della luna di miele, che ti fa sentire forte e vincente. Le sale Video Lottery Terminal (VLT) sono comparse come funghi e in tutta Italia al posto di tante attività che la crisi ha portato al fallimento. Sale gioco blindate invisibili da fuori: devi entrare per vederne l’interno. E non è certo per il rispetto della privacy tanta segretezza, ma per non dare al giocatore la sensazione del tempo che passa. Il sole non si vede, tutte le finestre sono oscurate, sostituite da enormi pannelli dove sono raffigurate belle donne e uomini vincenti tra denaro e fiumi di alcool, mentre sul soffitto casse di risonanza nascoste, trasmettono senza sosta il suono delle slot. Tappeti di velluto in terra e sale fumatori per non costringerti a lasciare la tua postazione. È un format e, come accade per la tv, se funziona perché cambiarlo? L’inviata ha poi raccontato il lavoro che c’è dietro a ogni biglietto gratta e vinci acquistato, dove nulla è lasciato al caso nei numeri che troviamo, sempre molto vicini a quelli che ci avrebbero fatto vincere, per lasciare nel giocatore la sensazione di aver “quasi vinto”. Che poi le probabilità che accada sono davvero basse, ma questo non  trattiene dal tentare la fortuna più spesso di quanto non si immagini. Anche il New York Times ha parlato di noi, in particolare di Pavia, considerata la capitale italiana del gioco d’azzardo.

Nadia Toffa all’IJF14

Inchiostro – Nadia Toffa, come mai una città del nord, considerata parte dell’Italia ricca, abitata per la maggior parte dell’anno da studenti, è la più soggetta a questa malattia?
Nadia Toffa – Ne ho parlato con i ragazzi del movimento NO SLOT nato proprio a Pavia. Fanno campagna di informazione e hanno distribuito l’ adesivo con il marchio ai gestori dei bar che possono affiggerlo sulle loro vetrine, per far sapere che nel loro esercizio non troveremo slot. Pavia è una città industrializzata, ricca, che ha avuto una forte crisi negli ultimi anni e chi ne ha risentito di più è stato il tessuto sociale delle seconde generazioni, i figli degli imprenditori, finiti più di altri nel limbo del gioco d’azzardo. Ci sono sempre stati i malati gioco, ma ora c’è il “boom”.

L’Italia è il quarto paese al mondo dopo Usa, Giappone, Cina, per diffusione e raccolta di gioco. Sono 400 mila le slot in tutto il Paese e il numero è destinato a crescere. Lo Stato purtroppo non tutela ancora i cittadini ed è quindi difficile debellare il problema o imparare a gestire il gioco d’azzardo, un fenomeno preso sottogamba ma ormai fuori controllo.

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