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III Classificato – “Good luck my babe” di Marta Mangiarotti

 

di Marta Mangiarotti

 

Tutti sanno che Solone se ne andò. Che Giulio Cesare rimase. Che Elisabetta I stette ben ferma, e che Anastasia partì. Qualcuno sa perché? E se si chiese che fare?
Alla prima domanda crediamo di poter rispondere: documenti di storia ci attestano che abbiamo ragione. Ma non sapremo mai le loro ragioni profonde.
Alla seconda domanda, invece, ciascuno di noi sa rispondere, senza testimonianze: “Sì, se lo chiese.”
Perché ogni uomo e ogni donna che ha messo piede sulla terra ha avuto almeno un momento in cui ha scelto se restare o andarsene.

 

– Che tema banale – pensava Maddalena, passeggiando tra i chiostri. – Ormai non se ne può più, tra Fazio e Saviano quanto ce l’hanno menata?
Così Maddalena accoglieva la notizia dell’ennesimo concorso letterario a cui non avrebbe partecipato. – Tanto che aveva da dire?
E poi, questa traccia… – Canzoni su canzoni, poesie e romanzi scritti su quella terribile domanda: a chi una volta non era capitato domandarsi se fosse il caso di restare o scappare? O se fosse meglio bloccarsi o trovare il coraggio di andare via?

Troppe storie per scegliere di raccontarne una soltanto.

 

 

Pietro è fermo all’altare. Gente già commossa lo guarda stare quasi sull’attenti, nel suo vestito buono.
Intanto, la voce di suo fratello impera nella sua testa “Pietro vieni! Andiamo sui monti! Per l’Italia!”. Alessio è appena partito volontario nella brigata Garibaldi.
Ma qualcuno deve pur portare avanti il lavoro in cascina…
Chissà se Mariella avrebbe mai capito. Lei vuole dei bambini. Dei bambini! E lui che sognava di andare in città e diventare ricco, come quel cugino che era tornato con una macchina, una volta. Poi era scoppiata la guerra.
Mariella sta entrando in chiesa. Pietro ha ormai pochi istanti: resto o vado via?
Heléna era quasi pronta per il ballo. La balia le stava stringendo gli ultimi lacci del corpetto. I capelli erano raccolti superbamente; Helena vedeva il fermaglio di sua madre trattenerle i riccioli rigonf dallo specchio dorato dietro di lei.
In età da marito, la fanciulla non poteva essere più splendente. Persino quel velo melanconico che le ingrigiva gli occhi non faceva altro che rendere la sua bellezza più intricata, adulta, estremamente nobile.
In un boato di tuono, il balcone s’aprì, rivelando il ramo d’albero che tante volte, quand’ella era poco più che infante, s’era fatto scala verso un mondo odoroso e reale.
La vecchia balia passò nell’anticamera e prese le gioie dal cofanetto. Heléna domandava una sola cosa a se stessa: se restare o scappare dalla fnestra.

 

 

[…]
Ed Ettore alla sua Andromaca sorrideva, e baciava Astianatte,
con la ferezza e la dolcezza
che solo un re
ed ogni padre ha. Conosceva la sorte di Ilio: la fne era giunta.
Forse,
per un momento,
si chiese:
“Restare o andarsene?”
[…]
Quando Mr. J. scoprì che la Xxxx Corp., di cui era amministratore delegato, stava distruggendo ettari ed ettari di foreste, non se ne fece una questione morale. Qualcuno voleva comprare, qualcuno doveva vendere. Qualcuno doveva produrre!
Un pomeriggio suo fglio S. gli chiese aiuto per il compitino sulla Terra. Mr. J. cercò di glissare sui Grandi Ghiacci: che si stavano sciogliendo non era il momento di dirlo al suo bambino perfetto. Ma no problem: tanto S. chiedeva delle foreste: “Ci vive Tarzan papà!”
Di colpo Mr. J. si sentì un assassino.
Il giorno dopo, entrando nel suo ufcio nel centro pulsante di Manhattan, pensava solo: “Should I stay or should I go?”
Siamo tutti convinti che Cristoforo Colombo non volesse restare. Ha fatto di tutto per trovare tre barchette e convincere il mondo che aveva ragione. Ma secondo me, per mezzo secondo, quando ha visto Sottoripa allontanarsi piano piano, che ancora stava solo andando in Spagna, beh, come non ha potuto domandarsi se restâ ancun na seman-na, un-na süla? Zena a l’è na muë: cumme ti-a lasci?
Antonio non si è mai mosso dal suo paese. Non gli interessa del boom economico. Ne parlano alla radio, ma tanto lui la radio manco ce l’ha. Lui c’è nato e ci morirà nel suo paese! Non c’è nemmeno la strada per andarsene, fgurarsi! Se vuoi andare in valle devi prendere il mulo o camminare. Ma tanto l’orto è dietro casa e le vacche nella stalla.
C’è una taverna nel suo paese, e l’oste va una volta alla settimana a prendere il vino. Ogni sera la stessa storia: il giorno dopo la sveglia è alle 5. Era il caso di andare a fare quella partita a scopone o di starsene a casa?
Ilenia non poteva farcela – Adesso me ne vado! Questa è l’ultima volta!.
1 Genovese: se “restare ancora una settimana, una sola? Genova è una madre: come la lasci?”
E sbraitava, sbraitava ma non se ne andava mai. – Questa è l’ultima goccia! – urlava. – Potete tutti andarvene a quel paese!
Ilenia ogni giorno tornava in negozio, apriva lei. Stava tutto il giorno in cassa. I suoi fratelli facevano i bilanci, dicevano. Ilenia rendicontava, faceva le fatture, andava all’Agenzia delle Entrate e dal commercialista. Ilenia parlava coi fornitori, faceva la vetrina, era gentile con le clienti. I suoi fratelli facevano delle “commissioni”. Ilenia chiudeva il negozio. Alla mattina dopo non era raro che trovasse birra a terra e mozziconi di sigarette spente sul bancone.
– Questa è l’ultima volta! Io me ne vado! Che si fottano!
E intanto non se ne andava mai.

 

 

Irina è bellissima. Sapete di quei romanzi in cui c’è una spia russa bellissima e camaleontica? Maddalena pensava così di Irina. Pensava fosse una spia russa bellissima e camaleontica, come nei romanzi.
Maddalena pensava che l’avrebbe dovuto scrivere Irina, che davvero era venuta da lontano, qualcosa sul restare e sull’andarsene.
Quante storie erano venute in mente a Maddalena, tutte così diverse: di alcune nemmeno sapeva la conclusione. Solo conosceva bene il dubbio dei suoi personaggi, perché era lo stesso che attanagliava anche lei.
Invece la sua amica aveva qualcosa di interessante da raccontare: Irina appena arrivata non conosceva nessuno e non conosceva la lingua. E tutti la prendevano per una che si comprava la cittadinanza sposandosi qualche vecchio bavoso. In fondo era russa, e quelle dell’est si sa… Dovrebbe proprio scrivere qualcosa – pensava Maddalena. Irina, poi, è bellissima, quando ritirerà il premio farà bella fgura.
– Dai Irina, scrivi tu qualcosa! Io che ci scrivo? Che non sapevo se andare in Erasmus perché non volevo restare indietro con gli esami? Che non mi davano la borsa? Che non trovo lavoro in Italia per la crisi e che c’è la fuga di cervelli? Che è tutto un casino? Che non so se voglio davvero lasciare la mia famiglia e i miei amici e il mio ragazzo?
– Dai, Irina, scrivi tu qualcosa! Io che ci scrivo? Che restare a volte sembra la sconftta di quelli che non hanno coraggio? Che a volte andarsene è non combattere più? Che vorrei restare per cambiare le cose, ma che più di 1000 euro all’età che ho non li posso nemmeno pensare e devo ringraziare se non mi prendono a lavorare come una schiava – leggasi stagista? Che vorrei andarmene, ma temo che non tornerei?
Che gli frega di tutto questo Irina? E’ banale! Siamo tutti nella stessa situazione ormai. Te ne vai o resti? E come fai, sbagli. E la maggior parte dei fortunati, poi, a chi la raccontiamo, sono quelli che se ne vanno. E quelli che restano ti fanno venir ancor più voglia di andartene, se non vuoi rischiare l’esaurimento. O forse dovremmo tutti tornare in massa. O semplicemente seguire le nostre aspirazioni. Alcuni semplicemente vogliono andarsene, altri no. Che c’è da scriverci? Non interessa a nessuno. I soliti lamentosi, no, Irina? Ci hanno detto che non dobbiamo lamentarci. Sono problemi personali, tra l’altro, storie che senti tutti i giorni.
– Dai Irina, scrivi qualcosa te!Sul KGB! Di che vuoi scrivere? Tanto anche
dell’immigrazione non gliene frega niente a nessuno. Nemmeno se resti o te ne vai da un paese in guerra! Tanto quanto! Ma tu eri del KGB Irina, ci fanno i flm gli americani su queste storie! Vinci tu di sicuro!

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